Aria di mare. Desidererei tanto respirarla ma ho dovuto rinunciare alle vacanze per risparmiare i soldi destinati a qualche lavoro in casa.
Poi non mi accontenterei di Jesolo o di Lignano, di Caorle o di Eraclea: non mi interessa andare al mare per rosolarmi al sole, per ingaggiare lotte fantozziane alla ricerca di mezzo metro quadro di spiaggia dove stare immobile dal mattino alla sera a bruciarmi la pelle, per andare in acqua (non so nuotare), per costruire castelli di sabbia (bastano quelli in aria e son di troppo pure quelli), per sopportare le grida dei bambini o le pallonate degli adolescenti, etc. etc. etc.
Mare per me significa ambienti naturali, dalla laguna agli oceani, ricchi di flora e di fauna da osservare e magari fotografare in silenzio (o quasi... ci sono sempre le zanzare a rompere la poeticità del tutto): lascio ad avventori più affezionati gli schiamazzi da spiaggia.
Non potendo corrispondere al mio desiderio (quasi un bisogno), mi accontento per ora di osservare tali ambienti in televisione: eccovi allora gli atolli delle Tuamotu, in Polinesia, mostrati in una puntata del Kilimangiaro (condotto dall'eccezionale Camila Raznovic su Rai 3).
Un'occasione per riprendere la lettura di uno scritto del mio amatissimo Darwin, Sulla struttura e distribuzione dei banchi di corallo, dato alle stampe nel 1842 in inglese e tradotto in italiano nel 1888 da Giovanni e Riccardo Canestrini.
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