Una
reazione di coupling ha per scopo la formazione di legami tra atomi di carbonio (legami C-C).
La
reazione è catalizzata da un complesso metallico: le tecniche più note usano complessi zero-valenti di palladio, ma all'uopo sono state messe a punto reazioni che usano anche altri metalli. Alcune risalgono al metà Ottocento, altre (la maggior parte) al Secondo Dopoguerra.
Da studente, in laboratorio, avevo realizzato (con i miei compagni) una reazione di coupling tra il bromuro di allile (nel pallone) e un reattivo di
Grignard in soluzione eterea.
Ar-Mg-I
+ Br-CH2-CH=CH2
-> Ar-CH2-CH=CH2
La
soluzione di Ar-Mg-I è stata fatta gocciolare a poco a poco nella miscela di reazione, tenuta
sotto costante atmosfera di azoto, per preservarla dall'umidità e
dall'ossigeno.
La
reazione da noi effettuata è nota anche come Coupling di Kumada, descritta per la prima volta nel 1972 da Makoto
Kumada e da Robert Corriu, che hanno lavorato indipendentemente l'uno
dall'altro.
Storicamente,
questa reazione è uno dei primi coupling
catalizzati mai realizzati: come catalizzatori si usano composti di
palladio oppure di nichel.
In
particolare, l'impiego di nichel
derivati con reattivi di Grignard e alogenuri vinilici o arilici fornisce
una via economica impiegabile, entro certi limiti, anche su scala industriale.
Un
esempio è la produzione su scala industriale di derivati dello stirene; la
reazione di Kumada è spesso la via scelta per la sintesi a basso costo di
biarili asimmetrici.
Altre
applicazioni si hanno nell'industria farmaceutica (sintesi dell'Aliskiren, un anti-ipertensivo) e nella
sintesi di polimeri conduttori
(politiofeni).
Il
vantaggio di questa reazione è l'impiego diretto dei reattivi di Grignard,
che evita stadi di reazione aggiuntivi - come ad esempio la conversione dei
derivati di organomagnesio a composti dello zinco (usati nella reazione di Negishi).
Le
prime indagini l'accoppiamento catalitico di reagenti di Grignard con alogenuri
organici risalgono al 1941, con composti del cobalto come catalizzatori.
Nel
1971, Tamura e Kochi elaborarono questo lavoro in una serie di pubblicazioni per
dimostrare la sostenibilità di catalizzatori a base di argento, rame e ferro. Tuttavia,
questi primi approcci hanno mostrato
scarse rese: perdite di prodotto
cospicue erano dovute alla formazione di prodotti
homocoupling, in cui sono accoppiate due specie identiche.
Questi
sforzi culminarono nel 1972, quando i gruppi Corriu e Kumada hanno
contemporaneamente riportato l'uso di catalizzatori
contenenti nichel.
Con
l'introduzione di catalizzatori a base
di palladio nel 1975 dal gruppo Murahashi, la portata della reazione è stata
ulteriormente ampliata.
In
seguito, sono state sviluppate molte tecniche di accoppiamento addizionali, e
la storia, già accennata, culmina con l'assegnazione del Premio Nobel per la
Chimica nel 2010, riconosciuto a Ei-ichi Negishi, Akira Suzuki e Richard F.
Heck per il loro importante contributo.
Le reazioni approfondite da questi scienziati hanno numerose applicazioni sintetiche,
soprattutto nella preparazione di molecole organiche complesse, come quelle dei
farmaci o quelle che mimano composti naturali.
Schematizzando, siano R1 un arile (C6H5-),
un benzile (C6H5-CH2-) o un vinile (CH2=CH-)
sostituiti da un alogeno X (bromo o iodio). Essi reagiscono in presenza di palladio (Pd) e di una
base (che salifica l'acido alogenidrico HX formantesi, il quale altrimenti
rimarrebbe coordinato al palladio).
Reazione di Heck
R1-X
+ CH2=CH-R2 -> R1-CH=CH-R2 +
base-HX
Reazione di
Suzuki (con derivati del boro)
R1-X
+ R2-CH=CH-B(OH)2 -> R2-CH=CH-R1
A queste reazioni di coupling se ne aggiungono oggi
molte altre, e usano derivati di zinco (Negishi), di rame, di stagno (Stille), etc; oppure alchini
al posto dei substrati vinilici (Sonogashira).
