sabato 30 luglio 2016

Buon weekend !!!

Buongiorno a tutti! Vi auguro buon weekend segnalandovi questo link QUI, interessante per chi si occupa di catalisi omogenea


Come ha giustamente osservato un mio carissimo amico, ogni ricercatore che si occupa di catalisi prima o poi nella sua vita dovrà aver a che vedere con il rodio.

Questo elemento, per il quale nutro una sconfinata simpatia (qualcuno dice che si tratti di un vero e proprio impossibile amore, come quello di Abelardo per Eloisa...), è utilizzato come catalizzatore in diversi processi industriali, sia allo stato elementare (supportato) che combinato in composti di coordinazione:
  • una rete di platino-rodio è usata per l'ossidazione catalitica dell'ammoniaca nel processo di sintesi dell'acido nitrico e nel processo di sintesi dell'acido cianidrico;
  • è usato nell'idroformilazione delle olefine ad aldeidi (processo Rhone-Poulenc);
  • è usato nella carbonilàzione del metanolo ad acido acetico (processo Monsanto);
  • è usato nell'idrogenazione asimmetrica nel processo di sintesi di L-dopa;
  • è usato, con platino e palladio, nei convertitori catalitici per automobili; etc.
Con queste poche note vi auguro di trascorrere piacevolmente questo ultimo fine settimana di luglio: non aggiungo nulla di più! 

PS: in effetti ho fatto anch'io una fine analoga a quella del povero Abelardo. Benché conservi intatta la mia integrità fisica (ci mancherebbe...), posso affermare con tranquillità che è stata "castrata" ogni possibilità di coltivare la mia passione per la Chimica e per la Catalisi in particolare, con sommo dispiacere da parte mia (e certo qualche sghignazzo malevolo da parte di altri...). Non posso far altro che leggere e informarmi sui vari progressi di questa Scienza, ma la speranza di poter tornare ad approfondirla sul piano pratico è, per me, pressoché nulla. C'est la vie.





mercoledì 27 luglio 2016

PICCOLO OMAGGIO A JOHN DALTON (1766-1844)

Il prossimo 6 settembre sarà una giornata speciale per i cultori della Storia della Chimica: ricorre il 250° anniversario della nascita di John Dalton, il padre dell'atomismo moderno.


Egli nacque nel 1766 a Eaglesfield, nel Cumberland, figlio di un tessitore e membro di una comunità di quaccheri. 

A dodici anni fu acclamato maestro di scuola del piccolo villaggio: per preparare al meglio le sue lezioni studiò la matematica e la filosofia naturale, oltre che le lingue e la Sacra Scrittura. 

Passò poi a Kendall e infine a Manchester dove, a 27 anni, divenne professore di matematica e fisica presso il New College, incarico che mantenne per tutta la vita. Morì nel 1844, il 27 luglio. Per ricordarlo RCS ha pubblicato sulla sua pagina Facebook questa inserzione (in basso i riferimenti):


Il suo interesse per la meteorologia lo portò a descrivere in modo corretto la formazione della pioggia e l'evoluzione del tempo atmosferico. 

In relazione a questi interessi, si inserì nel ricco filone di studi della Chimica Pneumatica e si occupò dei gas e delle loro proprietà. Pubblicò i suoi risultati nel 1803.


Per descrivere gli atomi e le loro combinazioni, Dalton escogitò un'originale simbologia, poi superata dalla notazione letterale di Berzelius (quella in uso ancora oggi).


Notiamo che i termini magnesia, lime, soda, potash, strontian, barytes indicano, rispettivamente, gli ossidi di magnesio, calcio, sodio, potassio, stronzio: toccherà ad autori successivi isolare gli elementi - a cominciare da Davy, con l'ausilio della corrente elettrica. 

La tavola sottostante, mia rielaborazione di un'immagine da un vecchio libro divulgativo oggi non più in commercio (purtroppo), ripercorre brevemente le tappe salienti della scoperta degli elementi.


