martedì 28 novembre 2023
... cioccolata e fuoco acceso!
domenica 26 novembre 2023
Quale repubblica per le anime salve?
A Te che trionfi nei secoli / nascosto nel grande mistero / si leva l'osanna del popolo / fedele al tuo mistico impero; / con l'inno esultante degli Angeli, / col canto solenne del Piave, / risuoni il tripudio dell'Ave / dall'alme immortali, o Signor. / Rendiamo, fratelli, con giubilo / al mite sovrano il saluto / il libero e santo tributo di fede, di speme, / di fede, di speme, d'amor.
Questi versi furono scritti dal cardinale carmelitano Adeodato Giovanni Piazza (1884-1957), già segretario generale dei Carmelitani, poi vescovo di Benevento e patriarca di Venezia, di cui ricorre l'anniversario della morte il 30 novembre.
Supportati dalla musica del sacerdote Coletti, tali versi divennero l'inno per il Congresso eucaristico diocesano del 1956. Siamo a Belluno; sia Piazza sia Coletti erano originari del Cadore; del Coletti, in varie chiese della montagna veneta, si intona ancora oggi il Magnificat. Sottolineo il riferimento al territorio, solcato dalle acque del Piave, il cui mormorio calmo e placido diventa un canto solenne a maggior gloria di Dio.
Per volontà di Pio XI, mentore del cardinal Piazza, alla fine del Giubileo del 1925 fu istituita la Solennità celebrata oggi, pensata in chiave anti-laicista, "quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”. Così scriveva il papa nell'enciclica Quas primas, dove spiegava anche che il regno di Cristo è "principalmente spirituale e attiene alle cose spirituali", in contrapposizione al principe di questo mondo, dove anche oggi trionfa il materialismo, dove - ebbi già modo di dirlo - la vita è sostituita con la carriera, dove gli amici sono solo icone fittizie da collezionare sui social network e dove anche le comunità cristiane e i loro frequentatori sembrano vivere il Vangelo ispirandosi chiaramente alle gesta dei farisei, sepolcri imbiancati. Oppure abbelliti da sculture, marmi e bronzi.
Il brano di Matteo, proclamato oggi, invita a prima di tutto a riconoscere Dio nel volto dei bisognosi e a fuggire la tentazione di sentirsi a posto per aver compiuto un'ostentata opera di carità - che in quanto tale potrebbe essere più manifestazione di un satanico orgoglio che espressione di vera fede.
Ora, non mi permetto di questionare sulla fede altrui, ma tranquillamente affermo che la mia è morta da quando mi sono accorto che non bastano un assenso intellettuale, per quanto profondo, o un'adesione piena a un sistema di valori morali.
L'essere cristiano in questo mondo esige molto di più: occorre indossare uno stile - quello stile che trasuda tra le navate delle chiese parrocchiali la domenica a messa, quello stile che fa ti fa riconoscere come un baciapile o un magna-ostie agli occhi dell'anticlericale, quello stile per cui la bocca vomita giaculatorie ed esterna slogan, pensierini e precettini - che chi li pronunzia ben si guarda poi dal mettere in pratica. Quello stile nel quale proprio non riesco a riconoscermi e per questo, con profonda ma irenica e distaccata rassegnazione, vado affermando da un bel po' che: non sono cristiano.
E non sono monarchico: per cui da un lato Cristo Re ha perso un suddito anche a cagion di ciò, ma dall'altro nemmeno il principe di questo mondo ne guadagna uno. Ergo: non mi resta altro che credere e sperare in una repubblica delle anime salve, nella quale il progresso non è solo tecnico-scientifico ma anche e soprattutto sociale e morale. In una parola: umano.
Buona settimana a tutti!
giovedì 23 novembre 2023
Qualche scatto di novembre...
Una rassegna di foto di fine novembre, scattate qua e là, andando o tornando dal lavoro.
