martedì 30 giugno 2020

La medicina in versi di Michele Depangher


Nei giorni scorsi mi sono divertito a leggere l'opera di Michele Depangher (1865-1924), "Manuale pratico di medicina popolare modernissima in versi".

L'autore era un medico igienista e otorinolaringoiatra, attivo a Trieste nei primi anni del Novecento: sua è l'invenzione di uno strumento per estrarre le vegetazioni adenoidi, presentato a Vienna nel 1903 e a Trieste nel 1908. 

Nello stesso anno pubblicò "La peata", una parodia de "La nave" di Gabriele D'Annunzio: QUI trovate un commento in un file pdf digitalizzato e pubblicato da Aldo Chierini. 

Questo componimento gli meritò l'appellativo di "bizzarro medico poeta che sfidò D'Annunzio" - il quale oltretutto non approvò la parodia e la cosa non dispiacque troppo all'Autore che la diede comunque alle stampe. Tale appellativo ed altre espressioni gli furono accordate da Paolo Blasi, noto studioso della letteratura minore a cavallo tra Otto- e Novecento. 

"Son Esculapio e scherzo con la musa", scriveva di sé il Depangher, mentre si rivolgeva al Vate con una parodia del Pater


Di certo i due contendenti mai sarebbero andati al bar assieme, come pare fosse costumanza del D'Annunzio, secondo l'opinione di un giovane commentatore contemporaneo di cui ometto il nome. 

Ora veniamo a qualche sottolineatura del trattato di Medicina, il quale riporta consigli e indicazioni sui farmaci usati al tempo. Ecco come Depangher descrive il cancro:


Oppure il tifo esantematico, studiato in quegli anni da Ricketts e da Prowazeck:


Oppure la tubercolosi, veicolata dallo sputo, come si era detto QUI parlando di Bizzozero:

[...]

Per eliminare la polvere consiglia di usare il vacuum cleaner, antenato del nostro aspirapolvere:


Ecco come introduce la sifilide:

Alberto Cavaliere (1897-1867), nella sua "Chimica in versi" - opera che sta riacquistando in questi tempi una nuova celebrità, la quale personalmente auguro anche alla "Medicina" del Depangher - sembra completare l'esposizione del medico con un ammiccamento alla terapia a base di sali di mercurio, di cui si era detto QUI:


lunedì 29 giugno 2020

La scuola non è (mai) finita...

QUI ho letto alcune dichiarazioni attribuite all'onorevole Mariastella Gelmini, per la quale, secondo quanto riportato dall'estensore dell'articolo, sulla scuola permarrebbe un approccio "sessantottino". 

Ora, all'aggettivo sessantottino abbiamo imparato a dare progressivamente una connotazione non sempre positiva, anche se è innegabile che grazie al Sessantotto qualche passo è stato fatto: non so se dire "avanti", sicuramente "oltre" il modello precedente - che qualcuno mitizza troppo facilmente e che magari poteva andar bene un tempo per quell'angolo del Mediterraneo chiamato Regno d'Italia, non per un mondo contemporaneo sempre più globalizzato.
 
Certo, da liceale mi son sentito dire anch'io - da docenti che conserva(va)no un'impostazione pre-sessantottina - che il liceo era per i ricchi e noi, figli di operai (mio padre era impiegato all'Enel, in distacco sindacale), dovevamo fare la scuola professionale. In nome di questo principio (ma non solo) si sentivano liberi di distruggerci sul piano morale e sul piano emotivo, oltre che su quello scolastico. 

Per fortuna poi c'erano insegnanti preparatissimi, assai magnanimi e profondamente intelligenti (con riferimento soprattutto all'intelligenza emotiva, dote indispensabile per un docente) che controbilanciavano tali angherie, appassionandoci alla letteratura e alla filosofia, alla storia dell'arte e alla matematica (erano queste le materie che studiavo più volentieri, soprattutto negli ultimi tre anni).

Forse la scuola uscita dalle proteste del Sessantotto sembra aver scosso, almeno un poco, questo classismo incancrenito nella società italiana e ancora vivo nella provincia, come quella dove sono nato, cresciuto e dove in qualche modo (soprav)vivo. 

Il conseguimento di un titolo di studio superiore (non scontato quando ero adolescente: ho visto molti coetanei abbandonare gli studi) e di una laurea era (era!) un passo necessario per una vita lavorativa migliore, sognando mansioni più appaganti e magari più creative. 