L'opera di Dalton si inserisce tra quella di Lavoisier e quella del già citato Davy e l'ipotesi atomica costituisce una pietra miliare nell'evoluzione delle teorie intorno alla comprensione della struttura della materia. Presenta tuttavia dei limiti, in particolare:
  • manca la distinzione tra atomo e molecola, intuita successivamente da Avogadro e proposta compiutamente da Cannizzaro: Dalton ipotizzava che tutte le particelle di gas fossero monoatomiche e ciò sappiamo essere vero solo per i gas nobili (e i gas ideali);
  • l'atomo, che Dalton supponeva essere indivisibile, in realtà è costituito da particelle più piccole: gli elettroni sono carichi negativamente e sono distribuiti attorno al nucleo formato da protoni, con carica positiva, e neutroni, elettricamente neutri. Ma per giungere a questa descrizione occorrerà attendere oltre un secolo.

domenica 24 luglio 2016

Dal Carbone alla Chimica Organica

La foto sottostante mi riprende mentre tengo in mano un vasetto che contiene un campione di antracite, il più antico dei carboni fossili. 


A secondo del grado di invecchiamento, essi si distinguono in:
  • torba (carbone in formazione);
  • lignite;
  • litantrace;
  • antracite.
L'antracite è il più antico; contiene meno idrogeno residuo e mostra il potere calorifico più alto rispetto agli altri. Carbonifero è detto il periodo dell'Era primaria durante il quale sono vissute le grandi foreste che poi, attraverso una lenta degradazione della materia organica, avrebbero dato origine ai giacimenti di questo prezioso materiale, vero protagonista della Rivoluzione Industriale (e oggi di economie di Cina e Sudafrica, ad esempio).


Ma quali sono gli usi del carbone? Questa stessa domanda era proposta su di un vecchio sussidiario per la quinta classe elementare (sotto, uno scatto della pagina). 

Per rispondere, si suggeriva all'alunno di osservare le illustrazioni: la locomotiva, la stufa, il termosifone, il gazometro, le bottiglie con l'ammoniaca e l'anilina - composto necessario alla preparazione di coloranti e farmaci. 

Una domanda invita poi l'alunno di quinta elementare a ricercare cosa sia l'anilina. Oggi quasi non lo sanno più neanche gli addetti ai lavori - i quali associano il termine anilina a formule di risonanza che ne descrivano la reattività, senza sapere come si prepari il composto, come si presenti e come effettivamente sia impiegato poi.


In realtà non tutti i vari tipi di carbone hanno i medesimi usi. Ad esempio, dalla lignite, per idrogenazione, si ottengono carburanti: il Processo Bergius, messo a punto nel 1913, fornì benzina sintetica agli autocarri tedeschi durante i tragici eventi bellici del XX secolo.


Dal litantrace, per distillazione secca, si ricavano:
  • coke, usato nella siderurgia;
  • catrame, fonte di numerosi intermedi industriali (composti aromatici);
  • gas di città (un tempo usato per l'illuminazione urbana).

La copertina di questo vecchio manuale Hoepli, dedicato al catrame, riassume con un diagramma ad albero i vari prodotti ottenibili dal carbone: in particolare, lavorando i gas ottenuti per distillazione secca si ricavano ammoniaca, benzene, oli leggeri (mix di toluene e xilèni), oli medi (contenenti naftalina, piridina e fenoli), oli pesanti (da cui si ricavano antracene e fenantrene) e pece


Per raffinare i derivati del carbone e ricavarne prodotti utili (coloranti, farmaci, esplodenti, profumi, aromi, etc.) sono nate a metà Ottocento le grandi industrie chimiche: Bayer, BASF, Ciba, etc.


Nei laboratori di quelle industrie sono state approfondite le proprietà e la reattività di molte sostanze: quegli studi hanno contribuito al notevole progresso della Chimica Organica.

venerdì 22 luglio 2016

Mentolo: usi e produzione industriale.

