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sabato 24 febbraio 2024

Una melodia per la pace...


Ecco una rara esecuzione della trascrizione che Chopin fece della celebre aria "Casta diva", tratta dalla "Norma" di Vincenzo Bellini. Il brano fu scritto dal maestro polacco per un'allieva e qui è interpretato da Ingolf Wurder, pianista austriaco di Klagenfurt.


Il testo dell'aria, del poeta e librettista Felice Romani, è un inno alla luna, invocata nella finzione scenica dalla sacerdotessa pagana Norma per accordare alla terra il dono della pace:

Casta diva che inargenti 
queste sacre antiche piante
A noi volgi il bel sembiante
senza nubi e senza vel.

Tempra tu dei cori ardenti
tempra ancor lo zelo audace
spargi in terra quella pace
che regnar tu fai nel ciel.

La guerra in atto è quella tra Galli e Romani. Ma l'invocazione del dono della pace è purtroppo sempre attuale. Voglio pensare che scrivendo il brano Chopin avesse nel cuore il desiderio della pace e della libertà per la sua Polonia, il cui territorio era al tempo spartito tra russi, austriaci e prussiani. 


E oggi? Per chi potrebbe risuonare questa melodia? Per la martoriata Ucraina? Per la Palestina? Per Israele? Per lo Yemen? O per tutte le altre guerre dimenticate? O per quelle che ancora devono scoppiare e che qualcuno brama, travolto dalla follia e dalle solite vecchie menzogne?

NO ALLA GUERRA!

NO ALLA LEVA OBBLIGATORIA!

mercoledì 27 aprile 2022

Trieste, città d'Arte

L'immagine di apertura del post riprende Trieste come presentata oggi da Google maps: da notare il profilo della città, individuato da un'area più chiara, a sinistra bagnata dal mare (in azzurro) e a destra delimitata dalle alture carsiche (in verde).


L'insediamento è antichissimo: nel cuore della città emergono i resti del teatro romano (sopra) e di un frantoio; altre rovine le ritroveremo più avanti (pazientate, tra qualche foto ci arriviamo!). Intanto godetevi le colonne neoclassiche della Chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo...


... oppure del Palazzo della Borsa nella piazza omonima.


A proposito di Neoclassicismo, non dimentichiamo che Trieste è la città dove morì Johann Joachim Winckelmann (1717-1768), lo storico che con la sua concezione dell'arte animata da "nobile semplicità e quieta grandezza" condizionò la cultura del suo tempo e l'attività di pittori e scultori quali Canova, Mengs e David

A Winckelmann sono dedicati un monumento funebre e l'orto lapidario, adiacenti alla Cattedrale di San Giusto. Ho visitato ambedue, accompagnato da uno sparuto gruppetto di coraggiosi e curiosi avventori.


Per gli amanti delle Arti figurative, è d'obbligo almeno un passaggio a Palazzo Revoltella: occorrerebbe prendersi il tempo per visitare un piano al giorno, e questo solo per farsi un'idea di quanta Bellezza vi sia accolta e curata. 

In questi giorni è visitabile una mostra dedicata a "Monet e agli Impressionisti in Normandia" - anche se personalmente avrei denominato il percorso "La Normandia nella pittura francese dell'Ottocento".


A dispetto del titolo, ecco un'opera di Claude Monet (1840-1926) che ferma sulla tela un paesaggio olandese - con il canale, i campi di tulipani e un mulino a vento sullo sfondo.


Frank Meyer Boggs (1855-1926) è un pittore americano naturalizzato francese: ecco come ha dipinto le barche dei pescatori immerse nella nebbia del mattino nel porto di Dieppe (1881).


Pasquale Revoltella (1795-1869), finanziere e imprenditore di origine veneziana, fu uno dei personaggi più rappresentativi della Trieste asburgica - quale anima di molte iniziative economiche di successo. 


Particolarmente forte fu il suo impegno per l'apertura del Canale di Suez, celebrato in molte opere - carte geografiche, dipinti, sculture - esposte nelle stanze che costituivano il suo appartamento, donate - con tutto il palazzo e la villa fuori dell'abitato - alla città di Trieste dopo la sua morte e riorganizzate in museo dal 1872.


Negli ultimi piani dell'edificio trova posto l'immensa galleria di Arte moderna e contemporanea. 


Ammirate, sopra, la "Preghiera di Maometto", di Domenico Morelli (1823-1901); e sotto, "Ascoltando Beethoven" di Lionello Balestrieri (1872-1958), allievo di Morelli.


Per restare in tema di ritratti e autoritratti allo specchio, oggetto delle ultime disquisizioni (degli ultimi sproloqui, dovrei dire) con il professor Barbazza, ecco un'opera significativa di Cesare Sofianopulo (1889-1968); ritroverò un altro suo dipinto, "Ego sum vita", visitando la Cattedrale - ma di questo non ho scattato la foto, avendo preso con me un depliant con l'immagine già riprodotta.


