In un post da me recentemente letto su un popolare social network (e già qua comincio bene...), pubblicato da una persona con la quale sono in contatto, era ripresa la notizia data da Repubblica su presunte mascherine da applicare ai bovini per raccogliere il metano emesso attraverso la cavità orale e quella nasale. Questa la schermata.
La notizia era già stata annunciata sul Corriere della Sera il 21 aprile 2021 [1] e ripresa da Repubblica in un articolo del 1° giugno 2021 a firma di Giacomo Talignani, che descriveva l'invenzione della start-up Zelp prodotta dalla multinazionale Cargil. [2]
Tale annuncio è stato ripreso l'anno dopo dal medesimo autore in un secondo articolo, in data 28 aprile 2022, che annuncia la vittoria di un premio in denaro della quale ha beneficiato Zelp per lo sviluppo di quest'idea [3] - per altro già collaudata in Argentina. [4]
L'idea, su larga scala, potrebbe rivelarsi assai utile a ridurre le immissioni di gas serra da questa fonte per almeno il 60%. La via della mascherina potrebbe essere accompagnata da una variazione della dieta degli animali, almeno stando ad altri autori che propongono una dieta a base di alghe o di eucalipto.
Molto sono le voci critiche su tale argomento, specie dopo certe misure restrittive in epoche recenti che hanno instillato in una parte della popolazione una certa antipatia per le mascherine; ho potuto leggere molte posizioni contrastanti, da quella di chi giustamente chiede di non accanirsi sugli animali a quelle di chi sbrigativamente, semplicisticamente ed erroneamente va affermando che il metano uscirebbe esclusivamente per via rettale e non orale.
La notizia data da Repubblica è ormai datata; al di là di ciò, è noto che i bovini emettano molto metano dalla bocca e non solo attraverso l'ano (come invece facciamo noi): una parte considerevole dei batteri metanogeni abita il rumine, cioè la sacca dove i ruminanti accumulano i vegetali di cui si nutrono, e il reticolo, la seconda sacca. [5]
I bovini e gli ovini, dal rumine, ritornano l'erba in bocca (già in parte attaccata dai batteri) e poi la ingeriscono nuovamente verso il reticolo, l'omaso, l'abomaso e il resto del tubo digerente.
Diversa cosa fanno gli erbivori non ruminanti, che accumulano la cellulosa in un enorme intestino cieco dove ci sono i batteri metanogeni che trasformano la cellulosa.
Io non entro nel merito se sia bene o se sia male dotare i ruminanti d'allevamento di mascherine (e quelli non d'allevamento, liberi in natura?), se ciò corrisponda a maltrattamento per gli animali, se ciò effettivamente abbatta le emissioni di metano. Tuttavia è noto che CH4 sia un potente gas serra, che gli allevamenti contribuiscano a rilasciarne una certa quantità in atmosfera e che tutto ciò costituisca uno dei fattori non trascurabili del riscaldamento globale.
C'è chi cerca soluzioni studiando una nuova dieta per gli animali d'allevamento, sviluppando dispositivi per raccogliere il metano prodotto durante la digestione e anche dopo (dal letame); oppure cambiando la dieta di Homo, introducendo fonti di proteine alternative a quelle dei tradizionali animali vertebrati da pascolo o da stalla; fonti naturali o sintetiche che siano.
Personalmente io non auspico soluzioni radicali e definitive (che oscillano tra il "non si tocca niente" e il "meritiamo l'estinzione"), ma semplicemente una serena e corretta comunicazione delle idee, della sperimentazione, dei risultati e dei progressi anche nel campo della zootecnia, oltre che in tutti gli altri campi dello scibile. A ciascuno il suo.
FONTI
[4] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2020/12/04/news/metano_emissioni_mucche-276988956/
[5] https://www.comazoo.it/la-ruminazione-come-indicatore-di-benessere/
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