Il mentolo, un alcol terpenico secondario contenuto nell'olio essenziale di menta, ha oggi molteplici impieghi.

 Come aroma, si utilizza nella preparazione di uno sciroppo da miscelare con acqua per ottenere una bevanda dissetante e rinfrescante. Lo sciroppo è stato utilizzato anche per alleviare la nausea, versandone alcune gocce su una zolletta di zucchero, da ingerire successivamente.

Nei prodotti di primo soccorso, esso trova impiego per produrre un effetto criogenico - come sostituto del ghiaccio vero, quando si opera in assenza di acqua e/o di elettricità.

Il mentolo rientra nella formulazione di vari prodotti farmaceutici: dai dentifrici ai balsamici, dagli antipiretici ai cerotti applicati in diverse parti del corpo (es. sui piedi) per alleviare numerosi disturbi (quest'ultimo uso è molto più frequente ed elaborato in Asia, specialmente in Giappone).

La medicina orientale impiega il mentolo per trattare indigestione, nausea, mal di gola, diarrea, raffreddore e mal di testa.

Alcuni sostenitori della teoria omeopatica ritengono che il mentolo interferisca con gli effetti dei rimedi omeopatici. Il suo utilizzo è fortemente sconsigliato per chi adotta cure omeopatiche, fino al punto di vietare l'uso del dentifricio che lo contenga o che contenga l'estratto di menta.

In chimica organica, il mentolo è utilizzato come ausiliario chirale in sintesi asimmetrica. Ad esempio, esteri sulfinati (ottenuti dalla reazione di cloruri sulfinilici e mentolo) possono essere usati per fare solfossidi enantiomericamente puri se trattati con reagenti organolitio o reattivi di Grignard.

Il mentolo è utilizzato anche per classica risoluzione di acidi carbossilici chirali, per formazione degli esteri mentilici, separazione dei diastereoisomeri e successiva idrolisi ad alcol e acido enantiopuro.

In profumeria, gli esteri mentilici sono utilizzati per sottolineare le note floreali (soprattutto di rosa).

Il mentolo è ampiamente usato in cosmetica, nel confezionamento di alcuni prodotti di bellezza.


PRODUZIONE INDUSTRIALE DEL MENTOLO

Il mentolo, che come si è visto è assai presente nella formulazione di farmaci, cosmetici e come aroma in bevande e alimenti, è oggi prodotto in generose quantità grazie al progresso della chimica industriale.

Il processo Haarmann-Reimer è il più antico e muove da meta-cresolo e propilene: per alchilazione si ottiene il timolo, il quale è idrogenato a una miscela di isomeri del mentolo, purificata poi per ottenere il prodotto voluto.


Il processo Takasago parte da mircene e sfrutta un catalizzatore, ispirato a un composto studiato dal premio Nobel giapponese Noyori. Esso, a un certo punto della sequenza di reazioni, permette un'isomerizzazione dell'intermedio a citronellale, seguita da una ciclizzazione: il reagente (lineare) di partenza, si chiude a formare l'anello dell'isopulegolo, idrogenato poi a mentolo.


Nel giugno del 2010, la BASF annunciò che entro il 2012 avrebbe completato la costruzione del più grande impianto al mondo per la sintesi del mentolo a partire dal nerolo.

Il nerolo si ottiene purificando il citrolo (una mistura di nerolo e geraniolo); successivamente è idrogenato selettivamente in citronellolo, quindi in isopulegolo e infine in mentolo.


Anche il geraniolo può essere trasformato in citronellolo e quindi in isopulegolo e in mentolo, secondo quanto mostrato da Heydrich e altri nel 2009, con l'impiego di un opportuno catalizzatore. Una reazione simile può essere condotta sulle rispettive aldeidi (schema 2): geraniale e neràle.