Dalle terrazzine del sottotetto di Palazzo Revoltella è possibile ammirare una vista del porto davvero appagante, che avrebbe meritato un meteo più amichevole per essere apprezzato fino in fondo.


Per restare in tema di Arte moderna e contemporanea, nell'abside della Cattedrale di San Giusto risplende un mosaico eseguito dal maestro veneziano Guido Cadorin (1892-1976) nel 1933, nell'anno del Giubileo straordinario della Redenzione.


Il mosaico raffigura l'incoronazione della Vergine Maria; l'iscrizione latina Italiae matris gremio recepti tergestini victoria ovantes ha un sapore più patriottico che religioso.


Dalla cella campanaria della torre adiacente alla Cattedrale si gode di una bella vista della parte asburgica della città, con i suoi edifici in stile tardo-ottocentesco...


... e anche del castello, con le sue possenti mura (e un museo di armi storiche al suo interno). 


Scendendo lungo la stretta scala del campanile, una serie di pietre lavorate - capitelli, bassorilievi, etc, - testimonia l'origine pagana del sito.


Tra il castello e la cattedrale, ecco i resti dei templi romani dedicati a Giove, a Giunone e a Minerva.


Osserviamo meglio la foto seguente. Quel barbuto e panciuto profilo nella cella campanaria è assai familiare. Chi sarà mai?


Ovviamente sono io, preso a tradimento da qualcuno della mia comitiva che se ne stava sul torrione del castello.


Consultando ancora la cartina in apertura, è segnata Piazza Unità d'Italia: la più grande piazza affacciata sul mare di tutto il Vecchio Continente. Qui ve la mostro in uno scatto notturno.


Lasciatemi due minuti per attraversarla e vi restituisco una foto dell'edificio centrale, il Palazzo del Municipio progettato nel 1872 in uno stile assai eclettico dall'architetto Giuseppe Bruni (1827-1877). 

Chiudo con un ultimo riferimento all'immagine di apertura: il punto rosso al centro segna la posizione dell'ospedale di Cattinara, con le sue due grigie torri che potete vedere nella foto sotto.

martedì 19 aprile 2022

Quando andiamo a TN ?

Trento, ridente città sull'Adige (nella foto sotto), è stata meta di un'uscita che ho fatto recentemente per lavoro. Tale diversivo è stato anche piacevole e ha avuto come mete il Castello del Buonconsiglio, del quale vedete qualche scatto in questo post, e il Museo delle Scienze - sul quale invece mi soffermerò in seguito, in altra comunicazione.


Ecco la Torre dell'Aquila, che conserva all'interno il ciclo dei mesi, affrescato da un autore anonimo, prezioso capolavoro del Gotico internazionale.


Ed ecco l'interno del castello, con il maestoso profilo del torrione centrale ...


... che da sotto appare davvero imponente!


Nelle sale del castello trova spazio un ricchissimo museo che ripercorre la storia della città e delle zone limitrofe, a partire dai primi insediamenti dei Reti e dei Romani

Notate, nella foto sottostante, le forme degli unguentari in vetro, destinati a contenere i cosmetici delle matrone, che anticipano quelle dei matracci e degli altri odierni pezzi di vetreria da laboratorio. Mi raccomando: non si chiamano ampolle!


Poi seguono testimonianze delle epoche successive, in cui hanno dominato i Goti, i Longobardi, i Franchi, gli Ottoni. Dal 1027, le sorti della città furono rette da un Vescovo - Conte e questo fino all'arrivo delle truppe di Napoleone.


Nel 1545 la città ospitò il Concilio destinato a riformare la Chiesa Cattolica del tempo (e probabilmente anche quella del futuro) e ad arginare il dilagare delle confessioni riformate al di qua delle Alpi. 

All'inizio del Concilio, nella città di Trento i padri conciliari rimasero poco: una pestilenza - probabilmente un'epidemia di tifo esantematico - li costrinse a sospendere i lavori e a trasferirsi a Bologna, seguendo i consigli dell'archiatra pontificio, il medico veronese Girolamo Fracastoro - di cui dissi QUI.


La visita alla città è proseguita: come vi dirò in altro post. Uscendo da essa, per intraprendere la strada del ritorno, ho potuto scorgere nella zona industriale a settentrione quel che resta della SLOI, un'azienda chimica che produceva additivi al piombo per carburanti, di cui dissi QUI. Ai piedi di quello scheletro di cemento e del serbatoio, il terreno attende la bonifica. Da quarantacinque anni.


PS: scusate se aggiungo questo, ma che piaccia o no, anche Trento è in Italia. Nel bene e nel male.


Se interessati, trovate il film documentario sul dramma della fabbrica e della città a questo link: