martedì 30 agosto 2022

Oxalys

Alla base delle rose, nel mio giardino, cresce l'acetosella, pianta erbacea che vi mostro in fotografia: la riconoscerete per le sue foglie a forma di cuore e per la sua altezza che si limita a una dozzina di cm, non di più.

Ne esistono varie specie: nel mio giardino cresce quella con il fiore giallo (Oxalys pes caprae), ma nel sottobosco possiamo trovarne altre - col fiore bianco (Oxalys acetosella), rosa oppure bianco con striature rosee (Oxalys enneaphylla) - cfr. Il grande libro dei fiori e delle piante, Selezione dal RD, Milano, 1981, p. 521.


Il nome scientifico del genere è Oxalys: esso ricorda il sapore acidulo (oxys significa appuntito e i naturalisti del XVIII secolo immaginavano che appuntite fossero le particelle che componevano gli acidi) simile a quello dell'aceto. In alcune cucine tradizionali regionali, dall'acetosella si ricavava un condimento per le insalate o per le carni.

Il sapore acidulo è dovuto alla presenza dell'acido ossalico, un composto organico che deve il suo nome proprio a questo genere botanico, dal quale fu ricavato a metà Settecento.

L'acido ossalico puro si presenta come un solido bianco che cristallizza secondo il sistema monoclino. Il suo nome IUPAC è acido etandioico: contiene due atomi di carbonio (et), uniti da un legame semplice (an), e due gruppi carbossilici (dioico). Si tratta del più semplice acido bicarbossilico e del più forte acido carbossilico non alogenato.

Oltre che nell'acetosella e nell'acetosa, l'acido ossalico si trova anche in alcuni frutti (come il kiwi) e in alcune verdure (pomodoro, rabarbaro, cavoli, spinaci...).

In grandi quantità, esso risulta irritante per la cute, le mucose e le pareti intestinali; nel lume agisce come sequestrante di alcuni ioni metallici (ferro, calcio, magnesio) impedendone l'assorbimento. 

L'acido ossalico può ritrovarsi anche nel siero del sangue, soprattutto come prodotto del catabolismo della glicina; è escreto per via renale (ossaluria) e nel tubulo può precipitare come ossalato di calcio, dando luogo alla formazione di dolorosi calcoli renali.

Oggi costituisce anche un importante prodotto industriale: può essere ottenuto per ossidazione del saccarosio ad opera dell'acido nitrico oppure per reazione del formiato di sodio con idrossido di sodio e borace a 400°C.

Trova impiego nella formulazione di prodotti sbiancanti, di antiruggine, di antitarlo, nella fabbricazione della gomma, nella concia, nel trattamento della varroa delle api.

In chimica analitica, l'acido ossalico si ricerca diluendo il campione in acido acetico e aggiungendo nitrato di calcio: precipita l'ossalato di calcio insolubile e la presenza di acido acetico impedisce la precipitazione del carbonato di calcio.

L'ossalato di calcio, separato per filtrazione, è solubile in acido solforico; la soluzione solforica di ossalato riduce il permanganato, da Mn (VII) a Mn(II): da viola diventa incolore - o leggermente rosa.

Ricordo di aver studiato questa reazione molti anni fa come esempio di reazione redox e anche di autocatalisi: lo ione Mn(II) che si forma con il progredire della reazione accelera la velocità della reazione stessa.

La reazione è alla base del metodo di Helsen per la standardizzazione delle soluzioni di permanganato di potassio (cfr. Jef Helsen. J. Chem. Educ. 1974,51,6,386 1974). 

Riferimento doi: https://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/ed051p386

Il metodo consiste nell'aggiungere 400 mg di ossalato di sodio in un matraccio conico, quindi aggiungere 25 ml di permanganato di potassio (con una concentrazione di circa 0,03 mol / L), agitando fino a quando tutto il permanganato reagisce con l'ossalato. Quindi, titolare con il permanganato al colore rosa persistente, dove il Mn (II) formato catalizza la reazione tra ossalato di sodio e permanganato di potassio.

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