Riprendo una lettera toccante, indirizzata al direttore Vittorio Feltri e pubblicata su Libero ormai molti anni fa, in occasione della morte di Vaghin, cristiano e dissidente politico scomparso a Roma. Fu espulso dall’Urss nel 1976 per la sua attività politica e intellettuale; e non è mai stato riabilitato.
Caro Vittorio, è morto, ieri, a Roma un amico vero, non solo perché lettore di Libero e tuo profondo estimatore, ma anche perché la sua esistenza è un monumento al cristianesimo che costa sangue e alla religione della libertà. Nessuno lo ricorderà. Lo ricordiamo noi di Libero, perché gli uomini non sono tutti uguali e alcuni meritano una parola di più.
Parlo del professore russo Evgenij Vaghin, dal 1976 rifugiato in Italia e divenuto cittadino italiano. Fu arrestato nel 1976 dal Kgb e condannato a una lunga pena detentiva, scontata in un campo di lavori forzati in Mordovia, impervio territorio presso i monti Urali. Inutile aggiungere che sopporto torture e vessazioni di ogni tipo, senza mai piegarsi. Gli chiesero cento volte di rinnegare Cristo e cento volte lo pregò, mentre lo bastonavano.
Di quali colpa s’era, dunque, macchiato? Insieme ad altri ventisette coraggiosi, tra studenti e professori universitari di Leningrado, aveva costituito, nel 1964, un partito clandestino: la Lega panrussa social-cristiana per la liberazione del popolo sovietico (VSKHSON), con l’obiettivo dichiarato, alto e forte, di abbattere il disumano sistema comunista con le armi della cultura, della scienza, della fede in Cristo, dell’humanitas e della ragione.
Con la forza del Vangelo
Non con la forza, dunque, ma con la conoscenza e con il Vangelo, il professor Vaghin e i suoi si ripromisero di sconfiggere Leonid Breznev e i tutti i suoi complici europei e italiani, fra i quali non pochi cattolici ispirati dal cosiddetto “Papa buono” e dai cascami del Concilio Secondo.
La Lega di Vaghin fu, di fatto, il primo partito anticomunista sorto in Urss in conclamata contrapposizione al Pcus. E’ vero che dal 1930 esisteva, con a sigla NTS, l’Unione popolare del lavoro, il partito dei solidaristi russi eredi dichiarati di Aleksandr Kerenskij, ma l’NTS si fece sentire solo all’estero, mentre la creatura di Vaghin fu attiva sul territorio sovietico.
L’unione socialcristiana denotò, inoltre, una caratteristica sconvolgente per il regime: i suoi membri, di età tra i 25 e i 35 anni, rappresentavano la seconda e la terza generazione educata al marxismo-leninismo, al materialismo e all’ateismo di Stato, eppure questi intellettuali erano usciti miracolosamente indenni dal lavaggio d cervello, riscoprendo da soli l’irrinunciabilità delle radici cristiane c dello spiritualismo ortodosso.
Testi fotocopiati e tradotti
Vaghin creò, quindi, una banda... armata di libri della tradizione russa e di autori proibiti, da Berdjaev a Gijlas, da Ortega y Gasset a Curzio Malaparte, da Solov’ev a Silone, da Pipes a Orwell, raccattando anche alla rinfusa e fotocopiando tutti i testi, financo le pubblicazioni cattoliche, che potevano ricreare un contatto con il divenire culturale dell’Occidente. Per questo, Vaghin e gli altri divennero poliglotti. Egli, a esempio, studiò e apprese perfettamente il polacco, proprio per recuperare, attraverso quell’indomita Chiesa, opere, idee e motivazioni per la resistenza attiva. Quelle fotocopie di libri scovati qua e là e tradotti in lingua russa glieli fecero pagare con otto anni di Gulag.
Vaghin - e il dato è degno di riflessione – è scomparso, adesso, nel giugno 2009, senza essere mai stato riabilitato dalla Corte Suprema della Federazione Russa. Inutilmente, nel settembre 2005, chiesi ufficialmente al presidente Vladimir Putin di cancellare, dopo quarant’anni, le condanne agli eroi social-cristiani, che sfidarono i cannoni di Breznev con il Vangelo e con le parole del giovane Karol Wojtyla. Putin, purtroppo, non rispose, ma non importa più. Quel che conta, caro Vittorio, è che di uomini così ne nascano ancora.
Giancarlo Lehner
Libero, 30 giugno 2009, p.37
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