Ecco le montagne a nord di Belluno...
mercoledì 22 novembre 2023
Da Santa Cecilia a Saint Germain "de Belun"
Oggi, 22 novembre, ricorre la memoria di Santa Cecilia, patrona della musica e del canto: la martire romana, uccisa per la sua fede, è tradizionalmente raffigurata mentre tiene in mano strumenti musicali e questa associazione nasce per una larga interpretazione del testo di un'antifona in suo onore, cantata nei vespri della ricorrenza liturgica.
Mentre suonano gli strumenti, Cecilia cantava nel suo cuore immacolato le lodi al Signore: per questo la martire è invocata a protezione della musica e del canto. Molte accademie sono a lei intitolate, anziché alla pagana musa Euterpe.
Spesso è raffigurata con l'organo portativo, come nel dipinto barocco di Simon Vouet (1590-1649) - che potete ammirare sotto in dettaglio. Questa associazione mi ispirò una messa per voce sola e organo, che scrissi più di vent'anni fa, quando ero giovane, creativo ed ero dedito ad altre cose che poi per mia fortuna ho dimenticato. La intitolai "Messa di Santa Cecilia", che fu eseguita da un'amica sia nella versione originale sia nella versione per ensemble di fiati.
Il video propone una registrazione dell'Agnus Dei; la qualità dell'audio è decisamente pessima, ma basta per farsi un'idea di cosa combinavo quando la barba era corta e nera e la mente era libera di fantasticare. Non preoccupatevi, adesso che la barba è lunga e bianca, ho smesso di violare la carta da musica e questo da molto tempo; come ho smesso di frequentare certi ambienti di cui non sento affatto nostalgia.
Comunque, quella composizione fu eseguita integralmente nella chiesa di Santo Stefano a Belluno il 24 novembre 2005 e furono registrati anche tutti gli altri movimenti: esiste un cd, realizzato da due persone cui rinnovo ancora la mia gratitudine. Il cd ha solo un valore documentario; le due persone di cui sopra non sono più tra noi.
Tre giorni dopo quel concerto, ero a Roma, nella Basilica di Sant'Andrea delle Fratte, dove ebbi modo di far eseguire una messa a tre voci da me scritta. Da allora, nell'Urbe non tornai più.
Negli anni seguenti riscoprii l'interesse per altre cose; musica e religione caddero in secondo piano, come è ormai noto a chi frequenta il mio blog. E oggi, 22 novembre, è sempre il compleanno di un amico filosofo che spero di incontrare nel tardo pomeriggio a Saint Germain de Belun.
lunedì 20 novembre 2023
L'ultimo articolo...
Venerdì 17 novembre, seduto al tavolino di un bar, in attesa del mio tramezzino per la pausa pranzo, ho ricevuto la seguente e-mail.
La cosa mi ha fatto sobbalzare dalla sedia per la gioia (sentimento raro a provare, per me) e ne ho approfittato per brindare all'evento con un calice di Pinot nero in compagnia dell'immancabile collega di filosofia.
L'articolo riprende e amplia i risultati della mia vecchia tesi di laurea, sviluppata sotto la guida dei professori Vavasori e Ronchin di Venezia, che colgo l'occasione per ringraziare ancora ed ancora; ed incentrata sulla messa a punto di un nuovo sistema catalitico a base di palladio per la carbonilazione riduttiva del nitrobenzene con l'obiettivo formare selettivamente paracetamolo in un unico contenitore. Se vi interessa, leggete e scaricate il testo QUI.
L'articolo fa parte del Numero Speciale Catalizzatori Tradizionali e Innovativi per Reazioni di Interesse Industriale della rivista Reactions - MDPI in Basilea.
Come ho già scritto altrove, sia in questo blog sia in un paio di libri, lavorare su quel tema a suo tempo è stato altamente formativo ed entusiasmante, anche se una serie di circostanze mi hanno poi portato su altre strade. Indietro non si torna; ma non ditemi che venerdì 17 porta sfiga, per piacere!
sabato 18 novembre 2023
La vita oltre la materia...
giovedì 16 novembre 2023
La vitamina C
L’acido L-ascorbico (noto comunemente anche come vitamina c) è un composto organico idrosolubile presente in natura, con proprietà antiossidanti. La sua formula bruta è C6H8O6.