Quel che sognavo io, al tempo, l'ho scritto tempo fa QUI: poi la scuola (rigorosamente statale, da vecchio socialista mio padre mai mi avrebbe mandato a scuola dai preti, anche se poi ho scelto di andarci io finito il liceo per intraprendere un importante quanto necessario percorso di rinascita) e soprattutto la famiglia hanno pensato bene di demolirmi, lasciandomi tanta amarezza e altrettanto disprezzo, ma questa è un'altra storia.


L'articolista attribuisce all'onorevole Gelmini la seguente affermazione, che riporto virgolettata: 

"Siamo ancora legati al concetto di valore legale del titolo di studio; noi invece pensiamo che parole come talento, merito, innovazione, valutazione, competenza siano parole da declinare concretamente; c’è ancora molto da fare in tal senso."

Sulla storia del valore legale del titolo di studio: magari lo abolirei anche, a partire da quello del dottore di ricerca, visto che l'accesso per ottenere tale titolo non è libero ma avviene per concorso - e si sa come sono i concorsi nel nostro paese (ma tutto il mondo è paese). Nella migliore delle ipotesi (e di ipotesi parlo, sia ben chiaro!) sono costruiti sulla persona che deve vincerli (e qualcuno potrebbe essere invitato anche a non partecipare per non sfavorirla); nella peggiore, sono vinti da persone meritevoli che poi si vedono preferire altri candidati in base a criteri che non ho le competenze per indagare e sui quali allegramente sorvolo. Tanto "puzzo troppo da prete", etc. etc. etc.

In questa panoramica, le parole talento, merito, innovazione, valutazione, competenza, potrebbero avere un valore se vivessero del loro significato e non come inutili slogan che fanno vibrare l'aria e solleticano l'orecchio di qualcuno - e la peristalsi intestinale in molti altri, incluso lo scrivente. 

Infine, un commento sul "molto da fare" che resta: la prima cosa è auspicare di avere ministri e funzionari competenti che possano risistemare lo scempio attuato dalle varie "riforme" degli ultimi 40 anni, da quella del 1985 alla famigerata riforma Berlinguer, dalle riforme Moratti - Gelmini fino all'orrore della "buona scuola". Un'utopia.

Aggiungo, per concludere, alcune considerazioni che mi stanno a cuore. Molto spesso si utilizzano i termini "scuola pubblica" e "scuola statale" come sinonimi e questo porta ad una confusione di "pubblico" con "statale" - che non sono sinonimi.

Il servizio pubblico può essere erogato dallo stato (scuola pubblica statale) oppure da un'azienda (scuola pubblica paritaria) che offre il medesimo servizio rispettando programmi e obiettivi della scuola di stato (e che per questo è oggetto di periodici controlli severi da parte del MIUR). 

Nemmeno "scuola paritaria" e "scuola privata" sono sinonimi. Le "vere" scuole private offrono un servizio diverso (magari ispirato ai dettami di qualche pedagogista di valore, come la Montessori o Steiner), anche se di qualità, ma con obiettivi e modi differenti da quelli previsti nella scuola di stato e nella paritaria.

Poi ci sono i Centri studi, che preparano gli studenti a sostenere gli esami di idoneità nelle scuole statali o nelle scuole paritarie: un altro mondo che dovrebbe essere conosciuto, vastissimo e complesso. E poi ci sono i Centri di formazione professionale, che permettono di assolvere all'obbligo scolastico e di orientarsi al mondo del lavoro fin da subito.

A fronte di questo variegato panorama, vi chiederete il perché di questa necessaria pluralità. Troviamo la risposta andando ad indagare il tipo di utenza: troppo semplice distinguere tra i poveri nella scuola di stato e i ricchi nella scuola paritaria o privata - dove, nel distorto immaginario collettivo, essi pagherebbero e si comprerebbero il diploma o anche la laurea: cosa non sempre vera, anzi...

Ci sono anche persone meno abbienti che frequentano la scuola non statale e per motivi che dovrebbero far riflettere: sono spesso ragazzi - vittime di bullismo, ragazzi che hanno avuto malattie gravi e sono stati ospedalizzati per molto tempo, ragazzi che hanno storie personali drammatiche e importanti per i quali non possono esistere solo l'orario, i voti, il registro e la pagella. 

