E fu così che ieri, 23 settembre, sono tornato a calcare le vie (qualcuno mi ha detto: con passo da bersagliere, cosa che non va bene nella città degli alpini) di Bassano del Grappa, a quasi due anni dall'ultima volta. Il viaggio precedente lo avevo raccontato QUI.
A Bassano mi son recato ancora per lavoro e non vi racconto i dettagli di questo aspetto. In questo post mi limito a mostrare qualche scatto che ho rubato nei tempi morti.
Attendendo di entrare nel museo dedicato ad Ernest Hemingway (1899-1961), presso villa Ca' Erizzo, guardavo la Brenta - con un pizzico di malinconia - mentre il pensiero correva a Across the river and into the trees.
Fermo, come il colonnello che aspettava la fine là, nel punto ove fu ferito anni prima, così io attendevo l'arrivo della mia ... no, non della mia fine, ma della mia allegra brigata in visita al museo, che potete scorgere in lontananza in fondo al viale.
Nella cappella attigua alla villa, scopro la tomba monumentale del maestro Gaetano Mares (1793-1862) - il direttore d'orchestra che, al Teatro La Fenice di Venezia, diresse le prime esecuzioni assolute di importanti lavori verdiani, quali Ernani, Attila, Rigoletto e La traviata.
Al termine della visita, seguendo le vie parallele al corso del fiume, giungo nella cittadina di cui già dissi in altro post richiamato in apertura.
Il famoso ponte, progettato da Palladio, è stato restituito alla sua bellezza da un recente restauro e ho così l'occasione di vederlo spogliato dalle impalcature che lo avvolgevano due anni fa.
Il tricolore italiano sventola festoso e vittorioso, salutando i numerosi passanti.
Ecco uno scatto dal centro...
... e poi un altro ancora, che mostra quel salice e gli ombrelloni bianchi sotto i quali poi pranzerò. Al di là del fiume e tra gli alberi.
La Madonna, tra i santi Francesco e Antonio, dipinta da Guido Cadorin (lo stesso pittore veneziano che ha affrescato il presbiterio della chiesa del paese ove abito), sembra vegliare sui viandanti, all'inizio del ponte.
Ecco come appare nei pressi del negozio di Nardini...
Torno per un ultimo saluto ad Hemingway - che lascio presso il suo museo, seduto al suo tavolo da lavoro mentre, intento a dialogare con due trofei di caccia, sprofonda nella solitudine bagnata qua e là da un goccetto - non di grappa locale, però.
E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse.
(EH, lettera ai genitori, 18 ottobre 1918)
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