martedì 31 luglio 2018

QUANDO ???


Non voglio perdere tempo a lamentarmi del caldo (è la sua stagione), ma preferisco ricordare il mio amore per il freddo. Non più di 18°C, non meno di 12°C e vivo felice e beato.

In questi giorni soffro molto sul piano fisico, sono assai irritabile e non riesco a tenere a bada pensieri negativi e brutti ricordi, in particolare legati al mondo della scuola, dell'università e di alcuni personaggi che ho incontrato ed evocato nella mente alla stregua di spiriti del male - di cui ho tuttavia bisogno quali esempi da non imitare.

Posso sperare che tutto questo passi presto? Non credo tanto facilmente. Almeno il caldo non durerà a lungo: pioggia d'agosto rinfresca il bosco... e qua la pioggia non stenta ad arrivare! E spero anche la neve, prima o poi: tanto la spalano gli altri, altrimenti prima o poi si fonderà.


 

lunedì 30 luglio 2018

COROLLARI ALLA MEDIOCRAZIA



Sotto i nostri occhi, in silenzio, si è compiuta una "rivoluzione anestetizzante" e noi non ce ne siamo accorti: la "mediocrazia" ci ha travolti. I mediocri hanno raggiunto i vertici della società contemporanea e stanno costruendo una schiera di seguaci del tutto simili a loro. 

"Non c’è stata nessuna presa della Bastiglia", dice Alain Deneualt, docente di Scienze Politiche presso l’Università di Montréal, "niente di comparabile all’incendio del Reichstag. Tuttavia, l’assalto è stato lanciato ed è stato un successo: i mediocri hanno preso il potere". 

Ma chi sono, questi uomini senza qualità? E come hanno fatto ad arrivare così in alto? La colpa è nostra. Ci siamo posizionati ai margini di ogni dibattito culturale e politico, con il timore di disturbare o, peggio ancora, di turbare l’ordine economico e sociale. E così la società si è standardizzata. La "media" è diventata la norma. E la "mediocrità" è divenuto il nuovo modello da seguire, una nuova categoria che si colloca tra i supercompetenti e gli incompetenti. 

Quali competenze possiede un mediocre? Prima di tutto deve "giocare il gioco", dice Deneault. Cioè deve accettare i piccoli compromessi che servono a raggiungere obiettivi di breve termine. Sottomettersi a regole sottaciute, magari chiudendo un occhio. E dimostrare fedeltà verso qualcuno. In una parola, devono apparire "affidabili e rassicuranti". Solo così otterranno un migliore posizionamento sullo scacchiere sociale. 

Con una prosa brillante, ben documentata e ironica, Alain Deneault ci indica una strada con cui opporsi alla mediocrità della società: dire di no ai compromessi e ai patti di convenienza. Un testo che riflette sulla morte della politica, sostituita negli anni Ottanta dalla "governance thatcheriana", sull’ossessione moderna del "problem solving" e su una nuova fase della società moderna in cui gli uomini ormai si distinguono solo in clienti e consumatori.

(dal sito: La Feltrinelli)



"Mediocri, ovunque voi siate: io vi assolvo"

(scena finale dal film: Amadeus, di M. Forman)

sabato 28 luglio 2018

ECLISSI DI LUNA

Ho avuto il piacere di ammirare l'eclissi totale di Luna "del secolo" (come è stata definita dai giornali con i soliti titoloni altisonanti) in compagnia di Nicola, chimico di professione e fotografo per passione. L'infografica, presa da internet (in basso a sinistra il riferimento sitografico), spiega l'evoluzione del fenomeno.


Per godere di una vista indisturbata, siamo saliti al Rifugio Carota e abbiamo predisposto le nostre attrezzature. I limiti di queste (e del "soramanego" per quanto mi riguarda) hanno impedito di realizzare un reportage da National Geographic: tuttavia vi partecipo qualche modesto scatto (una scusa per passare una serata a far due chiacchiere). 

Ecco quel che si vede da lassù: verso est, i monti che abbracciano l'Alpago...


... verso sud, la sella del Fadalto, il Col Visentin e, tutto a sinistra, il profilo dei Coi de Pera ...


... verso ovest, la punta del Serva (a destra nella foto sottostante). Al centro dell'immagine, il puntino risplendente è Venere, che si mostra subito dopo il tramonto, quando le luci del dì cominciano a smorzare.


