giovedì 31 luglio 2025

Vulcani, eruzioni e video vari...

Raccolgo in questo post alcuni video a tema vulcanico: quasi tutti sono spezzoni di documentari che ho ripreso con il cellulare mentre li trasmettevano in televisione. Ad essi premetto il celebre esperimento del vulcano, che fa divertire i bambini più piccoli ma che ha il pregio di mettere in evidenza l'importanza dei gas nella dinamica delle eruzioni esplosive.

I gas vulcanici sono formati da vapore acqueo, anidride carbonica, composti dello zolfo, HCl e HF. Quello dell'esperimento puerile è CO2, ottenuta per reazione di un acido con un carbonato (bambini di quinta, lo volete imparare una volta per tutte???): quella stessa CO2 che troviamo nelle bibite gassate e negli spumanti e che li fa zampillare quando apriamo la lattina o la bottiglia dopo energica agitazione.

Altro parametro fondamentale è la viscosità del magma: per (far) intuire in parte ai nostri discenti come il suo rapporto con il gas possa influenzare un'eruzione, provate a prendere una cannuccia e a soffiare prima in un bicchiere con acqua, poi in un altro con del succo di frutta (alla pesca o alla pera), poi in un altro ancora con della conserva di pomodoro e infine in un ultimo bicchiere con del miele (fluido altamente viscoso). Descrivete quello che succede in ogni caso e soprattutto osservate la forza con cui dovete soffiare per ottenere le bollicine sulla superficie del liquido.

La viscosità del magma (ossia la capacità di opporsi allo scorrimento) dipende dal contenuto di silice: all'aumentare del secondo, aumenta la prima e aumenta la capacità del magma di trattenere i gas vulcanici, determinando un aumento di pressione all'interno del serbatoio magmatico. 

La rassegna di video sulle eruzioni esplosive comincia a Stromboli, nelle isole Eolie, che nell'insieme formano un arco vulcanico tuttora attivo e oggetto di studio e di monitoraggio da parte dei vulcanologi.

Studiando l'ultima eruzione di Vulcano, tra il 1888 e il 1890, Giuseppe Mercalli (1850-1914) introdusse l'aggettivo vulcaniana per indicare un'eruzione esplosiva, annunciata da scoppi analoghi a colpi di cannone, con la formazione di una colonna eruttiva, la ricaduta di materiali solidi sull'edificio vulcanico - alcuni del diametro di 2 o 3 metri, detti bombe vulcaniche - e una colata di lava molto viscosa. Eruzioni di questo tipo sono state descritte, ad esempio, anche per lo Stromboli (11 settembre 1930), per il vulcano Galeras, in Colombia, e per Anak Krakatoa nello stretto della Sonda.


L'eruzione più celebre della storia rimane quella che nel 79 d.C. ha distrutto Ercolano e Pompei, raccontata da Plinio il Giovane in due importanti lettere a Tacito che costituiscono il primo resoconto scritto di un evento di questo tipo. 

Nel corso dell'evento trovò la morte anche lo zio dello scrivente, Plinio il Vecchio. Quest’ultimo, che si trovava con il nipote a Capo Miseno, dove comandava una flotta romana, il 23 agosto (o 23 ottobre?) del 79 verso le 13 osservò una grande nube a forma di pino che si levava dal monte. 


Uomo di vastissima cultura e di forte carattere, Plinio il Vecchio volle studiare il fenomeno da vicino e contemporaneamente portare soccorso alle popolazioni in fuga, mettendo a rischio la propria vita. In queste due lettere, Plinio il Giovane racconta quell’episodio e ci dà, di prima mano, la descrizione precisa e suggestiva dell'eruzione e delle sue terribili conseguenze: l'innalzarsi della colonna eruttiva, la pioggia di pomici, il tremore della terra, il ritiro del mare, la nube piroclastica, nera e terrificante, lacerata da lampeggianti soffi di fuoco [...] che poco dopo calò sulla terra e ricoperse il mare. Ancor oggi eventi di questo tipo prendono il nome di eruzioni pliniane.

