Mi trovo ancora, anche se non troppo spesso, a fare i conti con argomenti di tipo religioso, nonostante mi sia da tempo lasciato alle spalle un periodo di fervoroso interesse per gli studi in quest'ambito. Nulla da eccepire in merito; forse il mio allontanamento riguarda più certi ambienti che gli interessi, tanto da dire che se quelli che ivi ho conosciuto siano i "veri cristiani" - e non ho ragioni per dubitarne - debbo concludere mio malgrado che io non possa essere annoverato tra loro, nonostante sia stato battezzato, abbia completato il percorso dell'iniziazione e abbia compiuto pure qualche passo in più, evidentemente partendo da premesse sbagliate e proseguendo per vie altrettanto sbagliate che mi hanno portato a star meglio con me stesso e con quelli che riconosco come veri amici. Ovviamente, come il lettore più accorto potrà evincere, si tratta di un'opinione del tutto soggettiva che non ha nessuna pretesa di verità universale.
Approfondire la vita di taluni cristiani del passato (non del presente, me ne guardo bene!), magari elevati agli onori degli altari, non mi aiuta a ripensare le conclusioni sulla mia posizione: le Genie du Christianisme - per dirla con Chateaubriand - che sfolgora nelle pagine ispirate dei testi sacri e della patristica, risuona sotto le volte delle grandi cattedrali come delle chiesette di campagna, traspare nelle opere di artisti ispirati in ogni dove sia giunto l'annuncio del Verbo, alla fine si perde e si disperde in elenchi di mortificazioni e di rinunce, di orgogliosa e ostentata umiltà, di troppo amore per il ruolo e assai meno per il servizio che tradisce da certe biografie di presunti sapienti e di sedicenti pastori, qualcuno anche più innamorato dei beni temporali che delle anime. Altra opinione assolutamente personale senza alcuna pretesa di validità universale.
A proposito, vorrei chiedere a Gesù se se sia morto in croce per redimere il genere umano e salvarlo dalla dannazione eterna oppure per fondare una multinazionale dell'immobile di lusso: ogni tanto qualche dubbio mi sovviene ma poi concludo che mi convenga custodirlo nel segreto e passare oltre. Anche questa è un'ulteriore opinione che lascia il tempo che trova...
Oggi, 16 ottobre, il calendario ci chiede di ricordare suor Maria Margherita Alacoque (1647-1690), monaca e mistica francese dell'Ordine delle Visitandine.
Orfana di padre, disprezzata dai parenti che la volevano maritata e non religiosa, incompresa dalle consorelle, malvista dai superiori, diffidata dai direttori spirituali - fino ad incontrare quel beato Claude La Colombiere che la invitò a scrivere un'autobiografia in cui narrò il suo cammino di ascesi e la sua devozione per il Sacro Cuore di Gesù.
A lei si devono l'istituzione della festa, molte pratiche devozionali e la profezia sulla fine della monarchia in Francia, causata dal rifiuto del Re Sole di arricchire lo stemma del suo casato con un riferimento al cuore divino.
Scorrendo l'autobiografia, emerge una continua sua ricerca della mortificazione corporale attuata nell'uso frequente della disciplina per flagellarsi, nel dormire su aguzzi cocci, nel legarsi le dita per poi conficcarvi aghi e nell'incessante desiderio di essere disprezzata. Tutto ciò portava la Santa a bramare che «gli altri si ricordassero di me unicamente per disprezzarmi, umiliarmi e insultarmi; le sole cose a me dovute».
Ella usava legarsi con funi e catene in modo così stretto da provocarsi profonde lacerazioni sulla cute e più volte si incise sul petto il nome del suo Signore, causandosi sofferenze e piaghe.
Il ribrezzo provato nell'assistere alcuni malati portò questa poveretta a baciarne le piaghe e a mangiarne il vomito, tutto per riparare al suo sentimento contrario a quella che per ella era la volontà divina.
In merito commentò: «Questo atto [cibarsi del vomito] mi portò infinite delizie al punto da farmi desiderare di avere tutti i giorni l'opportunità di ripetere simili azioni».
A queste va aggiunto il riempirsi la bocca con la diarrea di una malata, che non ingoiò solo perché dissuasa dall'apparizione del suo Signore che le rammentava l'obbligo all'obbedienza, il quale non le permetteva di mangiare nulla senza il permesso della superiora. Scrisse a proposito: "Una volta, mentre accudivo una malata di dissenteria […] misi la lingua sui rifiuti della poveretta, lasciandovela a lungo, poi me ne riempii la bocca e li avrei anche ingoiati, se Egli non mi avesse ricordato l'obbedienza che non permetteva di mangiare nulla senza permesso."
Al di là che tutto quel masochismo e soprattutto la coprofagia mi inducono a pensare più alla paziente mancata di un ospedale psichiatrico che a una religiosa in un convento, mi chiedo se davvero al nostro tempo letture del genere edifichino lo spirito e contribuiscano ad elevare l'anima a Dio.
Quel dio (volutamente con la minuscola) che traspare da simili racconti mi pare un po' troppo sadico e assai lontano da quello che il Battista riconobbe sulle rive del Giordano e che l'evangelista Giovanni ci presenta come Amore. Altra affermazione, questa, che vuol essere solamente una modesta opinione personale senza pretesa di verità assoluta, come anche le seguenti.
"Amare Dio sopra ogni cosa" non credo significhi cercare di deliziare il palato con vomito e deiezioni altrui, ammanettarsi e procurarsi tormenti d'ogni sorta. In tutta franchezza, nessuno di questi gesti e simili mi sembrano atti d'amore.
"Ama il prossimo tuo come te stesso": mio cristiano che più cristiano non si può, se questo è l'amore che mostri per te stesso, per favore, stai a debita distanza dal tuo prossimo, a cominciare dal sottoscritto - che tuo prossimo non lo è più, anzi ti è assai remoto anche se non ancora trapassato.
Se Dio esiste, credo proprio che non abbia bisogno di tutto questo egoismo travestito da eroismo: ha bisogno invece di silenziosi strumenti di pace, di mani invisibili che sappiano intessere relazioni oneste e vogliano costruire ponti (non però quello sullo Stretto), di spalle larghe e tanto possenti da abbattere muri, di menti ispirate e di cuori che pulsano all'unisono col suo. Tutto il resto è un fascio di rami secchi da potare e gettare nel fuoco, assai utile adesso che viene la stagione fredda.
PS: probabilmente un fascio di rami secchi da bruciare lo è anche questo post, che raggruppa e condivide un insieme di personalissime opinioni nella consapevolezza che potrà essere approvato da pochissimi, di disturbo a più di qualcuno (e di ciò mi scuso pubblicamente fin d'ora, ma faccio presente che nessuno - e tanto meno lo scrivente autore - Vi obbliga a leggere se non ne apprezzate o tollerate i contenuti) e che lascerà nell'indifferenza la maggior parte degli avventori.
Peccato: un po' di umana compassione per la profondissima sofferenza di quella povera donna speravo di suscitarla. Libri da leggere sul tema ce ne sono tanti, a partire dagli
scritti autobiografici della stessa Santa, accanto ai quali porrei il fondamentale saggio dello studioso
Mattia Zangari,
Santità femminile e disturbi mentali fra Medioevo ed Età moderna (ed. Laterza, 2022).