La storia ufficiale inizia negli anni Settanta,
allorquando Tsutomu Mizoroki descrisse la sintesi dello stilbene per reazione
dello iodobenzene con lo stirene:
C6H5-I
+ C6H5-CH=CH2 ----> C6H5-CH=CH-C6H5
Le ricerche furono proseguite da Heck che sintetizzò
prima lo stilbene migliorando le condizioni di reazione e poi realizzò anche la
sintesi dell'estere metilico dell'acido cinnamico:
C6H5-Br
+ CH2=CH-COO-CH3 -> C6H5-CH=CH-COO-CH3
La storia di questi studi in realtà nasce molto prima,
in Italia, in un laboratorio di Milano, perché il catalizzatore a base di
palladio, ottenuto facendo reagire l'acetato o il cloruro con il legante
fosfinico e usato per le sintesi, fu preparato per la prima volta da
Lamberto Malatesta.
Lo ricorda il professor Renato Ugo, suo allievo, in
un'intervista sul Sole 24 Ore a firma di Lara Ricci, uscita ai tempi
dell'annuncio dell'assegnazione del Nobel: «Il catalizzatore della reazione di
Heck e Suzuki, il composto di palladio zero valente, è stato scoperto nel 1957
da un chimico italiano, il mio professore Lamberto Malatesta, all'Università di
Milano. Malatesta è morto un paio di anni fa, e quando ho fatto delle ricerche
per ricordarne la figura all'Accademia dei Lincei, trentuno anni dopo che aveva
individuato questo composto senza sapere che fosse un catalizzatore, c'erano
ancora centinaia di citazioni del suo lavoro, e più di cento brevetti a esso
collegati. Heck e Suzuki sono venuti a Milano, e anche all'Istituto Donegani di
Novara. Negli anni Settanta, Gian Paolo Chiusoli, ora professore all'Università
di Parma, e Luigi Cassar, consulente, lavoravano su temi analoghi, tanto che alcune
reazioni sono citate in certi testi come "di Heck-Cassar"».
Luigi Cassar, sempre nello stesso articolo del Sole 24
ore, dice infatti: «Conosco bene Heck. Abbiamo pubblicato alcuni studi assieme,
lo invitai a Novara a fare delle conferenze, lui mi invitò a Delaware. Poi le
nostre strade si sono divise: mentre lui proseguiva nello stesso campo di
ricerca, applicando le stesse tecniche a substrati diversi, io ho continuato a
lavorare nell'industria, e dunque in funzione degli obiettivi dell'azienda, non
dei miei. Ho lasciato la chimica quando la chimica italiana è stata distrutta».
Il tramonto della chimica italiana coincide forse con
la fine della Montedison? Stefano Righi, geniale giornalista, racconta tutto
questo in "Reazione chimica", da poco uscito in libreria.
Ci riporta all'estate 1986 (trent'anni fa): una delle più grandi
imprese italiane dell'epoca, la Montedison, un colosso che fatturava sette mila
miliardi di lire (oltre tre miliardi e mezzo di euro), sta per lanciarsi
nell'acquisizione di una grande società farmaceutica americana, quotata a Wall
Street. Ne possiede già, segretamente, quasi il cinque per cento ed è pronta
per il grande balzo. I soldi ci sono, anche l'accordo con il management della
società da acquisire, la Revlon Pharma e con chi dovrà vendere il pacchetto più
consistente di azioni, il colosso chimico Du Pont. Tutto è pronto. È
l'Operazione Rex, com'è chiamata in codice negli uffici milanesi di Foro
Bonaparte. Ma al momento di lanciare l'attacco, il presidente di
Montedison, Mario Schimberni, decide di cambiare obiettivo e sorprendendo tutti
acquisisce la maggioranza della Fondiaria Assicurazioni di Firenze. Sarà
l'inizio della sua fine.
Come in una spy-story emerge un nuovo retroscena in
una delle vicende più calde della finanza tricolore. Sullo sfondo l'Italia
di Giovanni Agnelli ed Enrico Cuccia, di Carlo De Benedetti e di Raul Gardini.
Sono i protagonisti di allora a raccontare i dettagli di una acquisizione che
avrebbe potuto cambiare il senso della storia industriale italiana.
In particolare è di nuovo Renato Ugo, il professore di
chimica (quindi tecnico e non finanziere) che dalla costituzione e fino al 1988
è stato membro del Comitato di direzione della Montedison, a narrare gli eventi
che hanno portato alla morte quel colosso industriale, detentore del primato
mondiale del polipropilene isotattico, scoperto da Natta trent'anni prima degli eventi narrati.
La multinazionale contava, accanto a importanti siti
produttivi sparsi per tutta la penisola, oltre 4000 ricercatori: un patrimonio
intellettuale inutilmente disperso con la sua fine, le cui fatiche sono state
ampiamente raccolte e sfruttate brillantemente altrove.