Bisogna prepararsi al momento in cui entrerà in scena la protagonista della magica serata: ecco Nicola alle prese con cavalletto e obiettivo.


Ad est spunta la Luna, visibile a sinistra, che dialoga con Giove (il punto luminoso in alto a destra).


Al culmine dell'eclissi, il nostro satellite naturale si tinge di un color sanguigno.


Facendo un passo indietro e sbirciando in basso, notiamo Marte brillare accanto alla Luna: vedendo ciò, gli antichi avrebbero interpretato questo segno del cielo come un presagio di guerra...


Uscita dal cono d'ombra della Terra, al termine dello spettacolo, la Luna piena torna a splendere in cielo, nascondendosi dietro una coltre di nubi; giocando con la foschia, restituisce una luce diffusa che riempie il cielo, nasconde le stelle ma non Marte, ancora ben visibile in basso rispetto alla Luna.


Alla prossima (e perdonate la pessima qualità delle foto... ma come il minestrone si fa con ciò che si ha in casa, così devo accontentarmi, almeno per questa volta).

mc



Chiari di luna nella pittura - musica di L. van Beethoven



venerdì 27 luglio 2018

Piccole cose...

Ieri sera, alzando gli occhi dai libri e il fondoschiena dalla sedia, me ne sono andato in cortile a godere il tramonto. Per studiare e scrivere c'è tutta la notte, per contemplare le luci del dì che si smorzano e cedono il posto alla sera ci sono solo pochi minuti. Ho fermato una frazione di questi minuti in uno scatto, questo.


Poi mi volto e noto un piccolo particolare che ho ritenuto degno di essere fermato: la fioritura degli agapantus e le luci della sera riflesse dai vetri della bussola di casa. 
C'è poco da fare: aveva ragione Cicerone quando affermava che nulla manca all'uomo il quale possiede una biblioteca vicina al giardino...


Si hortum in bibliotheca habes, deerit nihil. 
(Epistolae ad familiares, IX, 4 - a Varrone)

sabato 21 luglio 2018

IL CYP 450 TRA REALTA' E FANTASIA

A partire dagli anni Novanta anche la televisione italiana ha cominciato a trasmettere la fortunata serie ideata dal francese Albert Barillé nel 1987, destinata ai bambini in età scolare e dedicata all'anatomia, ripresa in un'iniziativa editoriale dalla De Agostini dal titolo "Esplorando il corpo umano" - di cui conservo ancora tutta la prima edizione, compreso il modellino anatomico in plastica. 

Ripensandoci dopo qualche anno ((una trentina...) forse potremmo valutare meno felice la scelta del titolo "Siamo fatti così" per il cartone animato trasmesso sul piccolo schermo, specie guardando questi due personaggi (... fatti così!) e le loro gesta non proprio all'insegna della salute.

Siamo fatti così...

Al di là dei canali scelti per divulgare l'opera, voglio ricordare oggi un'episodio del cartone animato: guerra ai microbi. La denominazione è fuorviante e oggi viene chiamato in modo più aderente all'originale francese: guerra alle tossine (guerre aux toxines: che bella la lingua francese, devo cominciare a studiarla seriamente). 

Nell'episodio non si parla infatti di microbi (termine introdotto dal chirurgo francese Charles Sedillot nel 1878 per indicare gli esseri viventi monocellulari o pluricellulari non visibili ad occhio nudo, alcuni dei quali erano ritenuti, da Pasteur, quali responsabili delle malattie) ma di sostanze inquinanti introdotte nell'organismo attraverso la ventilazione polmonare. 

Com'è noto, noi (e tutti i vertebrati che vivono in ambiente terrestre) inspiriamo l'aria attraverso il naso, dove le ciglia e il muco trattengono polveri; attraversando la cavità nasale, l'aria si riscalda e prosegue il suo viaggio attraverso faringe, laringe, trachea, bronchi per giungere nei polmoni. All'interno dei polmoni, presso gli alveoli, avvengono gli scambi gassosi: il sangue cede l'anidride carbonica e assorbe l'ossigeno, che si lega all'emoglobina (proteina di cui avevo accennato qualcosa QUI).