La distruzione di Pompei ha ispirato poeti, pittori QUI, qualche regista e anche autori di opere teatrali. L'ultimo giorno di Pompei è un melodramma in due atti di Giovanni Pacini (1796-1867), su libretto di Andrea Leone Tottola (1800?-1831?). 

L'opera debuttò con grande successo al teatro San Carlo di Napoli, il 19 novembre 1825, con Adelaide Tosi, Giovanni David, Luigi Lablache e Michele Benedetti. Nel video seguente ascoltate la scena immediatamente successiva al fragore dell'esplosione vulcanica, mentre in cielo si leva la colonna eruttiva, con lo sgomento dei personaggi che temono di aver suscitato la collera degli dei compiendo scelte errate in termini di giustizia e di morale.


L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., pur nella sua tragicità, non è ricordata come la più mortale della storia. L'eruzione del Tambora, in Indonesia, nel 1815 causò la morte diretta di circa 100.000 persone e, a causa delle conseguenze climatiche, la morte indiretta di milioni. L'eruzione del Krakatoa del 1883 ne causò oltre 36.000 e più recentemente, nel 1985, l'eruzione del Nevado del Ruiz in Colombia causò circa 25.000 vittime.

Anche l'eruzione del vulcano La Peleé, nelle Piccole Antille, causò circa 30.000 vittime: l'8 maggio 1902, una nube piroclastica originatasi dal crollo di un versante dell'edificio vulcanico ha travolto e distrutto la città di Saint Pierre. Due soli i sopravvissuti: un ciabattino, la cui abitazione si trovava in una posizione protetta da un rilievo; e un detenuto, rinchiuso nella cella d'isolamento del carcere, al quale il poeta Giovanni Pascoli dedicò l'ode "Il negro di Saint Pierre".


Ultima eruzione che ricordo è quella del vulcano Sant'Elena, negli USA, risalente al 18 maggio 1980: osservate il confronto tra il prima (sx) e il dopo (dx).


I vulcani: rischio o risorsa? Nei materiali eruttati si celano minerali preziosi per l'agricoltura e per l'industria. Tra questi figura lo zolfo, di cui ho detto e ridetto più volte nel blog. Anche se oggi si ricava dalla raffinazione del petrolio, QUI, esistono ancora miniere di questa risorsa. 

Il penultimo video evidenzia le terribili condizioni di lavoro dei minatori sul vulcano Kawah Jien, nell'isola di Giava (Indonesia). Essi estraggono lo zolfo che si deposita nel cratere, nei pressi di un lago le cui acque hanno un pH molto acido per la presenza di acido solforico in esse disciolto.


Una miniera di zolfo, oggi abbandonata, si trova sulla White Island, un vulcano in Nuova Zelanda, altra terra geologicamente molto attiva, come possiamo vedere da questo breve video che mostra una sorgente termale importante per la cultura Maori.


Tutta questa rassegna di isole e di vulcani costituisce per me un insieme di sogni vacanzieri che rimarranno tali: ho le ferie in alta stagione e il mio stipendio non mi permette di fronteggiare gli inevitabili costi, oltre ai problemi di salute che mi impediscono di viaggiare come vorrei. Problemi di salute che la noia aggrava ogni giorno di più: e la noia si trasforma poi in nausea, grazie ai soliti stolti e inutili predicatori di pezzi di metallo al dito. 

E allora, l'unica Isola di fuoco che potrei frequentare è quella del vecchio gioco da tavolo dove tutti potevamo improvvisarci Indiana Jones e cercare di sottrarre il gioiello al demone che poi manifestava la sua ira rendendo ardua la fuga attraverso una giunga intricata, ponti pericolanti e bombe vulcaniche che assumevano le dimensioni di roteanti biglie rosse. 

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