giovedì 30 gennaio 2020

UNO "SCAMBIO DI COPPIA" IN LAB


Spiegare le relazioni umane in termini di affinità chimiche: solo il genio di Goethe poteva osare tanto, raccontando di due coppie che si scambiano ottenendo due nuove combinazioni dal tragico destino.

In questo post vi racconterò anch'io lo scambio di due coppie, dal destino meno tragico. 

La prima coppia è costituita da sodio e ione carbonato, uniti in un felice connubio chiamato carbonato di sodio, Na2CO3.

La seconda coppia è costituita da zinco e ione solfato, uniti nel solfato di zinco, ZnSO4.


Entrambi i composti sono solubili in acqua e formano due soluzioni limpide e incolori. 


Cosa succede mescolando le due soluzioni? Le coppie si scambiano e si formano il solfato di sodio, che rimane in soluzione, e il carbonato di zinco, che invece precipita essendo insolubile in acqua. Ecco il video in slow-motion che mostra cosa accade mentre una soluzione è gocciolata nell'altra.


In una successiva fase, il precipitato può essere separato dalle acque madri per filtrazione.


Occorre un po' di pazienza, una goccia dopo l'altra...


Il carbonato di zinco è lavato con acqua, recuperato dal filtro ed essiccato.


Ecco un anticipo di come si presenterà il prodotto finale.


Ringrazio Francesco per video, foto e... caffè al termine dei lavori!
mc

mercoledì 29 gennaio 2020

Mercurio, arsenico, plasmodi e antibiotici.

QUI avevo raccontato come il mercurio fosse un tempo usato per trattare i malati di sifilide: leggete la fine del post per ripercorrere brevemente i trattamenti del "male altrui", da Falloppio a Campailla, con le sue celebri botti.


Una notte con Venere, una vita con mercurio: ancora fatico a capire se il declino mentale dei sifilitici, descritto dai clinici, fosse dovuto alla malattia o alla terapia.

Il progresso della Chimica, nella seconda metà del XIX secolo, portò alla scoperta dei coloranti di sintesi; alcuni di essi, usati per colorare le cellule da osservare al microscopio, mostravano proprietà antibatteriche, sia battericide (uccidevano i batteri) sia batteriostatiche (impedivano loro di riprodursi).

Le ricerche in questa direzione condussero Paul Ehrlich (1854-1915) a sviluppare il Salvarsan, una molecola aromatica contenente arsenico, efficace contro il treponema pallidum (la spirocheta della sifilide) e contro il tripanosoma brucei (che causa la malattia del sonno). 

Tale effetto fu notato da un allievo di Ehrlich (e di Kitasato), il giapponese Hata; il tedesco poi proseguì studi ed esperimenti fino ad annunciare al mondo la scoperta che gli valse il premio Nobel per la Medicina nel 1908, ex-aequo con Ilia Mecnikov (il biologo russo che descrisse compiutamente il meccanismo della fagocitosi, già intuito da Bizzozero).

La sua formula minima è C6H6AsNO; la formula di struttura è complessa ed è stata chiarita solo recentemente (nel 2005: QUI il link all'articolo), come equilibrio tra un trimero e un pentamero.


Nel 1912 il Salvarsan fu sostituito con il Neosalvarsan, una molecola più efficace e meno tossica. Il Salvarsan mantiene tuttora il suo posto di diritto nella storia della Medicina, essendo stato il primo chemioterapico utilizzato nella pratica clinica. 


La sua importanza ha ispirato anche numerosi letterati, tra i quali Ernesto Ragazzoni (Omaggio al 606, riportato sopra: mi sono divertito a cantare quegli ottonari usando la melodia gregoriana dello Stabat Mater...), Hemingway (Addio alle armi), Bulgakov (I racconti di un giovane medico), Sacks (L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello).