Il fumo di sigaretta, anziché passare per il naso, entra per la bocca e prosegue attraverso la gola, la trachea e i bronchi fino agli alveoli. Tra le migliaia di sostanze nocive che contiene, c'è il benzopirene, la cui formula di struttura è la seguente:


Il benzopirene si trova anche nei gas di scarico dei veicoli a motore, nei fumi degli impianti di riscaldamento domestico (soprattutto se come combustibile si usa il legno); si trova nel catrame e nel bitume per le asfaltature stradali e anche negli alimenti bruciaticci (in quel nero che in Veneto chiamiamo brustolìn...), come la crosta della pizza o la carne grigliata. E' stato tra i primi composti aromatici ad essere individuato come sicuramente cancerogeno per l'uomo. 

In realtà, non è il composto in sé ad essere cancerogeno, ma i prodotti del suo metabolismo elaborati da particolari enzimi disintossicanti che formano il complesso noto come citocromo P 450.

La prima evidenza sperimentale relativa al citocromo P 450 si deve ad Axelrod e a Brodie e risale al 1955, i quali hanno identificato nel reticolo endoplasmatico delle cellule del fegato un sistema capace di ossidare i composti xenobiotici.

Nel 1958 Garfinkel e Klingerberg notarono, per via spettroscopica, il complesso enzima-CO: dai dati spettroscopici ipotizzarono che il P-450 contenesse ferro, cosa che riuscirono a dimostrare nel 1964. Il dato spettroscopico giustifica il nome dell'enzima: 450 nm è infatti il punto massimo di assorbimento del complesso enzima-CO. 


Ulteriori misure, condotte tramite EPR, ha condotto i ricercatori a concludere che esso sia un complesso a basso spin: un'emoproteina simile all'emoglobina, dotata di un anello porfirinico planare che complessa un atomo di ferro centrale con un residuo tiolico che coordina l'atomo di ferro quale sostituente assiale. Attraverso la spettroscopia Raman è stata confermata la presenza del legame Fe-S; l'atomo di zolfo appartiene a un residuo di cisteina. Nel 1985 è stata determinata la prima struttura cristallina di un citocromo P 450.


Dopo essere stato ottenuto dalle cellule del fegato, il citocromo P 450 è stato osservato in cellule differenti di diverse classi di organismi viventi, dai batteri ai vertebrati (e in diversi organi di questi). Si presenta in molte forme: 18 famiglie, 43 sottofamiglie, 57 geni sequenziati.

Oggi è noto il ciclo catalitico, ossia la successione delle trasformazioni che il substrato subisce, fino all'ossidazione finale.


Con l'intenzione di facilitarne l'eliminazione per via renale, il citocromo catalizza l'ossidazione del benzopirene cercando di introdurre gruppi OH (idrofili) al fine di renderlo maggiormente solubile in acqua. Tuttavia...


Nella finzione dell'animazione, gli enzimi P 450 assumono le sembianze di supereroi con la corazza di ferro. Il prezioso metallo arriva "in treno" (sic!) direttamente dalla milza, dove è recuperato dai globuli rossi distrutti.


I supereroi si avventano coraggiosamente sulle molecole di benzopirene, rappresentati come tank corazzati (ma guardate la forma e confrontatela con la struttura molecolare sopra riportata...).


Uno di questi "benzopirenici" tank riesce tuttavia a sfuggire alla detossificazione e danneggia un cromosoma che viene prontamente riparato dagli enzimi. Il lieto fine è d'obbligo, almeno nella finzione destinata ai piccoli: il bene vince sempre. Purtroppo nella realtà le cose possono andare diversamente e il loro sviluppo richiede spesso le competenze di un oncologo.

venerdì 20 luglio 2018

Sfioriscono i "Germogli" di Renzo Barbazza...

Domenica, alle ore 11, la prof.ssa Giulia Sillato interverrà a Cadola di Ponte nelle Alpi per chiudere la mostra "Germogli" di Renzo Barbazza, allestita presso la Galleria "Rizet".


Tra gli ospiti più illustri che hanno onorato l'esposizione figura don Giacomo Mazzorana, direttore dell'Ufficio diocesano dei beni culturali e dell'arte sacra della Diocesi di Belluno-Feltre, qui intervistato per Valcantunaoggi da Diego Rizzo - factotum della Galleria "Rizet".


Buona visione!

lunedì 16 luglio 2018

Un paio di lezioni di fisica...

Una piccola - grande lezione di Emilio Del Giudice (1940-2014) dedicata a Marconi.


Qui una lezione più approfondita sulla "legge della risonanza"...


