Così, ieri sera, avrebbe dovuto aver luogo la presentazione del mio libro: il virus mi ha costretto in casa e tutto è saltato. Tutto: non solo la presentazione, ma anche l'aperitivo e la cena che dovevano seguirla.
Mi sono dovuto accontentare di una cioccolata calda, preparata e consumata nella solitudine della mia cucina, come ai tempi della pandemia - tempi che hanno portato alla genesi dei miei ultimi due lavori.
Fuori, a ponente, le ultime luci smorzavano, il giorno cadeva e la cinta di Orione - un po' pallida -segnava il mezzodì.
Io, sul divano, presentavo con un autoscatto una copia consunta e annotata della mia pubblicazione. Più la rileggo, più la trovo perfettibile. "Pensa alla prossima" - ripetono gli amici più stretti.
E il computer si riempie di file con testi dedicati all'atmosfera, alla chimica dei viventi, alla pace - da intendersi non solo come rifiuto delle armi (che ribadisco rinnovando una scelta che ho espresso molti anni fa), come cessazione di conflitti armati ma soprattutto come il superamento della visione che pone l'Uomo al centro dell'Ambiente che lo circonda per maturare e conseguire il raggiungimento della necessaria armonia tra l'Uomo e la Natura di cui fa parte, alle cui leggi è soggetto e dalle quali sarà condannato se non cambia rotta nello sfruttamento dei suoi simili, degli altri animali e delle risorse, sia agroforestali sia minerarie.
Il mondo è dei microbi e molti di loro sopravviveranno all'estinzione della nostra specie, causata da una crescita sempre più incontrollata della popolazione mondiale, da un'iniqua distribuzione della ricchezza, dalla rediviva follia militarista di taluni governanti e dall'assenza di remore di chi gioca con le economie a suon di differenziali e di fiumi di denaro da muovere e da incassare.
Il mondo è dei microbi: evolutivamente ci hanno preceduto e ci seguiranno. Da qualche decennio, noi vinciamo qualche battaglia di una guerra che, in extrema ratio, siamo comunque destinati a perdere. Lo scrivemmo, Renzo ed io, nel saggio del 2020 che vedete sopra, cercando di ripercorre a volo di falco la storia della microbiologia da Spallanzani e Pasteur fino ai problemi più recenti.
Le guerre tra stati, tra nazioni, tra tribù facilitano solo la vittoria ai microbi, in luoghi dove le persone (e gli animali) restano senza cibo, senza acqua, senza igiene, senza assistenza sanitaria, senza soccorsi. E questi luoghi non sono lontani, tanto nello spazio quanto nel tempo.
Per noi europei è impensabile stare a vedere ancora per molto, con la guerra in Ucraina (e quel cretino che manda a morire il futuro del suo paese), il riattizzarsi della situazione nei Balcani e la polveriera mediorientale. Per noi italiani ancora di più.
I microbi non hanno confini e ci insegnano l'uguaglianza - quella vera, non quella predicata dai finti post kollettivisti nostrani che fanno spesa da Cartier andandoci in Lamborghini.
Ricchi e poveri, del nord e del sud, dell'est e dell'ovest: se i microbi attaccano, attaccano tutti. E tutti restano senza cibo, acqua, igiene, soccorsi. Non c'è esercito che salva dall'invasione, non c'è leva che tenga, non ci sono eroi e vincitori, ma sicuramente solo vinti e forse pochi sopravvissuti. Nella desolazione, tutti uguali. Nella miseria, tutti uguali. Nella morte, tutti uguali.
Ogni tanto farebbe bene rileggere, ad esempio, il Libro delle Lamentazioni, dove l'autore descrive Gerusalemme distrutta dopo un anno di assedio e gli abitanti passati a fil di spada o fatti schiavi, con le madri che sgozzano i figli per cibarsi delle loro carni. Un racconto antico per un copione che da qualche parte, nel mondo, è purtroppo sempre attuale. Mi chiedo: fino a quando?
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