Durante la Prima Guerra mondiale, con il dilagare della sifilide tra i soldati, e l'interruzione delle importazioni del farmaco dalla Germania, gli italiani si ingegnarono per produrselo. A condurre l'impresa fu il chimico Angelo Contardi (1877-1951), che nel 1917 perfezionò un metodo per la sintesi degli acidi amminofenilarsonici scoprendo una molecola assai più efficace e di sintesi più semplice rispetto a quella di Ehrlich. 

Nel 1927, il premio Nobel fu accordato per un'altra terapia ideata e sperimentata da Julius Wagner Jauregg (1857-1940), psichiatra austriaco, antisemita e filonazista, che inoculava il plasmodio della malaria nei pazienti allo scopo di indurre la febbre e praticare la cosiddetta piretoterapia.

Per suggellare la storia, dobbiamo dire che oggi le penicilline hanno ormai preso il posto dei derivati arsenicali nella terapia della sifilide: è interessante osservare come la sperimentazione clinica in tal senso fu praticata dagli alleati negli anni Quaranta, proprio in quella Napoli dove il morbo fece la sua prima comparsa in Europa 450 anni prima.

martedì 28 gennaio 2020

Voltaire, Candido e la Lue

Mentre ascoltate le note di Bernstein, leggete sotto quella sorta di elogio della sifilide tracciato da Voltaire nel capitolo quarto del suo celeberrimo Candido (1759).



L. Bernstein, Candide, Ouverture


Era una cosa indispensabile, nel migliore dei mondi, un ingrediente necessario: perché se Colombo non avesse preso in un'isola dell'America questa malattia che avvelena la sorgente della generazione, che spesso anzi impedisce la generazione stessa, e che, evidentemente, si oppone al grande fine della natura, non avremmo né cioccolata né cocciniglia; bisogna poi osservare che nel nostro continente, fino a oggi, questa malattia è tipicamente nostra, come la controversia. 

Turchi, Indiani, Persiani, Cinesi, Siamesi, Giapponesi, non la conoscono ancora: ma c'è ragion sufficiente che debbano conoscerla a loro volta fra qualche secolo. 

Nel frattempo ha fatto meravigliosi progressi fra noi, e soprattutto in quei grandi eserciti composti di onesti mercenari beneducati che decidono del destino degli Stati; si può affermare che, quando trentamila uomini combattono in battaglia campale contro eserciti di egual numero, ci siano circa ventimila impestati per parte. 

(Voltaire, Candido o dell'Ottimismo, cap. IV)


Treponema pallidum - agente eziologico della sifilide

lunedì 20 gennaio 2020

KI

Lo ioduro di potassio, KI, è il composto che lo iodio, un alogeno, forma con il potassio, un metallo alcalino. Alle condizioni ambientali si presenta come un solido bianco, cristallino, inodore, solubile in acqua.


Trova impiego in medicina: si somministra in caso di fughe radioattive per contrastare l'accumulo nella tiroide dell'isotopo radioattivo dello iodio, con massa atomica 131 uma.


Si usa(va) anche nel trattamento di alcune micosi - infezioni dovute a funghi parassiti, come ad esempio la sporotricosi cutanea.


Con lo iodio, in soluzione acquosa, lo ioduro di potassio è usato per preparare il reattivo di Lugol (nella provetta a destra, considerando la foto sopra), usato come colorante in microscopia e come reattivo per l'amido, al fine di effettuare il saggio di Stromeyer (positivo quando compare il caratteristico colore blu).


Sempre con lo iodio in soluzione idroalcolica, lo ioduro di potassio forma la tintura di iodio, usata per trattare le ferite della cute.

Sia la soluzione acquosa sia la soluzione idroalcolica contengono lo ione triioduro, il più semplice esempio di anione poli-ioduro. 

