"Mi sono laureato a Torino nel 1941, summa cum laude, - e, mentre lo dico, ho la precisa sensazione di non esser creduto, a dire il vero non ci credo io stesso, basta guardare le mie mani sporche e piagate, i pantaloni da forzato incrostati di fango.
Eppure sono proprio io, il laureato di Torino, anzi, particolarmente in questo momento è impossibile dubitare della mia identità con lui, infatti il serbatoio dei ricordi di chimica organica, pur dopo la lunga inerzia, risponde alla richiesta con inaspettata docilità; e ancora, questa ebrietà lucida, questa esaltazione che mi sento calda per le vene, come la riconosco, è la febbre degli esami, la mia febbre dei miei esami, quella spontanea mobilitazione di tutte le facoltà logiche e di tutte le nozioni che i miei compagni di scuola tanto mi invidiavano.
L’esame sta andando bene. A mano a mano che me ne rendo conto, mi pare di crescere di statura. Ora mi chiede su quale argomento ho fatto la tesi di laurea. Devo fare uno sforzo violento per suscitare queste sequenze di ricordi così profondamente lontane: è come se cercassi di ricordare gli avvenimenti di una incarnazione anteriore. Qualcosa mi protegge. Le mie povere vecchie Misure di costanti dielettriche interessano particolarmente questo ariano biondo dalla esistenza sicura: mi chiede se so l’inglese, mi mostra il testo del Gattermann, e anche questo è assurdo e inverosimile, che quaggiù, dall’altra parte del filo spinato, esista un Gattermann in tutto identico a quello su cui studiavo in Italia, in quarto anno, a casa mia.
Adesso è finito: l’eccitazione che mi ha sostenuto lungo tutta la prova cede d’un tratto ed io contemplo istupidito e atono la mano di pelle bionda che, in segni incomprensibili, scrive il mio destino sulla pagina bianca."
(tratto da: P. Levi, Se questo è un uomo - cap. X: esame di chimica. Fonte: QUI)
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