La prima prova in cui fu correlata clinicamente e sperimentalmente la relazione carenza alimentare-malattia avvenne nel maggio del 1747 ad opera di un chirurgo della marina reale inglese, il dottor James Lind. Egli prese dodici membri dell’equipaggio affetti da scorbuto e li divise in sei gruppi da due persone ciascuno. Ad ogni gruppo fece assumere, oltre alle normali razioni alimentari, un composto particolare: sidro, acido solforico, aceto, spezie ed erbe, acqua di mare, arance e limoni. I risultati ottenuti permisero di dimostrare che effettivamente quest’ultima aggiunta preveniva l’insorgenza dello scorbuto.
Il suo “Treatise of the Scurvy“, contenente una famosa rassegna della letteratura sulla malattia, apparve nel 1753, quando era medico praticante a Edimburgo.
👉 Nel 1912, il chimico Casimir Funk (1884-1967) ipotizzò, da studi su malattie carenziali, la presenza di composti che denominò vitamine. Sebbene abbia studiato soprattutto il beri-beri, egli ipotizzò che anche altre malattie (tra cui lo scorbuto) dipendessero da mancanza di specifiche vitamine.
👉 Nel 1921 il composto antiscorbutico venne denominato vitamina C e tra il 1928 e 1933 esso venne isolato e cristallizzato da Joseph L. Svirbely e dallo scienziato ungherese Albert Szent-Gyorgyi Von Nagyrapolt (1893-1986) e, indipendentemente, da Charles Glen King.
👉 Nel 1934, il chimico britannico Walter Norman Haworth (1883-1950) ed il biochimico polacco naturalizzato svizzero Tadeusz Reichstein (1897-1996), in maniera indipendente, riuscirono a sintetizzare la vitamina C.
👉 Nel 1955 J.J. Burns scoprì che il motivo per cui alcuni mammiferi (tra cui la specie umana) non riescono a produrre autonomamente la vitamina C risiede nella mancanza dell’ultimo enzima della catena metabolica responsabile della sintesi di tale molecola: la L-gulonolattone ossidasi.
La vitamina C è essenziale per la formazione del collagene e per la guarigione delle ferite; la sua mancanza può portare allo scorbuto. Le ghiandole surrenali sono gli organi che ne accumulano in maggiore quantità. Il suo studio portò all'assegnazione dei premi di medicina e chimica nel 1937: il primo ad Albert von Szent-Györgyi che per primo isolò la vitamina, e il secondo a Norman Haworth per la determinazione della sua struttura molecolare.
Szent-Gyorgyi scoprì che i peperoni, coltivati su larga scala intorno a Szeged, dove insegnava, ne avevano una elevata concentrazione e ne estrasse da questi una quantità sufficiente da permetterne l'identificazione. Però il frutto in natura che ne contiene di più è la rosa canina.
Compì inoltre fondamentali studi sulla biochimica della vitamina C, sui processi ossidoriduttivi, sull'azione catalitica dell'acido fumarico e sulla fisiologia del tessuto muscolare.
Agli studi sulla vitamina C si appassionò anche Linus Pauling (1901-1994), nell'ultima parte della sua vita: egli stesso ne assumeva in grande quantità e invitava altri a fare altrettanto. Per questo fu giustamente criticato dalla comunità medica e la sua idea di medicina ortomolecolare fu liquidata come pseudoscienza. Come possiamo leggere anche sulle etichette dei barattoli, l'assunzione di integratori non sostituisce i benefici di una dieta variata e di uno stile di vita sano, neanche se a raccomandare la cosa è uno che ha vinto due volte il premio Nobel e ne ha mancato di un soffio un terzo.
