In un tempo ormai lontano, quando ancora frequentavo parrocchie e luoghi affini (ora me ne guardo bene), mi capitò di assistere a una funzione (non specifico dove e quando, non ha importanza) alla quale erano presenti molti bambini in età scolare, frequentanti il catechismo parrocchiale. Buoni selvaggi, li avrebbe definiti Rousseau.
Essi erano coinvolti nei vari momenti della celebrazione: canti, letture, preghiere dei fedeli, processione offertoriale - come credo avvenga in molte comunità, almeno in Europa. Tutto bello, per carità.
Dopo la comunione, prima della benedizione, è accaduta una cosa che mi ha lasciato basito e che è all'origine di un'espressione che uso spesso in modo critico, talvolta canzonatorio. Guidati da una suora con una certa esperienza - l'anagrafe non mente - i più piccoli hanno lasciato i loro banchi, hanno formato un cerchio attorno all'altare e si sono messi a gridare: uattanciù! Poi una serie di sillabe senza senso e ancora: uattanciù! E accompagnavano questa esibizione con gesti, come di una danza pagana; al termine, un fragoroso applauso del resto dell'assemblea liturgica ha condotto al momento di una veloce - direi sbrigativa - benedizione finale. Ite missa est.
Ora, non voglio apparire come un vecchio bigotto arroccato in difesa di una tradizione che non mi appartiene e a cui non appartengo più per mia volontà: tuttavia, ricordo dai miei vecchissimi studi che la Liturgia come disciplina dello spirito e dell'intelletto insegna a chiamare le cose con il loro nome e ad assegnare a ciascuna una collocazione nel tempo e nello spazio. Lex orandi, lex credendi.
Riporto un passo illuminante, opera del sacerdote partenopeo don Dolindo Ruotolo:
La resurrezione spirituale delle anime non sta nelle esteriorità, nelle associazioni, nelle parate pompose, ossia in tutte quelle forme dell’attività umana, più superficiali che profonde. La resurrezione sta nel culto di Dio, tributato a Lui secondo le leggi che Egli stesso ha date, ossia sta principalmente nella sacra Liturgia. La Chiesa di Gesù Cristo è spuntata dal suo Sangue, dalla sua divina preghiera, dal suo Sacrificio eucaristico, e non prospera in altro modo. Tutte le forme di propaganda sono inefficaci se non si bada alla vita liturgica dei fedeli.
La Liturgia è la vita delle anime, è il nostro congiungimento a Dio. La pietà particolare, fondata su iniziative private superstiziose, ci lascia isolati nel deserto del mondo; è un po’ di belletto che tinge, non è la solida pietra che resiste allo scrosciare delle piogge. Nella santa Liturgia l’anima rinnega sé stessa, perché non agisce a modo suo; prende la sua croce, perché, mettendo da parte ogni sua iniziativa, s’immola. Il dover obbedire ad una Legge in tutti i movimenti più minuti, in tutte le parole, in tutti i gesti, è profonda disciplina dell’anima. Il parlare a Dio con le parole ispirate, fecondate da Gesù Cristo, rese più sonore, per così dire, dalla fede comune di tutti, è un mezzo per essere soprannaturalmente vivificati. L’anima deve incorporarsi a Gesù Cristo per vivere; ora, quando vive la vita liturgica, è naturalmente incorporata a Lui e vive di Lui.
Non c'è niente di male a coinvolgere i bambini in balletti, bans, canti profani, danze o in altre espressioni di arte varia: ma per farli esibire, esistono il campo scuola, l'oratorio, il teatro, la piazza, il campetto.
Non serve profanare la solennità di una qualsivoglia celebrazione eucaristica: ma oggi va così, ai preti va bene e alla fine, da non cristiano, non mi interessa poi un granché. Mi chiedo tuttavia dove sia finito quel Genio del Cristianesimo esaltato dal visconte Chateaubriand in quella sua opera monumentale che tanto del bene fece a suo tempo.
Io non sarei in grado di prodigarmi nella stesura di pagine così vibranti di entusiasmo e di amore per una fede che evidentemente non ho, e mi limito a chiudere il post proponendo un'ironica filastrocca che ho scritto qualche giorno fa ripensando all'episodio narrato sopra. E chi mi conosce sa che quando scrivo filastrocche lo faccio sempre con l'intento di regalare un sorriso unito all'occasione per un pensiero.
Nel natale uattanciù
non c'è spazio per Gesù
per Giuseppe, per Maria
per la sacra liturgia.
Il fedele uattanciù
preferisce Belzebù.
Le preghiere getta via
tra gli applausi e l'allegria.
Viva i canti uattanciù
battimani ed allelù!
Chitarrina e melodia
priva di polifonia.
Capodanno uattanciù
e la pace non c'è più.
Presto arriva, Epifania
che le feste porti via!
In effetti, mi ero chiesta il significato di questa espressione che hai citato altre volte e concordo con te. Bella la pagina di don Ruotolo, ma simpatica anche la tua filastrocca! Mi hanno colpito i versi "chitarrina e melodia /senza la polifonia". Ne so qualcosa perché il nostro coro polifonico è stato praticamente defenestrato da chi preferiva la chitarrina (leggi: il parroco). Ma a parte questo, hai detto cose purtroppo vere anche nel resto della filastrocca.
RispondiEliminaGrazie!
Io non ho nulla contro la chitarra, ben s'intenda. Ma ogni cosa nel suo contesto. S'illude chi pensa che la chitarra attiri i giovani, refrain sbandierato da molti "pastori". Qualcuno gli farà notare che il repertorio proposto risale ad almeno a mezzo secolo fa: non io, che non frequento più e non ne sento il bisogno. E a proposito di chitarra, dedicherò un post a qualche brano serio scritto per questo nobile strumento, solo o in ensemble. Pensavo ad un classico "Adagio di Aranujez" o a qualcosa di Giuliani o di Paganini... o di Boccherini, autore poco ascoltato! Ci penserò.
RispondiEliminaMolto bello il concerto di Aranjuez, ma - sempre di Rodrigo - a me piace molto anche la Fantasia para un gentilhombre, soprattutto l'Adagio.
RispondiEliminaCiao!