... buona giornata!
mc

venerdì 13 luglio 2018

GMELIN

Leopold Gmelin (1788-1853) era figlio del naturalista Johann Friedrich Gmelin (1748-1804) e di Rosine Schott. Il padre era professore di medicina, chimica, botanica e mineralogia a Gottinga, città dove nacque Leopold.


Egli affrontò i primi studi nella città natale; proseguì a Tubinga, dove fu impiegato come preparatore farmaceutico presso il laboratorio di un parente, Christian Gmelin, e al contempo frequentò le lezioni di chimica di Killmeyer.

Nel 1805, Leopold tornò a Gottinga dove si interessò alla medicina e frequentò le conferenze di Friedrich Stromeyer (lo scopritore del cadmio e della reazione dello iodio con l'amido). Approfondì anche la matematica.

Nel 1811 si recò a Vienna e l'anno successivo fu in Italia, tra Roma e Napoli.

Nel 1813 cominciò la sua carriera di docente ad Heidelberg, la più antica università tedesca.

Nel 1815 fu a Parigi e conobbe Gay Lussac, Thenard, Vauquelin e altri. Due anni più tardi fu acclamato come successore di Klaproth a Berlino, ma preferì ottenere la posizione di ordinario ad Heidelberg, dove ebbe tra i suoi allievi Wohler. Rimase in cattedra fino al 1852 e gli succedette Robert Bunsen.

Si interessò di svariati campi: in chimica inorganica, preparò il ferrocianuro di potassio (1822) mentre compiva ricerche sui composti del ferro e del cianogeno. Wohler preparerà, sotto la sua guida, il ferricianuro di potassio (1825).

In chimica organica, si interessò dell'acido gallico e introdusse nella nomenclatura i termini "estere" e "chetone", in uso ancora oggi.

In fisiologia, il lavoro più importante comprendeva una ricerca sulla chimica della digestione studiata attraverso gli esperimenti, che condusse insieme a Friedrich Tiedemann nel 1826.
Il lavoro, per il quale egli sviluppò tecniche di indagine nuove a quel tempo, conteneva intuizioni fondamentali sul succo gastrico e sulla bile. In questa, Gmelin e Tiedemann scoprirono, tra le varie sostanze, i pigmenti biliari, l'acido colico, il colesterolo e la taurina.

da: C.F. Burdach, Trattato di Fisiologia, ed. Antonelli, Venezia, 1844, p. 501

Introdotto da Gmelin, il test con acido nitrico ha permesso di rilevare i costituenti della bile nelle urine di persone affette da ittero. 
Infine, i due scienziati hanno fornito una nuova interpretazione, più raffinata, dell'assorbimento dei nutrienti attraverso il tratto gastrointestinale.


Importante è il contributo di Gmelin nella sistematizzazione delle conoscenze chimiche agli inizi del XIX secolo, che trova nel suo Manuale di Chimica teorica  l'espressione migliore - e ineguagliata per diversi decenni. La prima edizione (1817-1819) era in due volumi; le successive giunsero fino a tredici volumi - diciannove volumi l'edizione inglese.

domenica 8 luglio 2018

Anatomie artistiche...

Sempre per restare in tema di arte e anatomia, qualcuno ricorderà questa immagine, che si rinviene nel web, con le autopsie illustri di Picasso, Dalì e Van Gogh.


L'opera risale al 2012 ed è stata realizzata come campagna pubblicitaria promossa dalla scuola d'arte MASP di San Paolo (Brasile) e realizzata dall'agenzia DDB, sotto la direzione di Leonardo Rotundo.

Cos'hanno "dentro", questi celebri pittori? Ovviamente i visceri, rappresentati secondo lo stile di ciascuno.


Bene! Sembra che sia ora di riposarsi un poco e di uscire a prendere un po' d'aria...

... quella dei campi, libera,  
nel bel mese di luglio
finché non m'insegnarono 
che anch'essa era un miscuglio!

(A. Cavaliere)

Ma di questo parleremo un'altra volta.

venerdì 6 luglio 2018

Abbinamenti poco usuali...

Se nell'ultimo post vi ho parlato di un patologo-pittore (che non ama definirsi pittore, ma bontà sua lo è), qui accenno alla vita di un altro patologo che è ricorso a un pittore per immortalare nientemeno che le patologie.

Niente di nuovo, direte voi, e ricorderete i disegni di Leonardo da Vinci oppure Andrea Vesalio e il suo trattato di anatomia normale, il De corporis humani fabrica, illustrato da Johannes Stephan van Calcar, allievo del Tiziano. Stavolta, invece, richiamerò qualche immagine dedicata all'anatomia patologica attingendo all'opera di un grande medico francese vissuto nella prima metà del XIX secolo.


