QUI potete leggere un articolo nel quale gli autori, il prof. Luciano De Fiore e suoi collaboratori, hanno selezionato 148 film che hanno per protagonisti personaggi malati di cancro. Tali film sono stati prodotti in tutto il mondo a partire dagli anni Trenta fino ad oggi. Ne sono esempi:
- "Vivere" (1952) di Akira Kurosawa.
- "Amanti" (1968) di Vittorio De Sica.
- "Anonimo veneziano" (1970) di Enrico Maria Salerno, con la celebre colonna sonora di Stelvio Cipriani.
- "Fantozzi va in paradiso" (1993), ma questo lo aggiungo io...
Molti altri titoli li trovate nell'articolo. Anni fa, a lezione, avevo mostrato "La custode di mia sorella" (2009), film ricco di spunti su molti temi della bioetica.
Lo scorso anno è uscito "Vivere, che rischio" (2019), film documentario di Michele Mellara e Alessandro Rossi, dedicato alla figura del professor Cesare Maltoni (1930-2001), medico italiano, oncologo di fama mondiale, pioniere degli studi sulla cancerogenesi ambientale e industriale, direttore dell'Istituto Ramazzini.
Per comprendere chiaramente il messaggio peculiare di ogni film, gli estensori dell'articolo hanno raccolto dati come genealogia, anno e paese di produzione, età e sesso dei personaggi principali e tipo di tumore che li affligge - in qualche caso quest'ultimo dato non è precisato poiché non emerge ed evidentemente è ritenuto irrilevante.
I film affrontano il cancro attraverso domande molto rilevanti, nonché temi e contesti che hanno una grande influenza sulla mente e sulla coscienza dell'oncologo.
Specialmente negli ultimi anni, i film hanno affrontato alcune delle questioni più importanti sul cancro, come la sua epidemiologia e le cause ambientali; le implicazioni economiche delle terapie; la gestione dei sintomi e degli effetti collaterali; le dinamiche psicologiche; la cura per la fase finale della vita.
Il trattamento più frequente menzionato nei film era la chemioterapia seguita dalla terapia antalgica. Molto spesso il malato sullo schermo non si riprende dalla malattia e la sua morte è in qualche modo utile all'esito della trama. Questo modello è così fortemente standardizzato che persiste nonostante il reale progresso dei trattamenti e il miglioramento della prognosi.
I film usano la malattia e altre tragedie come un dispositivo drammatico, e poiché il dramma è ciò che ci aspettiamo dal mezzo, dovremmo preoccuparci che ci sia un divario tra finzione e realtà?
I film rappresentano una fase essenziale del processo educativo, ma il loro potenziale è stato sfruttato appieno solo in tempi recenti.
Secondo gli autori, guardando film sul cancro, gli oncologi potrebbero diventare più consapevoli dei problemi che stanno già affrontando nel setting terapeutico: cancro e sessualità, il rapporto tra il malato e il personale medico, gli effetti collaterali delle terapie.
Alcuni film ci fanno semplicemente riflettere sul significato della vita e della morte. Questo è utile per la condivisione della cura del cancro, da problema personale o familiare a questione di rilevanza collettiva.
Nessun commento:
Posta un commento