Nel tardo pomeriggio del 31 maggio 2003, il parroco del paese dove abito ha benedetto questa piccola edicola, ricavata da un vecchio citofono incastonato nel muro a sassi che delimita la proprietà.
Il citofono fu vandalizzato da ragazzini senz'arte che si divertirono a farlo saltare con i petardi. Qualche anno dopo, ottenuto il permesso dal nonno - che pur sempre amava sentirsi importante nel suo ruolo di paròn - decisi di eliminare le parti elettriche e di adattare la nicchia; Mario, un paesano dalle mani d'oro e dalla grande esperienza nella lavorazione del ferro battuto, elaborò un cancelletto adatto al piccolo spazio.
La statua della Beata Vergine fu acquistata a Vittorio Veneto (diocesi da cui è originaria la famiglia di mia mamma), nel negozio di articoli sacri innanzi al seminario.
Una semplice preghiera, elevata al calar del sole, ha aperto alla venerazione dei fedeli questo segno, visibile lungo la via che dal paese conduce al camposanto.
Anni dopo seppi che al mattino dello stesso giorno, in Rwanda, veniva consacrato il grande Santuario dedicato alla Madonna di Kibeho, con il suo invito a conversione, penitenza, preghiera e meditazione della Passione di Cristo, esteso dall'Africa al mondo intero.
La Chiesa cattolica ha riconosciuto come autentiche le apparizioni mariane avvenute a partire dal 28 novembre 1981, proprio in quel luogo che sarebbe divenuto teatro di terribili massacri durante gli anni Novanta, predetti dalle veggenti: "un fiume di sangue, persone che si uccidevano a vicenda, cadaveri abbandonati senza che nessuno si curasse di seppellirli, un abisso spalancato, un mostro spaventoso, teste mozzate".
Ivi, la Beata Vergine è venerata con il titolo di Nostra Signora dei Dolori: la ricorrenza cade il 28 novembre, data della prima apparizione. Proprio alla Madonna Addolorata ho dedicato la prima tesi che ho scritto e discusso nel settembre 2006 - quando ancora ero più devoto e affascinato da altro tipo di studi, rispetto a quelli ai quali mi dedico adesso.
"La Beata Vergine Addolorata tra teologia, devozione e liturgia": questo è il titolo del lavoro, di cui conservo due copie (e una terza è presso la biblioteca del Seminario Gregoriano di Belluno, non consultabile dal pubblico per mia espressa volontà).
Dei tre sacerdoti che presiedettero la discussione, ne è ancora vivo solamente uno, don Giacomo (il relatore della mia tesi, fra l'altro). Don Giovanni e don Francesco sono mancati lo scorso anno: il primo a causa del Covid, il secondo di un cancro al pancreas.
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