Jean Cruveilhier fu un anatomista e un patologo francese, nato a Limoges il 9 febbraio 1781 e morto a Sussac il 7 marzo 1874.

Conseguì il dottorato in medicina nel 1816 a Parigi, dopo aver abbandonato l'idea di diventare sacerdote.

Nel 1825 divenne professore di anatomia: nel 1836 fu eletto all'Accademia di Medicina, di cui divenne presidente nel 1839.

Fu presidente della Società anatomica per quasi quarant'anni. Nelle sue ricerche si occupò del sistema nervoso, della circolazione sanguigna e delle flebiti; il suo nome è abbinato a una cirrosi epatica senza ascite (malattia di Cruveilhier-Baumgarten) e ad altri "dettagli" anatomici.

Tra il 1829 e il 1842 pubblicò un atlante generale di Anatomia patologica del corpo umano, con oltre duecento incisioni realizzate da Antoine Chazal (1793-1854), noto ritrattista e incisore, oltre che docente di iconografia all'Orto Botanico parigino.

Ecco qualche saggio campione delle immagini realizzate: partendo dal frontespizio (in alto a sinistra) e proseguendo in senso orario si notano il cuore, il fegato, la milza, la pelle (con il seno) e infine il rene.


Ciò che le immagini rappresentano è certamente drammatico, ma l'arte anche in questo caso (come fu per  Leonardo - che però disegnava per se stesso - e poi per Calcar e per Vesalio) si è messa a servizio della Medicina.


Concludiamo ricordando che Chazal è stato un grande pittore di fiori...

giovedì 5 luglio 2018

I "GERMOGLI" DI RENZO BARBAZZA


Sarà inaugurata sabato 7 luglio 2018, presso la Galleria "Rizet" ad Arsié di Ponte nelle Alpi, la mostra "Germogli", che raccoglie alcune opere pittoriche e scultoree di Renzo Barbazza.

Nato nel 1951 a Castion, Renzo mostra la sua attitudine al disegno e alla pittura fin dall'età di 11 anni. Coltiva questa passione in maniera intensa durante l'adolescenza, studiando le opere dei grandi classici, e poi la mantiene viva durante il periodo di frequenza all'università (s'iscrisse a Medicina e Chirurgia) e, successivamente, nei primi anni della carriera che lo ha portato a diventare Primario, prima a Mirano e infine a Feltre, dove è rimasto fino alla pensione - sebbene egli continui tuttavia anche oggi la sua attività di ricerca nel campo della biologia molecolare.


Affascinato dalla capacità degli individui del genere Homo di elaborare manufatti, Renzo ha concepito un sistema di classificazione di tali elaborati denominato "Atlante sincronico-diacronico e diacronico-sincronico", realizzato sotto la sua direzione con la collaborazione di valenti contributori.

La mostra di Arsié raccoglie tuttavia un percorso particolare, nato negli anni universitari dalla ricerca di una sigla originale con cui vergare documenti e certificati. La ricerca di una firma che significhi il suo nome lo ha condotto a intravedere nell'intreccio della R e della B il profilo dell'embrione e a intuire il paragone sigla/nome = embrione/persona.


Ecco che, dopo lunghe riflessioni, il profilo stilizzato dell'embrione diventa il wanderthema che prende vita in una produzione corposa, nell'arco di quarant'anni, dal 1978 al 2018.

L'insieme delle opere, sviluppate secondo un linguaggio astratto che poggia su forti basi razionali (dalla ricerca sui materiali all'accostamento dei colori e oltre, fino alle costruzioni geometriche dettate dalla rigorosa applicazione delle proporzioni auree), assume il nome di Serie 194: il riferimento alla legge che in Italia norma l'interruzione volontaria di gravidanza è voluto, in quanto la prima opera nasce proprio nelle settimane in cui il parlamento votava tale legge.


Lo studio di Renzo continua oltre e guarda alla lezione dei maestri (sopra, la "Ragazza col turbante" di Vermeer nella versione barbazziana), di cui riproduce le opere (QUI avevo proposto la rilettura di Antonello da Messina) e imita lo stile per comprenderne la grandezza al fine di ricostruire una sua personalissima via di espressione, che affermi quanto detto e non detto in un modo che armonizza il già detto con il come non ancora detto. 