KI, da buon riducente (e per questo usato un tempo in fotografia), è particolarmente soggetto ad ossidazione all'aria. Per saggiare la bontà del reagente basta mettere una punta di spatola del composto in una provetta e provare a solubilizzarlo in acqua:
  • se si forma una soluzione incolore è utilizzabile;
  • se si forma una soluzione giallina o marroncina, il prodotto si è ossidato e non va utilizzato ma correttamente smaltito.
Un secondo test fattibile è altrettanto semplice: alla soluzione acquosa incolore si aggiungono alcune gocce di acqua ossigenata (basta al 3%). La soluzione si colora in giallino per ossidazione. Magari non subito, dipende dalle concentrazioni: bisogna aspettare qualche minuto. Questo conferma che lo ioduro è ioduro e non si è ossidato a ipoiodito (primo test) o a iodato (secondo test).

Altro impiego del KI è come catalizzatore nella decomposizione di soluzioni concentrate di acqua ossigenata, soprattutto per realizzare il noto dentifricio dell'elefante.
Si prepara una soluzione acquosa contenente KI e un tensioattivo (es. comune detersivo per piatti); a questa si aggiunge acqua ossigenata (al 30%) e l'effetto… è d'effetto!!!


domenica 19 gennaio 2020

ALOGENI IN LAB

Fluoro, cloro, bromo, iodio e astato costituiscono il gruppo degli alogeni. Questi elementi devono il nome del loro gruppo al fatto che si combinano facilmente con gli altri elementi per formare sali: fluoruri, cloruri, bromuri e ioduri sono composti binari assai importanti (specie quelli dei metalli alcalini e degli elementi di transizione).

Per cloro, bromo e iodio sono noti anche composti ossigenati: ne è un esempio il clorato di potassio, KClO3, scoperto da Berthollet, che studiò la possibilità di impiegarlo nella formulazione della polvere pirica al posto del salnitro.

Il cloro fu preparato per la prima volta da Carl Wilhelm Scheele nel 1774, facendo reagire l'acido cloridrico e il biossido di manganese: lui parlava di acido muriatico e di pirolusite e chiamò "acido ossomuriatico" il gas verdognolo che si formava. Il nome attuale, cloro (dal greco chloros = giallo-verde) si deve ad Ampere e a Davy.

Lo iodio, isolato per la prima volta da Bernard Curtois nel 1811 e riconosciuto come elemento da Gay Lussac, deve invece il suo nome al fatto che allo stato elementare appare come un solido grigio che sublima liberando vapori dal colore viola.

Lo si prepara facilmente facendo reagire KI con CuSO4 in soluzione acquosa: precipita CuI e parte dello ioduro si ossida a iodio elementare, che si può estrarre con un opportuno solvente (ad esempio, io ho usato n-esano).


Nella provetta al centro vedete lo ioduro di rame purificato (ne avevo già accennato QUI); accanto la soluzione di iodio in esano e a destra la soluzione di bromo.

Il bromo (scoperto da Balard nel 1826) si prepara facilmente ossidando l'acido bromidrico, HBr.

Per reazione di KBr e acido solforico si formano HBr e solfato acido di potassio. 

Aggiungendo in situ un ossidante (es. ipoclorito di sodio) si formano bromo elementare e acido cloridrico (il quale, in eccesso di ipoclorito, si ossida a cloro elementare). Ecco, nella foto sotto, il bromo in formazione:


Anche qua, per separare il bromo dalla miscela di reazione ho sfruttato l'estrazione con solvente, usando come prima n-esano. Ecco le due fasi "fresche": sopra bromo/esano e sotto la soluzione acquosa nella quale è avvenuta la reazione.


Lasciata esposta alla luce solare, la soluzione di bromo in esano si scolora progressivamente: la luce innesca infatti la reazione che porta alla sostituzione radicalica dell'idrogeno con atomi di bromo nella molecola dell'esano e alla conseguente formazione di bromoesani e acido bromidrico.


I prodotti sono incolori e infatti la soluzione assume nel tempo un colore progressivamente più arancione, poi giallino e infine risulta perfettamente trasparente (così come appare nella foto sopra, da confrontare con quella d'apertura del post).