Sono quasi sempre ragazzi che hanno bisogno di essere accolti ed ascoltati, prima ancora che di essere educati ed istruiti: quegli stessi ragazzi che prima Filippo Neri e poi il Calasanzio raccoglievano per le strade di Roma, e sul loro esempio si sono adoperati - nei secoli successivi e in vari luoghi - Girolamo Emiliani, Giovanni Battista de La Salle, Giuseppe Cafasso, Giovanni Bosco, Carlo Gnocchi, Lorenzo Milani, Luigi Giussani, etc. E anche qualche anima laica, oltre a tutti questi e molti altri sacerdoti. Per concludere il post: in un istituto paritario di impostazione laica ho l'onore di lavorare come docente da qualche anno, con immense soddisfazioni personali.


domenica 28 giugno 2020

La ricetta del giorno...

Oggi, come molto spesso quando sono a casa, mi sono dedicato alla cucina. Per il pranzo della domenica ho preparato penne con zucchine e gamberetti. Le zucchine erano fresche: le ho lavate e tagliate in piccoli pezzetti. I gamberetti invece li ho acquistati in vasetto.

Messo un po' d'olio (evo) sul fondo di una padella; in esso ho fatto colorare l'aglio a fuoco lento; eliminato l'aglio ho aggiunto i gamberetti, lavati e asciugati, che ho lasciato cuocere fino a imbrunimento (la prossima volta però voglio provare a passarli nella farina o nel pangrattato...). 

Ho aggiunto mezzo bicchiere di vino bianco e ho fatto sfumare con fiamma gagliarda. Evaporato il vino ho aggiunto, nell'ordine: una bella spolverata di pepe, le zucchine a pezzetti e un abbondante pizzico di sale fino


Ho coperto tutto per una decina di minuti; poi ho sfumato le zucchine con un po' di brodo di dado, fino a cottura: le zucchine acquistano una particolare morbidezza e i gamberetti rimangono interi (vedi la foto sopra).


Intanto ho cotto e scolato le penne; le ho versate nella padella con il condimento e per completare il tutto ho aggiunto una generosa spolverata di curry e un vasetto di panna da cucina, amalgamando il tutto per qualche minuto e servendo ancora caldo.


Non ci andrebbe altro, ma se proprio volete, grattugiate del pecorino romano (evitate il parmigiano con i gamberetti e con il pesce in generale: è un accostamento indecoroso a cui purtroppo devo assistere in casa e che scoraggio lasciando il formaggio intero).

martedì 23 giugno 2020

La crescita di una muffa

Sempre perché nelle settimane di quarantena non sapevo come far trascorrere il tempo, tra le tante cose che ho fatto, c'è la seguente: osservare la crescita di una muffa. Onestamente non so di quale specie si tratti (forse aspergillus? Molto probabile, ma non sono un esperto...), ma mi sono divertito a osservare come essa abbia invaso il terreno di coltura (acqua dove ho fatto bollire foglie di tarassaco). Le date vi mostrano gli scatti, a distanza di circa 20 giorni l'uno dall'altro.

22 marzo 2020


18 aprile 2020


6 maggio 2020



domenica 21 giugno 2020

Lucertole

Adoro fotografare le lucertole che prendono il sole sui muri, tra i fiori, sulle pareti di casa... e vi regalo qualche scatto per augurare buona estate!



































Buona estate!

giovedì 18 giugno 2020

La trilogia del prof. Grossi

Ecco i fondamenti della bioenergetica messi in musica dal prof. Gianluca Grossi. Buon ripasso ai maturandi. Dovrei scrivere anch'io qualcosa, ma di più lirico!

domenica 14 giugno 2020

Billroth e Brahms: barba, chirurgia e musica


Theodore Billroth (1829-1894) fu un grande chirurgo e un eccellente musicista - violoncellista, pianista, compositore e direttore d'orchestra. Amico di Johannes Brahms (1833-1897), ha intessuto con il maestro un lungo epistolario, pubblicato anche in traduzione italiana con il titolo: Caro Johannes! (trad. di Anna Rastelli, EDT, 1997). Leggiamo qualche estratto dal saggio introduttivo.



Molti consigli per migliorare le sue pagine sinfoniche sono stati dati da Billroth a Brahms e lo stesso Billroth ha dapprima recensito e poi diretto le sinfonie dell'amburghese a Zurigo. Brahms gli dedicò i quartetti op. 51.





Ah! Billroth fu un pessimo studente liceale, cosa che non gli impedì di essere un grande medico e un uomo di profonda cultura. E con questa sottolineatura finale, auguro ogni bene ai ragazzi impegnati nell'esame di stato - ex "maturità".