Renzo impara, oltre che dagli antichi maestri, anche dalla Natura e dalle cellule di cui osserva al microscopio i mutamenti: ed ecco che i suoi "embrioni-firma" viaggiano come metastasi in tessuti diversi, ecco che ciò che un organismo scarta acquista nuovo significato altrove, lungo un cammino incessante e sempre nuovo.


martedì 3 luglio 2018

ACONITO E DERIVATI

Tra pochi giorni, anche sulle Prealpi bellunesi fiorirà l'aconito (Aconitum Napellus, L. 1953), una pianta affascinante appartenente alle Ranuncolacee, con i caratteristici grappoli di fiori ad elmo. 


Osservatela, nella foto da me scattata, ergersi tra le rade erbe del prato di montagna e raggiungere l'altezza media di un metro, con le sue foglie strette e il suo fusto esile.

Verrebbe quasi voglia di portarsela a casa e qui si commetterebbe un delitto: non tanto perché è proibito raccoglierla (e sinceramente, come regola generale, sconsiglio vivamente di "tirar su" fiori di montagna: sono belli perché sono in montagna, nel loro habitat, e là devono rimanere), quanto piuttosto perché i sintomi dell'avvelenamento si percepiscono semplicemente tenendola in mano.


L'aconito è la pianta più velenosa della flora italiana ed europea ed è tra le più velenose al mondo, accanto all'Aconitum Ferox che cresce tra le montagne del Nepal (merita un viaggio per vederlo fiorire, non trovate?). 

La sua tossicità è nota fin dall'antica Grecia: un estratto era usato per avvelenare le frecce e gli abitanti dell'isola di Ceo lo somministravano agli anziani non più autosufficienti (sic!). L'aconito fu descritto da Ippocrate e poi, qualche secolo dopo, da Plinio.


Come racconta il Matthioli, autore nel XVI secolo di un celebre testo di botanica: "scrisse dell'Aconito Galeno al vi. delle facultà dei semplici, cosi dicendo. L'Aconito chiamato Pardalianche, è veramente mortiferoso imperò è da essere fuggito tanto mangiato quanto bevuto".


Era usata un tempo per confezionare preparati galenici e trova largo impiego tuttora nelle medicine orientali.

La tossicità dell'aconito è dovuta all'aconitina, un alcaloide diterpenoico la cui formula bruta è C34H47NO11 e la formula di struttura è rappresentata nella figura.


Bastano pochi milligrammi (da uno a quattro) per portare a morte un uomo adulto. Essa agisce sul sistema nervoso e l'avvelenamento si manifesta con nausea, formicolio, rallentamento della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio, abbassamento della pressione sanguigna: QUI trovate una descrizione più dettagliata.


La cura è più efficace tanto quanto è più tempestiva: si giova della lavanda gastrica e della somministrazione dell'atropina come "antivagale" (cfr. Enciclopedia Treccani, voce "aconitina").

La tossicità della pianta, dovuta all'aconitina, era sfruttata un tempo dai pastori che la usavano per preparare bocconi avvelenati per uccidere i lupi. Una varietà di aconito (A. Luparia) deve il suo nome proprio a questo impiego: a differenza dell'A. Napello, presenta i fiori gialli.


Anche il miele prodotto da api che si cibano del nettare di aconito è tossico e non deve essere consumato. 

Dall'aconito fu estratto anche un acido tricarbossilico che Liebig designò "per questo sotto il nome di acido aconitico" (Trattato di Chimica Organica, ed. Bonfanti, Milano, 1844, p. 326): tale acido fu ricavato anche dall'equiseto (Regnault lo chiamò acido equisetico) e dall'achillea (il chimico bellunese Bartolomeo Zanon lo chiamò acido achilleico) e fu ottenuto artificialmente per decomposizione termica dell'acido citrico (ibidem) sottoforma di "un residuo giallo che si scioglie per intero nell'etere, proprietà che l'acido citrico non possiede". Nelle pagine successiva del suo trattato, Liebig continua la descrizione e dà le metodiche per preparare alcuni sali (aconitati).


L'acido aconitico è ottenuto per disidratazione dell'acido citrico tanto in laboratorio che nei mitocondri delle cellule eucariote (isomero cis): esso costituisce infatti un importante intermedio del ciclo di Krebs. Nei mitocondri la disidratazione è catalizzata dall'enzima aconitasi.