Linus Pauling, chimico americano, nel suo laboratorio |
lunedì 13 novembre 2023
Una videolezione elettrizzante!
Buongiorno a tutti! Parliamo di elettricità… perché “elettricità”, innanzitutto? Come avevo già accennato QUI, Talete di Mileto osservò che un pezzo di ambra, strofinato con un panno di lana, acquistava la capacità di attirare piccoli oggetti… non ultimi i capelli e i peli della sua barba.
Ambra in greco si dice elektron, da cui il termine elettricità per indicare la proprietà di corpi carichi, capaci di attirare corpi leggeri.
Per rilevare la presenza di cariche elettriche sulla superficie di un corpo, possiamo usare due semplici strumenti: l’elettroscopio a foglie d’oro...
... e il pendolino elettrostatico.
Per avere a disposizione elettricità statica, oltre a strofinare bacchette di plastica , come una comune penna biro, sono state inventate macchine ne producono in grande quantità, come il generatore di Van der Graaf.
Nel generatore, una cinghia rotante è accarezzata da due pettini metallici che raccolgono le cariche che si separano: quelle positive sono raccolte dalla sfera metallica sulla sommità e quelle negative sono raccolte e portate all’esterno tramite un conduttore sulla sommità di un bastone. Per vederlo in azione, arrivate alla fine della seguente videolezione!
giovedì 9 novembre 2023
Il basso cantore di San Lorenzo in Damaso
Oggi ricorre il genetliaco di un musicista poco conosciuto, Claudio Casciolini, nato a Roma il 9 novembre 1697 e ivi morto il 18 gennaio 1760.
Figlio di Agostino e Veronica Finocchiola, poco o nulla si sa dei primi anni di vita e della sua formazione. Le seguenti informazioni sono riprese dalla voce di en.wikipedia.org, che a sua volta traduce alcune sottolineature del Dizionario biografico degli italiani (Treccani).
Il 14 gennaio 1724 sposò Maria Teresa Mazza nella basilica di S. Lorenzo in Damaso (sotto, nella foto); ebbe numerosi figli e visse in povertà in una casetta nei pressi della Piazza della Chiesa Nuova. Fece parte della Congregazione di S. Cecilia, per la quale scrisse varie composizioni.
Dall'aprile dell'anno 1726 fino alla morte cantò come basso presso il coro della chiesa di San Lorenzo in Damaso - dove potrebbe essere stato anche maestro di cappella.
Casciolini scrisse solo musica sacra. Anche se visse nel periodo del barocco musicale, scrisse esclusivamente in stile antico, sviluppando un contrappunto a cappella nello stile di Palestrina - lontano dallo stile strumentale di Corelli e più vicino invece a quello del di lui maestro Matteo Simonelli (1618-1696), dotto polifonista che Casciolini non potè tuttavia conoscere di persona per ovvie ragioni anagrafiche.
Ascoltiamo, a titolo di esempio, la Missa pro defunctis, a quattro voci, che alterna brevi passi imatitivi a versetti in gregoriano. Manco a dirlo, il trillo del telefono durante l'esecuzione dell'Agnus Dei non è previsto in partitura...
Le sue composizioni includono, oltre alla Missa pro defunctis, una Missa brevissima e molti mottetti a quattro e a otto voci. I suoi manoscritti sono conservati presso la Biblioteca Vaticana.
Per il fatto che abbia dedicato un breve post a un musicista, non preoccupatevi: non ho alcuna intenzione di tornare a occuparmi di musica. Molto meglio le scienze naturali: la chimica, la mineralogia, la microbiologia, etc. Però un suggerimento di lettura, dedicato a Mozart in Vaticano, mi ha indotto ad attaccare nuovamente lo stereo, che giaceva impolverato da un bel po'...
lunedì 6 novembre 2023
L'autunno inoltrato, urbano e piovoso
Ormai è autunno inoltrato, umido e... poiché non trovo altre parole per descriverlo, lascio ai versi di Pascoli il compito di introdurci al clima di questi giorni.