La cosa interessante è che il catalizzatore che idrogena il neràle a citronellale è (semplificando) l'immagine speculare di quello che idrogena il geraniale a citronellale: come dire, la mano destra lavora il nerale e la mano sinistra lavora il geraniale, al fine di ottenere da entrambi il citronellale (e quindi il citronellolo, l'isopulegolo e, alla fine, il mentolo). Tale catalizzatore è a base di rodio ed è modellato sul catalizzatore di Wilkinson, coordinato da un'opportuna fosfina chiamata Chirophos

giovedì 21 luglio 2016

Consigli (altrui) ed errori (miei)


Fissare il pallone sperando che qualcosa miracolosamente accada: è il nome della pagina di un noto social network dalla quale ho tratto i seguenti consigli per aspiranti tirocinanti (magistrali) e dottorandi. 

Questi consigli per me arrivano assai tardi e anche se li avessi letti prima, avrei forse fatto comunque lo stesso tragico errore di cui mi pento amaramente, visto che mi sono precluso (e per sempre) qualsiasi speranza di poter approfondire ulteriormente la mia passione per la Chimica e la Catalisi omogenea in particolare. 

Senza PhD non si va da nessuna parte in quest'ambito e la possibilità di farlo me la sono preclusa per sempre anche a causa di una tesi magistrale "sbagliata" (oltre che del momento pessimo, della mia età avanzata, degli scarsi appoggi politici... forse anche del mio percorso formativo, condotto per un tratto significativo in un contesto cattolico - sebbene non sia un religioso e non abbia mai fatto lo scout, l'Azione Cattolica o il ciellino e non sia mai andato alle GMG o alle marce per la pace).

Quando dovete scegliere con chi fare la tesi o il dottorato (specialmente il dottorato), non andate dal vostro Prof. preferito, con le idee che sembrano più fighe, o da quello che ha il gruppo simpatico, che il venerdì sera si ritrovano tutti al bar insieme. 

Andate dal Professore che pubblica di più e su giornali migliori. Questo sembrerà scontato, ma per esperienza non lo è affatto. 

Il Prof. che pubblica di più è quello che avrà più soldi, ed inoltre pubblicherà papers col vostro nome, cosa essenziale per una futura carriera. 

Più soldi vuol dire condizioni di lavoro migliori, più apparecchiature, più libertà, più spazio, dover faticare meno per poter portare avanti il proprio lavoro. 

Il dottorato sarà duro e stressante comunque, avere un Prof. simpatico o qualche amico nel gruppo di ricerca, a lungo termine non faranno la differenza. 

Poter lavorare serenamente, senza spendere 70% del proprio tempo a riciclare, aggiustare, pulire, dividersi le cose, la farà. 

E pubblicare papers farà la differenza per il futuro. Preoccupatevene prima, perché poi è troppo tardi.

Come ho premesso nel cappello introduttivo, per me era (ed è) troppo tardi. Fate tesoro dei consigli (che ho riportato fedelmente dal web) e degli errori (miei, in questo caso). 

In bocca al lupo!

mc

domenica 17 luglio 2016

Curiosità sul Nichel

Il nichel è un metallo bianco lucente, noto per i fenomeni di sensibilizzazione cutanea e per le reazioni allergiche. Probabilmente è noto all’uomo da secoli, utilizzato in lega con altri metalli. Kupfernickel (falso rame) era il nome dato dai minatori tedeschi ad alcuni minerali che sembravano contenere rame – dai quali invece il barone svedese Axel Cronstedt (1722-1765) ricavò il nuovo metallo nel 1751.



Assieme al ferro, il nichel compone probabilmente il nucleo della Terra (Nife). Non si trova in natura allo stato libero ma associato a numerosi altri minerali; in particolare, si trova nella crosta terrestre sottoforma di solfuri, dai quali si ricava per arrostimento a ossido e successiva riduzione.

L’affinamento del nichel grezzo può avvenire per via elettrolitica oppure può sfruttare la capacità dell’elemento di combinarsi già a temperatura ambiente con il monossido di carbonio a dare nichel tetracarbonile, un liquido volatile (e assai velenoso) che può essere distillato e decomposto ad alta temperatura a Ni e CO.

