sabato 22 ottobre 2022

Et jonicu... jonicu... jonicu...

Ecco l'amelanchier che si tinge di rosso, in questo autunno che oggi è iniziato anche dal punto di vista meteorologico - dal punto di vista astronomico è invece già passato un mese dall'equinozio

Se mi fosse rimasto un briciolo di passione, ora aprirei una lunga disquisizione sui carotenoidi che tingono le foglie di rosso e di giallo; sarei andato a raccoglierle, avrei estratto i colori con l'alcool, avrei tentato qualche improbabile cromatografia con mezzi di fortuna... e invece no. 

Oggi pomeriggio ho preparato la lezione per l'Università degli Anziani e ho riordinato alcuni appunti personali sulla tassonomia degli sfeniscidi... pardon, dei pinguini - così ci capiamo tutti.

Poi è suonato il telefono e l'ennesimo salvatore dell'Italia mi ha intrattenuto per una cinquantina di minuti a commentare gli ultimi fatti della politica nazionale. 

Mentre parlava, parlava, parlava, esponendo progetti e meriti, mi venivano in mente Perosi, che negli anni della sua follia vagheggiava una riforma del calendario e del codice penale (erano gli anni antecedenti al Codice Rocco), e qualche altro canuto e delirante signore che ho conosciuto, aspirante riformatore dei costumi nazionali negli ultimi anni della vita, quando era al contempo incapace di controllare gli sfinteri e lottava con la badante per non indossare il pannolone, pur necessario per non trasformare il pavimento di casa sua in una Venezia senza Mose.

Al termine della telefonata, con la cena sullo stomaco dal nervoso instillatomi, ho scritto su una mia pagina social quanto segue.


Il guaio è che questi personaggi non sanno porsi limiti. Non riescono proprio a porre un punto a loro stessi. Frullano parole per non dire nulla e anche se dicessero qualcosa di sensato, vadano a proclamarlo laddove esiste un dibattito e un confronto, non a me che non ho nulla da guadagnare e tutto da perdere. 

Io non realizzerò mai nessuno dei miei sogni, sacrificati da altri sull'altare delle grandi balle della storia: famiglie, parrocchie, stato, collettivismi di varie misure, sole dell'avvenire che per troppi dovrebbe splendere in un cielo notturno coperto da nubi e avvolto da nebbie. 


Lasciatemi - anzi, dimenticatemi - nel mio piccolo orticello, con le mie rose, i miei protozoi al microscopio, la pianta di tabacco da mettere al caldo, quelle insettivore da ammirare per quanto sono belle... ed eventualmente ricordatemi che ho ancora un pacco di compiti da correggere, un paio di libri da finir di scrivere e molti di più da leggere. 

E da me non aspettatevi nulla: ho imparato che non devo desiderare niente e che c'è chi pretenderebbe un grazie per quello che è stato deciso che devo avere. Ringrazi costui che non lo mandi a quel paese per non scrivere altro. Come non devo desiderare io, così possono non desiderare gli altri. E fuori dalla porta di casa mia. Fuori. E silenzio.


A proposito di importuni frullatori di parole: questo canone di Mozart mi sembra proprio adatto al contesto, col suo ritornello... jonicu... jonicu... jonicu... 

2 commenti:

  1. Il tuo post mi ha fatto ricordare i versi di Ungaretti nella poesia "Natale": "Lasciatemi così/ come una / cosa/ posata/ in un / angolo/ e dimenticata".
    A parte questo, quel Mozart è divertentissimo e ci sta a pennello!

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    1. Grazie per il passaggio e per i versi di Ungaretti, un poeta che è per me una sorpresa continua. Mozart: decisamente si, davvero divertente. L'ideale per sdrammatizzare, nella certezza che - se mai leggerà il post - l'ennesimo "salvatore della patria" non coglierà l'ironia e probabilmente si risentirà.

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