Per preparare quantitativamente il bromo (non fatelo, è pericoloso!), è meglio procedere all'estrazione usando come solvente il tetracloruro di carbonio (di cui non dispongo, anche perché è particolarmente tossico per il fegato oltre che inquinante e facile ad ossidarsi).

Il bromo è particolarmente reattivo, oltre che maleodorante (proprietà che gli ha meritato il nome: bromos = puzzolente). Osservate nel video sotto la reazione con l'alluminio, particolarmente esotermica.


lunedì 6 gennaio 2020

LA TOMBA DI SCHROEDINGER

Il 4 gennaio ricorre l'anniversario della morte di Erwin Schroedinger (1887-1961), il celebre fisico austriaco, padre dell'equazione d'onda e della meccanica ondulatoria.


Figlio di due laureati in chimica (il padre, imprenditore nel settore tessile, conobbe la madre all'università), Erwin crebbe in un ambiente culturalmente stimolante. 

Talento assai precoce, fu educato in casa fino agli 11 anni di età; al ginnasio risultò sempre il primo della classe e all'università fu il primo del suo corso. Si laureò nel 1910 e l'anno successivo era già assistente. Nel 1914 conseguì l'abilitazione a privatdozent

Fu richiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale; patì la povertà al termine della guerra. Fu chiamato ad insegnare a Jena, poi a Stoccarda, quindi a Breslavia e infine a Zurigo

Peter Debye lo invitò ad aggiornare i professori di fisica sulle teorie di De Broglie intorno alla natura ondulatoria dell'elettrone, esposti in articoli che circolavano da un paio d'anni. Lo stesso Debye criticò l'impostazione di De Broglie, che parlava di onde senza presentare un'equazione d'onda relativa all'elettrone.

Agli inizi del 1926, Schroedinger, che soffriva di problemi polmonari (i primi sintomi di quella tisi che lo porterà alla morte), durante un soggiorno ad Arosa (qualcuno dice: in compagnia di qualche donzella - ma non la moglie, sposata sei anni prima), ne trovò una.

Pubblicò il lavoro, che si diffuse presso gli addetti ai lavori e fu accolto come una sorta di liberazione: esso si basava su equazioni differenziali, ossia adottava un formalismo matematico familiare ai fisici, che permetteva loro di evitare il confronto con le terribili matrici del giovane Heisenberg. 

Il lavoro di Schroedinger ottenne anche l'approvazione di Einstein, di Planck e di Sommerfeld.

Nel 1927, il professore fu chiamato a Berlino, ove rimase fino al 1933. La nomina a membro della Pontificia Accademia delle Scienze gli permise di lasciare la Germania e di fuggire a Oxford. Intanto è insignito del Premio Nobel ex aequo con Dirac.

Nel 1936 ritornò nella natia Austria per insegnare a Graz; dopo l'Anschluss, nel 1938, fuggì nuovamente in Inghilterra e poi in Irlanda. Si stabilì a Dublino, ove concluse la sua carriera accademica.

Nel 1944 scrisse "What is life?", riflessione di un fisico sulla vita come fenomeno biologico. Dalle pagine di quell'opera emergono riflessioni importanti, che influenzeranno Watson nell'elaborazione della struttura del DNA e del codice genetico.

Amante delle donne (finì per vivere, sotto lo stesso tetto, con la moglie e due amanti), delle lingue, delle lettere, della filosofia, Schroedinger ebbe sempre una certa avversione per la musica - oltre che per il nazismo e per l'antisemitismo, a differenza di Heisenberg.

Gli ultimi anni di vita furono funestati dall'aggravarsi della tubercolosi, malattia che lo portò alla morte agli inizi del 1961. 

Fu sepolto nel cimitero cattolico di Alpbach, in Tirolo, e sulla sua tomba è riportata l'equazione che lo ha reso immortale.