Il magnetismo è un fenomeno già noto ai Cinesi e ai Greci: il termine deriva infatti da Magnesia al Meandro, città a nord di Efeso dove fu scoperta la magnetite, capace di attirare il ferro. Aristotele ne attribuì la scoperta a Talete.
Lucrezio dedicò un'ampia parte del libro VI del De Rerum Natura alla descrizione delle proprietà dei magneti, descrivendone anche la repulsione.
Sul tema ritornò anche Plinio il Vecchio e più tardi Isidoro di Siviglia - che nelle sue Etimologie compendiò il sapere del mondo antico, trattando rocce e metalli nel libro XVI.
Nel Basso Medioevo, l'amalfitano Flavio Gioia (XII sec.) e il francese Pietro Pellegrino (sec. XIV) descrissero l'uso della bussola. Il secondo è autore di una Epistola de magnete in cui ha il merito di presentare in modo ordinato e razionale le conoscenze note fino ad allora intorno ai magneti e alle loro proprietà.
Il testo fornì da base per gli studi di William Gilbert (1544-1603), che scrisse un trattato De Magnete nel quale, per spiegare il funzionamento della bussola, immaginò la Terra come un enorme magnete e definì il polo nord e il polo sud. Distinse l'attrazione della magnetite da quella dell'ambra strofinata e introdusse il termine elettricità per indicare quest'ultima. Tale trattazione esercitò una grande ammirazione da parte di Galileo, che ne scriveva al Sarpi in termini entusiastici.
La forza dei magneti catturò l'interesse anche di alcuni medici, che pensarono di poterla utilizzare come terapia: l'idea non era nuova in quanto già diffusa in seno all'alchimia, ma trovò in Franz Anton Mesmer (1734-1815) uno dei maggiori sostenitori di sempre. Dal suo cognome derivano l'aggettivo inglese mesmerizing, affascinante, e il sostantivo mesmerismo per indicare la dottrina che professava.
Oggi il mesmerismo è disconosciuto dalla scienza ufficiale, ma al tempo trovò numerosi estimatori e tra questi Leopold e Wolfgang Amadeus Mozart che conobbero personalmente Mesmer. Quest'ultimo sembra sia il committente del singspiel Bastiano e Bastiana K 50; fu compagno di loggia di Wolfgang, il quale inserì gli effetti prodigiosi della pietra mesmerica nel finale del primo atto di Così fan tutte, come scherzoso omaggio all'amico.
Questo è quel pezzo di calamita, Pietra mesmerica,
Ch'ebbe l'origine nell'Alemagna
Che poi si celebre là in Francia fu.
Quanto noto sul magnetismo alla fine del XVIII secolo fu compendiato da Giacomo Leopardi (1798-1837) all'inizio della sua Dissertazione sopra l'Elettricismo:
Gli antichi Filosofi d'altro in ordine all'attrazione discorrer non sapeano, che del magnetismo. Nè i singolari suoi fenomeni indegni erano alcerto di esser sottoposti al critico esame de' Fisici. Vedesi difatto, che ogni calamita ha due poli, chiamati l'uno polo Artico, e l'altro polo Antartico, e talvolta ancor più di due, ne' quali consiste tutta la forza della sua attrazione. Separata la calamita in più parti ciascuna di queste parti acquista i suoi poli. Sospesa la calamita ad un filo essa va tostamente a collocarsi in modo che il suo polo Artico sia rivolto verso settentrione, e il suo polo Antartico verso mezzodì. Avvicinate l'una all'altra due calamite i due poli di diverso nome si attraggono scambievolmente quelli del nome medesimo scambievolmente si fuggono. La meravigliosa affinità della calamita col ferro, la sua quasi dissi prodigiosa tendenza al polo, nella quale puranco si osservano benespesso delle mutazioni tener doveano giustamente occupati gli antichi Filosofi nell'indagarne la cagione. Ma disperati omai i Fisici moderni di potere spiegare in modo soddisfacente così ammirabili effetti hanno a miglior senno rivolte le loro cure agli elettrici fenomeni, i quali sebbene grande analogìa abbiano con gli effetti magnetici non sono nondimeno sì impenetrabili, e nascosti all'umano sguardo indagatore.
Intanto Alessandro Volta (1745-1827), indagando i fenomeni elettrici, inventava la pila, mettendo a disposizione dei filosofi naturalisti una fonte di corrente continua.
Giandomenico Romagnosi e Hans Christian Oersted osservarono che un filo percorso da corrente era in grado di deviare l'ago di una bussola posta nelle sue vicinanze. Il fenomeno fu studiato quantitativamente da Jean Baptiste Biot e da Felix Savart.
Le osservazioni furono riprese da Ampere e poi da Arago - che introducendo un'anima di ferro tra le spire di un solenoide inventò l'elettrocalamita.
Il passo successivo lo compì Michael Faraday: se un filo percorso da corrente elettrica genera un campo magnetico, allora un magnete nei pressi di un filo conduttore dovrebbe essere in grado di generare in esso una corrente elettrica. Faraday dimostrò sperimentalmente che ciò era possibile; Neumann e Lenz formalizzarono matematicamente il fenomeno, noto come induzione elettromagnetica.
La variazione temporale del flusso del campo magnetico attraverso l'area abbracciata da un circuito genera nel circuito una forza elettromotrice che contrasta la variazione che l'ha generata: tale opposizione è espressa, nella formula, dal segno meno.
Al di là dei dettagli matematici, sul fenomeno dell'induzione magnetica si basa il funzionamento dei moderni generatori di corrente elettrica (dinamo di Gramme; alternatore), del motore elettrico (allo sviluppo del quale hanno dato fondamentali contributi Pacinotti e Ferraris), del trasformatore e del piano di cottura ad induzione (in questo caso, la corrente elettrica ad alta frequenza, da 20 a 50 kHz, si trasforma in calore per effetto Joule).
Buono studio!
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