Ni + 4CO = Ni(CO)4

La reazione fu osservata nel 1890 da Ludwig Mond (1839-1909), chimico ed industriale inglese di origini tedesche, che la sfruttò su grande scala. 

Allievo di Bunsen, Mond si interessò ad applicazioni pratiche della chimica: inizialmente risolse alcuni problemi legati alla produzione della soda da bucato, poi si interessò di metallurgia, legando il suo nome al Processo Mond per la purificazione del nichel, così schematizzabile;
  •       reazione del metallo grezzo con CO;
  •        distillazione del nichel tetracarbonile;
  •     decomposizione del nichel tetracarbonile a nichel (prodotto voluto) e CO (riciclato).


Amante dell’arte, Ludwig Mond svernava a Roma in Palazzo Zuccari, dove raccolse molte opere dei maestri del Rinascimento, tra cui la Crocifissione Mond di Raffaello – che fu donata alla National Gallery di Londra dopo la sua morte.


Il nichel metallico si presenta come un solido polverulento grigio inodore. Il nichel in polvere è difficilmente solubile in acido solforico ma è facilmente attaccato dall'acido nitrico, che lo porta in soluzione come catione bivalente.  


Con molti leganti forma complessi colorati molto belli (gustatevi il video, ma non i cocktails). In particolare, a pH basico, il catione Ni2+ forma un complesso con la dimetilgliossima dal caratteristico color lampone, sfruttato in analisi per riconoscere il metallo in soluzione.


Il nichel in polvere è utilizzato:
  • -       nella metallurgia delle polveri;
  • -       in saldatura;
  • -       nella preparazione dei magneti (è un elemento ferromagnetico);
  • -       come catalizzatore in numerose reazioni chimiche.
Il nichel è un importante catalizzatore di idrogenazione, usato nella sintesi della margarina, dell’anilina e di altri composti. 

Nel 1924 Murray Raney mise a punto un catalizzatore di nichel in forma di polvere finissima, conosciuto come nichel Raney, un catalizzatore eterogeneo costituito da una lega di nichel e alluminio in grani finissimi, attivato per trattamento con soda caustica.

Catalizzatori a base di nichel sono usati per l’oligomerizzazione dell’etilene (processo SHOP) e per l’idrocianazione delle olefine.

Il nichel è importante per la fabbricazione di leghe:
  • con il ferro (acciai speciali);
  • con l’oro (oro bianco; anche se oggi è sostituito dal palladio, che non dà fenomeni di sensibilizzazione);
  • con i metalli da conio, al fine di ricavare monete (es. nichelino negli USA e monete da 1 e 2 euro) e medaglie.
Il nichel è usato nella costruzione di accumulatori (batterie al nichel-cadmio).


giovedì 14 luglio 2016

FUNGICIDI "DISSIMMETRICI"

Nel blog Chimicamo (clikkate per aprire la pagina) potete leggere un interessante approfondimento sui fungicidi - che certamente ci interesseranno dopo questi giorni di pioggia incessante. L'eccessiva umidità mista all'abbassamento delle temperature (almeno qui, dove abito io, è così) favorisce infatti il proliferare sulle nostre piante di malattie da miceti.


Ecco, sopra, l'aspetto di una foglia di pomodoro infestata da peronospora (phytophora infèstans); oppure il mal bianco (oidio) sulle foglie del lauroceraso.



Oltre alle molecole citate nell'articolo, per combattere le parassitosi da funghi sono usati lo zolfo e i sali di rame (solfato, ossicloruro); composti organici del mercurio o dello stagno (ma tossici anche per l'uomo); ditiocarbammati, ottenuti per reazione di ammine con il solfuro di carbonio e complessati con vari metalli: zinco (Zineb), manganese (Maneb) e altri ancora.

Mefenoxam, citato verso la conclusione dell'articolo linkato in apertura, è noto anche come MetalaxylAnche per questa molecola è stata tentata dalla Syngenta una ricerca per aumentare la purezza ottica via catalisi asimmetrica - cercando di conseguire il medesimo successo ottenuto per l'erbicida Metolachlor, da me ricordato nel post precedente.