Qualcuno ama particolarmente questa stagione per i colori, come quelli assunti dalle foglie del gingko, delle betulle o dell'amelanchier...
sabato 4 novembre 2023
Per San Carlo
Oggi, 4 novembre, ricorre la memoria liturgica di San Carlo Borromeo (1538-1584), forse una delle maggiori figure della Controriforma che possiamo ammirare (e per chi è credente, anche venerare) insieme ad altri santi della sua epoca in questo dipinto, in un altare laterale della Cattedrale di Belluno.
Le glorie del mondo passano, quelle divine restano e per i più, oggi, San Carlo è solo la marca delle patatine fritte.
Quarantaquattro anni fa, nel giorno della memoria liturgica di San Carlo, sono stato battezzato. Sul registro parrocchiale è riportato il fatto; e lasciamo pure che vi rimanga scritto, come vorrei fosse scritto anche che della comunità ove siffatto fatto è avvenuto io non sono parte. De facto. Ma vorrei lo fosse anche de jure: forse è pretendere troppo.
Canoni, decreti e concili ancora non hanno superato l'idea medievale che il servo della gleba sia legato alla terra per la vita. Anzi: qualcuno pensa che il servo debba pure dare la vita per la terra a cui appartiene, qualora se ne paventasse il bisogno: la terra a cui appartiene, la terra dei padri, la Vaterland - come la chiamano i germanofoni.
Ripenso a San Carlo, alla sua carità, mostrata durante la grande pestilenza del 1576, quando era in mezzo ai malati a portare conforto - come poteva, con la sola forza della fede, senza altri strumenti. E intanto leggo di medici che oggi, all'inizio del terzo millennio, operano sotto le bombe senza anestesia: San Carlo, forte dell'Amore che lo infiammava, li avrebbe benedetti.
Io invece, di primo acchito, da povero incallito peccatore, maledico la guerra, chi la vuole, chi la fa e chi collabora in ogni modo a seminare morte e sofferenza. Alla base di qualsiasi guerra non ci sono giustificazioni che tengano, ma solo menzogne.
Ogni dogmatismo si fonda sul seguente assunto: qualcuno ha il diritto di raccontare menzogne che qualcun altro ha il dovere di ascoltare e di credere.
Ogni dogmatismo: sia esso di matrice religiosa, sociale, istituzionale, politica, o di altra natura, che qualcuno ha sempre il dovere di credere. E anche di obbedire. E di combattere.
A qualcuno piace combattere, piace vedere gli altri combattere, piace pensare che tutti debbano combattere. Con questo qualcuno, io non sono d'accordo. Mi rendo conto che un mondo senza guerre, senza soldati, senz'armi è utopico: sarebbe troppo bello.
Tuttavia, quello delle armi è un mestiere che una persona deve scegliere consapevolmente e in piena libertà, ricevendo la giusta ricompensa per la sua dedizione e i giusti onori qualora dovesse cadere nell'esercizio della professione.
Il solo pensare di associare l'obbligo di un servizio armato a una possibile limitazione della libertà personale è una subdola forma di violenza che va rifiutata ogni giorno, al pari di altre mortifere menzogne, per cedere il posto all'idea per la quale la Pace si costruisce solamente forgiando le spade in vomeri. E condividendo il pane.
mercoledì 1 novembre 2023
Qui e ora, già e non ancora...
In questa breve fuga, l'ascesa polifonica delle cinque voci sembra accompagnare le anime verso quella beatitudine eterna, tradotta nell'accordo maggiore conclusivo, che la modern(ist)a chiesa del uattanciù non predica più in un mondo dove la vita è stata sostituita con la carriera e gli amici sono solo figurine da aggiungere sui social network.
Buon giorno di Ognissanti, quindi: che sia l'occasione per pensare anche solo un momento a quei valori autentici che trascendono le consuetudini e le tradizioni e ci fanno sentire che l'essere qui e ora ci prepara al già e non ancora.