In questi giorni sventolano le bandiere della pace, un simbolo laico nato in seno alla teosofia, una dottrina propugnata dalla Società teosofica di Madame Blavatski a partire dal 1875, per la quale tutte le religioni conservano una parziale verità intorno ai mondi spirituali che nelle varie epoche sarebbero state conosciute solo da pochi iniziati.
La stessa conoscenza della Natura deriverebbe, per i teosofi, da quella dell'essenza divina attraverso lo studio dei testi sacri o per illuminazione diretta.
Visti i presupposti, non sembra strano che nei luoghi di culto delle religioni istituzionali difficilmente si trovi traccia di questo simbolo all'attenzione dei fedeli, costruito su un arcobaleno rovesciato con la scritta pace in bianco.
Mentre l'Ottocento volge al termine, con la sua fiducia nella tecnica e lo sviluppo delle grandi scienze - a cominciare dalla chimica, seguita da biologia e geologia - qualcuno si lasciava conquistare dalle suggestioni offerte dalle religioni orientali e da quelle dei popoli senza scrittura.
Così, alcuni studiosi si sono occupati di religioni come evoluzione culturale di Homo, dapprima raccogliendo e sistematizzando i racconti degli esploratori e poi verificando direttamente sul campo le conoscenze - come fece Morgan, tra i padri della moderna antropologia, che visse tra gli Irochesi.
Altri hanno raccolto e interpretato liberamente vari spunti, proponendo dottrine che hanno catturato più gli artisti che gli studiosi: alcuni pittori, le cui opere ho potuto ammirare sabato, a Palazzo Cavazzini in Udine, si sono interessati di teosofia, come il lituano Cjurlionis, il boemo Kupka e il russo Roerich, di cui propongo qualche scatto.
Il primo (sopra) ritrae Zoroastro intento a compiere un rito tra le montagne della Persia; il secondo cattura un iniziato che interroga una figura femminile sul cammino da compiere (omaggio del pittore alla moglie...).
L'ultimo immortala Buddha in meditazione di fronte alla valle chiusa tra le vette dell'esistenza, oltre le quali si manifesta la luce che dà significato al cammino di ciascuno.
La montagna innevata, con le sue balze romite, è metafora dell'itinerario spirituale che l'iniziato deve percorrere e superare per arrivare in vetta e scoprire la luce dell'esistenza: è un tema che torna più volte nei quadri dei pittori teosofi, non solo di Roerich.
Per approfondire: visitate la mostra (fino al 27 marzo) oppure leggete QUI oppure QUI. Oppure altri materiali, che sul tema non mancano. E se nel frattempo volete ascoltare musica teosofica... Cjurlionis era anche compositore; e non dimentichiamo Scrjabin, di cui propongo l'ascolto dei Quattro Preludi op. 22.
Personalmente, alle dottrine esoteriche che hanno ispirato gli artisti di cui sopra, preferisco qualcosa di più razionale, sia nella trattazione sia nei contenuti.
Ad esempio, ammirare le montagne come tappa attuale della storia geologica della nostra Terra è - per chi scrive - molto più affascinante - e spero toto corde di aver affascinato almeno un po' i miei discepoli stamattina, conquistando virtualmente le grandi cime dell'Africa al seguito dei grandi esploratori, di cui avevo detto QUI.
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