Immagine tratta da una presentazione del corso
Metodologie catalitiche innovative
del prof. S. Paganelli (Venezia, AA. 2011-2012)

(R)-metalaxyl è prodotto via idrogenazione asimmetrica dell'enammide (3) da Syngenta fin dal 1999 e commerciato come Ridomìl Gold.


In tempi recenti è stata proposta anche una sintesi via idrogenazione asimmetrica dell'immìna (derivata dalla condensazione della 2,6-dimetilanilina con il piruvàto di metile) e successiva reazione con il cloruro dell'acido metossiacetico.


QUIQUI e QUI qualche riferimento bibliografico - tutti di ricercatori cinesi, che hanno usato come legante il Binaphane, una combinazione del Binap con le ferrocenil-di-fosfine.

Analogamente, anche per il fungicida Clozylacon, attivo contro gli oomiceti, sono state studiate strategie di sintesi al fine di ottenere un prodotto enantioarricchito: buoni sono i risultati conseguiti in laboratorio, ma le strade individuate non hanno trovato invece un'applicazione su larga scala.


martedì 12 luglio 2016

Metolachlor: un successo che compie vent'anni.

Ricordando Seveso, nel post precedente, accennavo al fatto che il triclorofenolo prodotto nello stabilimento di Meda era necessario alla sintesi di un erbicida - l'acido 2,4,5-triclorofenossiacetico o 2,4,5-T.

In questo post voglio ricordare invece la storia della sintesi di un altro erbicida: il metolachlor, principio attivo del Dual Magnum, utilizzato particolarmente nelle colture di mais in quella zona degli USA nota come Corn - Belt, che abbraccia Iowa, Illinois, Nebraska, Minnesota e parti di altri stati. La figura mostra la diffusione dell'erbicida proprio nelle zone interessate dalle coltivazioni di mais.

L'attività biologica del metolachlor è descritta agli inizi degli anni Settanta; la decisione di svilupparne la produzione risale al 1973 (anno in cui fu depositato il brevetto) e l'anno successivo sono state sintetizzati i primi 100 Kg di prodotto. Dopo alcune verifiche in un impianto pilota con un reattore da 4000 litri, nel 1978 è entrato in funzione un impianto dalla capacità produttiva di oltre 10.000 tonnellate annue. 
La sintesi parte da un'anilina (con sostituente metile ed etile in posizione orto rispetto all'azoto) e gli step comprendono:
  1. condensazione dell'anilina con metossiacetone per ottenere l'immìna corrispondente;
  2. idrogenazione dell'immìna per ottenere una miscela di isomeri (R e S) di un'anilina N-alchilata (i passaggi 1 e 2 costituiscono un classico esempio di amminaziòne riduttiva); 
  3. reazione dell'anilina N-alchilata con il cloruro dell'acido cloroacetico per ottenere il metolachlor.

Tuttavia, gli studi su questa molecola continuano. Il metolachlor è prodotto come miscela di isomeri ottici: alcuni studi, risalenti agli inizi degli anni Ottanta, evidenziano che solo l'isomero S è biologicamente attivo.


Tra il 1981 e il 1983 si tenta di migliorare la sintesi al fine di ottenere prevalentemente l'isomero S: i risultati conseguiti sono insoddisfacenti. Sintetizzare solo l'isomero attivo significa da un lato evitare inutile spreco di energia e di materiale ad alto valore aggiunto sotto forma di molecole inefficaci (isomero R); dall'altro, evitare di spargere nell'ambiente sostanze che potrebbero rivelarsi dannose per gli animali e l'uomo. Sembra infatti che il metolachlor induca un effetto genotossico e citotossico nei linfociti umani (leggete QUI per saperne di più).

Al 1985 risale il primo tentativo di ottenere l'isomero S tramite un'idrogenazione asimmetrica di un'immina pro-chirale (passaggio chiave). 


