Mi sono imbattuto in queste immagini scorrendo una pagina di storia della medicina e dell'antropologia. Forse uno degli aspetti antropologici più eclatanti delle religioni occidentali, soprattutto monoteistiche, è il fatto che il dolore e il piacere, associati principalmente al corpo, si traducono spesso, come stati della mente, nell'aldilà in una continuità senza fine tra naturale e soprannaturale. Ciò traspare anche in queste sculture policrome andine che presentano l'insegnamento cattolico sull'escatologia (la dottrina riguardante il destino dell'uomo dopo la morte).
Nella prima figura, uno scheletro rivela la decomposizione del corpo mentre i vermi strisciano su e sopra le varie ossa. L'artista ha reso i dettagli di ciascuno con grande abilità, dipingendo anche le delicate linee delle suture nel cranio: egli si conferma essere un profondo conoscitore dell'anatomia umana, come traspare anche da altre numerose sue opere ammirabili nella Cattedrale di Quito.
Secondo la dottrina, alla morte, sull'anima veniva dato un giudizio particolare: se fosse morta in peccato mortale, avrebbe sofferto le pene dell'inferno; se era morta in grazia ma non esente da colpa, veniva assegnata al purgatorio, luogo di sofferenza dove l'anima si purificava per divenire degna del cielo; se fosse morto libero dal peccato, godrebbe della beatitudine del paradiso.
Le tre figure nei riquadri più piccoli mostrano così i possibili esiti per l'anima. Le fiamme dell'inferno circondano la figura dannata che si artiglia squarciandosi il petto, strappandosi la carne, mentre urla e guarda in alto con gli occhi rossi spalancati. Lo scultore sottolinea gli orrori includendo un rospo che si arrampica su un braccio e un verme sull'altro.
Le fiamme avvolgono anche l'anima del purgatorio che indossa una corona di spine per indicare la sua sofferenza. Sebbene alzi lo sguardo con un'espressione addolorata, lo scultore suggerisce anche la contrizione dell'anima e l'attesa speranza per il paradiso. Le lacrime di vetro che sono state delicatamente aggiunte giocano quindi un ruolo importante nell'evocare il pentimento dell'anima.
Circondata da nuvole e vestita di una ricca veste, la figura in cielo raffigura la serena gioia delle anime beate. Da notare il fatto che, contemplando la grazia di Dio, l'anima assume connotazioni femminili che ricordano un po' il ruolo della grazia come attributo femminile nella "Commedia" di Dante in cui a Beatrice e non a Virgilio è affidato il compito di presentare al poeta l'eterna emanazione della bellezza divina.
Splendidi il video e il brano di Jenkins! Che coincidenza... anch'io ho in serbo un Benedictus per il prossimo post. Buona domenica!
RispondiEliminaBuona domenica a te, Annamaria! Verrò a sentire il Benedictus anche da te. Ho scritto il post qualche giorno fa e avevo già deciso la musica; poi ho scoperto che il testo italiano del Benedictus costituiva il versetto dell'Alleluia della messa di oggi.
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