martedì 17 agosto 2021

Se "fiore" rima con "cuore"...

Sto apprezzando in questi giorni la fioritura della nuova pianta di Digitale - una specie della quale qualcosa dissi QUI.

Dico "nuova" perché le tre vecchie sono state falciate impunemente da chi non apprezza la botanica e vede erbacce dovunque. Ecco lo scempio...

La digitale lanata e la digitale purpurea contengono numerose sostanze cardioattive, tanto che si parla di effetto digitalico per descrivere l'azione di quelle molecole che inducono una serie di conseguenze una volta assunte: abbassamento della frequenza cardiaca, diminuzione del potassio nel sangue, fatica, anoressia, nausea, vomito.

La digossina e la digitossina sono le molecole più note: la prima ha un atomo di idrogeno H laddove la seconda presenta un gruppo ossidrilico -OH. Si differenziano quindi per un atomo di ossigeno.

Strutturalmente sono molto simili: comprendono una parte zuccherina (glicone) e una parte non zuccherina (aglicone). La parte non zuccherina, chiamata genina, si descrive come una struttura colestanica (alla base degli steroidi) alla quale è legato un lattone.

Molecole analoghe sono prodotte anche da altri vegetali, come quelli appartenenti al genere Strophantus - vedi elenco sottostante - e per questo prendono il nome di strofantine.


Lo strofanto deve il suo nome alla bizzarra forma del fiore (anthos, in greco), che appare ritorto (strepho). La pianta appare come un arbusto (o talvolta una liana) dalle foglie opposte, con i fiori riuniti in cime o pannocchie: sono proprio i prolungamenti filiformi delle corolle a formare quelle appendici che gli hanno meritato il nome.

In particolare, i semi dello strofanto (contenuti nel follicolo legnoso del frutto raccolto a maturità) appaiono oblunghi, lanceolati, grigi, coperti di peli brevi e fitti; sono velenosissimi per la presenza delle strofantine e di altre sostanze, tanto che gli indigeni dell'Africa equatoriale, area geografica dove la pianta è particolarmente diffusa, ne ricavavano un veleno con il quale intingevano le punte delle frecce. Vi si sofferma, tra i tanti, Jean De Maleissye ne la sua "Storia dei veleni: da Socrate ai giorni nostri" (ed. Odoya)

Tra i primi europei ad osservare gli effetti dello strofanto vi furono Livingstone e il dottor Kirk durante la spedizione sullo Zambesi: lo stesso dottore assunse accidentalmente una piccola quantità di veleno - chiamato dai locali Kombé - finito sullo spazzolino da denti, avvertendone il sapore amaro e osservando un rallentamento della frequenza cardiaca.

Dal 1863, anno in cui Kirk portò in Inghilterra i semi di strofanto, cominciarono gli studi e gli esperimenti su di essi ad opera di Sharpey e di Hilton. Un'ampia trattazione sui glicosidi estratti da questa pianta e sulla loro storia è riportata QUI.

La tintura di strofanto e i preparati iniettabili sono stati utilizzati in passato; sono stati sostituiti oggi con altri medicinali più sicuri e meno gravati da effetti collaterali.

Sia digitale sia strofanto producono glicosidi cardioattivi con l'anello lattonico a cinque termini; piante del genere Scilla producono molecole simili con l'anello lattonico a sei termini, dette bufadienolidi (perché sono prodotte anche dalla pelle di certi anfibi del genere Bufo).


Fonti principali consultate: 

AA.VV. Enciclopedia medica per tutti, vol. II, Edizioni Labor
J. De Maleissye, Storia dei veleni: da Socrate ai giorni nostri, Odoya
F. Pamato, Farmacologia speciale dalle lezioni di A. Bruni - vol I, pp. 51 e segg.
C. Trapella, Chimica delle sostanze organiche naturali, dispensa scaricabile QUI.

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