Tale idrogenazione è catalizzata da un complesso di rodio con una fosfina ad hoc: la reazione è pensata assumendo come modello il processo Monsanto messo a punto da Knowles vent'anni prima per la sintesi di L-DOPA. I risultati ottenuti sono incoraggianti, ma il punto di svolta arriva nel 1987 grazie a Crabtree, che scopre un catalizzatore a base di iridio, molto più attivo del rodio. Il catalizzatore a base di iridio è tuttavia interessato da problemi di disattivazione.

Quindi, ricapitolando: 
  • il rodio funziona ma l'attività è media; 
  • l'iridio funziona meglio ma si disattiva. Che fare?

Nel 1992, Togni mette a a punto di nuovi leganti fosfinici basati sul ferrocene, che forma con l'iridio complessi più stabili di quelli usati finora per l'idrogenazione catalitica del legame C=N. 


Nel 1993 decadono i diritti sul brevetto depositato nel 1973: gli studi per una sintesi esplorativa in un impianto pilota si fanno più intensi e giungono, nel 1995, alla sintesi delle prime 300 tonnellate di metolachlor arricchito in isomero S.


Dal 1996 è attivo l'impianto su grande scala che produce oltre 10.000 tonnellate annue di erbicida enantioarricchito. 


2016. Vent'anni sono passati e la storia di questo successo della catalisi enantioselettiva è un modello da studiare - complice anche il fatto che gli autori di tali studi hanno curato molti testi specialistici sull'argomento. Essi - Pugin, Blaser, Spindler, Jalett - sono tutti dipendenti della Ciba - Geigy, poi Novartis e infine Solvias, storica industria chimica di Basilea nata per fabbricare coloranti, quindi farmaci e agrofarmaci.



L'immagine di copertina della prima edizione del testo di Blaser riproduce l'impianto della Syngenta dove è fabbricato il metolachlor e l'equazione dello step chiave descritto in questo post, l'idrogenazione asimmetrica del legame C=N.

sabato 9 luglio 2016

40 ANNI FA: SEVESO.

Quarant'anni fa, a Seveso, è accaduto uno dei più gravi incidenti della storia nell'Industria chimica. La causa: un errore umano. La sostanza incriminata: è famosa con il nome diossina, anche se il suo vero nome è più complesso.


La storia di questo incidente è stata da me raccontata nel corso di alcuni incontri divulgativi all'Università Popolare AUSER e all'Università degli Anziani - Adulti della mia città, tenutisi nei mesi scorsi. 


Oltre a Seveso ho raccontato anche l'incidente di Manfredonia, che ha chiuso l'estate del 1976 - un anno davvero triste per l'Italia, colpita anche dal disastroso terremoto di Gemona oltre che da questi due infausti eventi.

Ecco il riassunto della lezione che ho proposto: un click col mouse per ingrandire e leggere. Inizio il testo con un termine improprio (esplosione), usato anche dai giornali del tempo. In realtà, più propriamente, si sarebbe dovuto parlare di fuoriuscita del contenuto di un reattore fuori controllo.




giovedì 7 luglio 2016

La fosfina di cantautori, poeti e videomaker un po' gothic

Solo la morte m'ha portato in collina
un corpo tra i tanti a dar fosforo all'aria
per bivacchi di fuochi che dicono fatui
che non lasciano cenere, non sciolgòn la brina.

Così Fabrizio De André iniziava la sua canzone "Un chimico", ispirata a Trainor il farmacista de "L'antologia di Spoon River" di E. L. Masters.
Il cantautore ligure richiama un fenomeno, quello dei fuochi fatui, che vede coinvolto un composto del fosforo con l'idrogeno, chiamato fosfina. In realtà il fosforo combinandosi con l'idrogeno dà luogo a più di un composto: il più noto è il gas PH3 (analogo dell'ammoniaca) ma i fuochi fatui sono dovuti piuttosto a P2H4 (analogo dell'idrazina). Il primo composto è denominato fosfina (o fosfàno); il secondo, fosfina liquida.
L'apparecchio per preparare questi composti in laboratorio è descritto nella figura sottostante; il metodo è raccontato da Alberto Cavaliere, il chimico - poeta, nei versi riportati sotto. La migliore realizzazione filmica della reazione (tra fosforo bianco e idrossido di sodio) si ha nel video che chiude questo breve post. Tutto da lodare e non imitare: fosforo bianco e fosfine sono mortali. Forse l'esperimento sbagliato durante il quale è morto il chimico di De André coinvolgeva tali sostanze?




Se all'acqua uniscesi
e si combina
fosfuro calcico,
s'ha la fosfina;

ma questo metodo
l'altro sorprassa:
si scioglie il fosforo
nella potassa.

Così l'idrogeno
s'ha fosforato:
è un gas venefico
d'odor non grato;

e sviluppandosi,
esso produce
man mano un piccolo
scoppio, una luce,

mentre un'aureola
di fumo, uguale,
bianca, allargandosi
per l'aria sale.

E' un gas solubile
difficilmente
molto accensibile
e riducente.
Solido e liquido
esso ancor è;
del gas la formula
è PH3.

Si suole svolgere
pure dall'ossa
che si scompongono
dentro la fossa

(mai la materia
non ha riposo)
onde il fenomeno
misterioso

dei fuochi fatui
nei camposanti:
volgare chimica,
mentre ai passanti

sembran, quei rapidi
strani bagliori,
postumi aneliti
d'umani cuori!


Nel video (un po' gòthic per l'ambientazione) è realizzata la preparazione della fosfina secondo un metodo già noto ai proto-chimici del Settecento, ovvero riscaldando il fosforo (scoperto nel 1669 da Brandt) con una base.


TRIFENILFOSFINA. Sostituendo a ciascuno dei tre atomi di idrogeno della fosfina altrettante catene di atomi di carbonio si descrive un’ampia famiglia di composti, detti genericamente fosfine. Il più noto di essi è rappresentato come Ph3P e corrisponde alla trifenilfosfina. 

Ph3P esiste a temperatura ambiente sotto forma di cristalli stabili all'aria, incolori. Si scioglie in solventi organici non polari come il benzene e dietiletere.

Ph3P subisce lenta ossidazione da parte dell'aria a dare il trifenilfosfinossido, Ph3P=O. Questa impurezza può essere rimossa tramite ricristallizzazione della Ph3P da etanolo caldo oppure da isopropanolo caldo.

Negli anni recenti Ph3P ha ricevuto un'attenzione crescente quale reagente versatile e blando in molte occasioni per diverse reazioni organiche in condizioni neutre. Le proprietà che suggeriscono il suo uso sono la sua nucleofilicità e il suo carattere riducente.

La nucleofilicità della Ph3P è indicata dalla sua reattività nei confronti di alcheni elettrofili come gli accettori di Michael (del tipo EWG-C=C) e gli alogenuri alchilici (R-X, con cui dà sali di fosfonio, del tipo: Ph3P+-R X-: dai sali di fosfonio, per trattamento con basi, si preparano le ilidi - reagenti per la reazione di Wittig, che permette di ottenere alcheni da aldeidi).


La Ph3P lega bene la maggior parte dei metalli di transizione, specialmente quei metalli che appartengono alla middle e late transition dei gruppi 7–10.

Con il rodio, Ph3P forma complessi usati come catalizzatori nelle reazioni di idrogenazione (catalizzatore di Wilkinson) e di idroformilazione.

Con il palladio, essa forma invece i catalizzatori utili nelle reazioni di coupling, importanti e moderne tecniche per formare legami C-C (che hanno valso il premio Nobel per la chimica a Heck e compagni, assegnato loro nel 2010): tali catalizzatori furono sintetizzati per la prima volta dal chimico italiano Lamberto Malatesta all'università di Milano.