venerdì 28 luglio 2023

Buongiorno, sei tu?

Buongiorno, anche se troppo buono per me non è, visto che ho sfasciato definitivamente il telefono cellulare e dovrò provvedere ad acquistarne uno nuovo utilizzando il budget che avevo risparmiato per altri obiettivi. Anche in queste piccole cose riscopro la verità del motto per il quale la vita è ciò che accade mentre faccio altri progetti. Accadessero anche cose belle, ogni tanto: proprio quelle cose belle di cui tutti abbiamo bisogno e che invoco nel proemio del mio ultimo lavoro.

Con un po' di scetticismo, condivido quanto scrive Paolo Fox sul Corriere di oggi, che a proposito del segno della bilancia, sotto il quale sarei nato se credessi agli oroscopi, afferma che: "in un quadro generale di stanchezza e affaticamento, questo weekend riesce a darti una maggiore capacità di azione, anche se ricordo che ci sono dei problemi fisici che devi superare [vero: il mio diverticolo da cui al post precedente]. Le distrazioni a volte costano care [vero pure questo: hanno il prezzo di un cellulare nuovo]."

Ecco l'intero testo...


E per proseguire il post condivido invece le foto dei fiori sbocciati ultimamente in giardino:


comincio con l'iperico e la nicotiana, sopra;


continuo con le rose (sopra e sotto), della stessa pianta che ho fotografato tempo fa e che è finita sulla copertina di "Incoscienze naturali", il mio ultimo libro linkato a fianco;

termino con questo scatto che non abbisogna di commenti.


Vabbé... un borborigma mi ricorda che il mio sigma esige ancora le sue attenzioni e la vicinanza del bagno. Esigerebbe anche un ciclo di Normix (R), ma nessuno me lo prescrive: non sia mai, contribuirei all'innalzamento dell'antibiotico-resistenza già troppo allarmante. Mi tengo il mio muco purulento, i miei allegri E. Coli, la diarrea che oggi si è religiosamente convertita in stipsi - e non pgr, ma per normale alternanza... scuola - lavoro, usando un'espressione familiare a chi frequenta il mio ambiente. 

Nel giorno in cui ricordiamo l'anniversario della morte di Vivaldi (+1741) e di Bach (+1750), chiudo con un brano che unisce i due e testimonia l'ammirazione del secondo per il primo: la trascrizione per clavicembalo del concerto per violino e orchestra RV 265.


Al prossimo aggiornamento!

mercoledì 26 luglio 2023

Diverticoli non divertenti...

Non sono qui a lamentarmi del caldo: anzi, potrei lamentarmi dell'esatto contrario. Le temperature sono troppo basse; piove tutti i giorni da quasi due mesi, l'orto è andato a farsi benedire, i pomodori hanno già contratto le infezioni fungine che li porteranno a morte, le patate sono state invase dalla dorifora e nugoli di calabroni si aggirano attorno ai peri e ai fichi.

L'umidità porta muffe: e sulla verdura, in cantina (in quella cantina dove qualcuno si ostina ad accumulare cartoni che trattengono inutile umidità), crescono chiazze grigie e biancastre. 

Al solito, per qualcun altro (o meglio, qualcun'altra, come la genitrice dello scrivente blogger) è un peccato buttar via e allora improvvisa un minestrone tagliando via i pezzi invasi dalla parte visibile dei miceti (ma non sa che i miceti invadono anche la parte interna emettendo una rete di sottilissime ife).

Cipolla, porro, patate, verza, tagliate a pezzi grossolani (io le taglio finemente) e fatte cuocere in acqua salata: ecco pronto il minestrone, fatto un po' sbrigativamente. Nel frullarlo (perché a qualcuno - che non sono io - piace solo se frullato) si è rotto pure il vecchio frullatore ad immersione. Poco importa (non troppo poco: si tratta di una spesa straordinaria per sostituirlo): è comunque mangiabile, anche se non buono come quello fatto da me un mesetto fa.

Io ho l'abitudine di sbriciolare nel minestrone foglie d'alloro oppure maggiorana, che oltre a conferire un buon sapore hanno anche proprietà antimicrobiche: cosa che vorrei far capire alla genitrice, ma non mi riesce.

Poco importa anche questo. Mangio un piatto del suo minestrone per cena, in compagnia del genitore e del suo concerto, mentre la televisione urla a tutto volume l'ennesima puntata di CSI (che due palle...) e i gatti si inseguono sui divani. 

Ne avanza un po': la genitrice lo mette in frigo e ve lo lascia un paio di giorni, per poi rifilarmelo. Peccato buttarlo via e io, nonostante soffra di colon irritabile da trent'anni, mi presto a essere la pattumiera di casa. Non che ne sia felice, ben s'intenda: abbiamo un letamaio che potrebbe accogliere tante porcherie dimenticate ad andar di male. Come anche quel minestrone.

In frigo, dov'è stato? Ovviamente non nel freezer, ma nella cella a 4°C: e nell'unico posto dove stava comodo il recipiente, una vecchia coppiera in materiale plastico (polipropilene) con il coperchio rotto. Ah, ma non importa, si usa lo stesso. Non vorrete mica buttarla? Fu comperata appena una ventina di anni fa.

Il posto dove stava era nel ripiano in basso, sopra il cassetto interno. E anche qua, le mie innumerevoli prediche sul frigorifero come comunità microbica sono rimaste inascoltate. Sul fondo e sulle pareti si annidano concentrazioni di batteri potenzialmente patogeni per la nostra specie: non sono io a dirlo - povero pinco pallino qualsiasi - ma diverse ricerche, tra le quali ne ricordo una* condotta dalla Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova, pubblicata su Food Control e ripresa su @nmvi-oggi a questo link QUI.

Ricapitolando: minestrone di verdura proveniente da una cantina dove girano muffe, senza spezie (antimicrobici naturali) conservato in fondo al frigo in un recipiente che non garantisce la chiusura ermetica. La coltura microbica è servita: ricordate gli esperimenti di Koch del 1880, nei quali faceva crescere colonie di batteri su brodi di carne, sulle fette di patata, sulla gelatina e sull'agar?

Insomma, mangio quell'ultimo piatto di minestrone. Il sapore della verza è particolarmente intenso, copre gli altri e null'altro segnale lascia presagire il prosieguo della storia. Due giorni dopo mi sveglio al mattino presto, con un fortissimo dolore in fossa iliaca sinistra. In particolare, un punto duole: toccando, percepisco qualcosa di duro, come una corda di canapa o un cinturone di cordura - quelli in nylon militare, per capirsi. Sale una febbriciattola; ho nausea, non ho appetito (poco importa: pesando oltre 90 kg, ho riserve e posso digiunare qualche giorno). Sono stanchissimo e fatico a stare in piedi. 

Il dolore nel punto è intensissimo ma devo sopportarlo: l'ho già avuto altre volte e in ciascuna, i medici consultati hanno posticipato eventuali accertamenti. Come sempre mi è capitato, del resto: ho avuto diciannove coliche biliari tra il novembre 2013 e l'estate 2020, e pensate che abbiano tentato di far qualcosa? C'è chi è stato operato solo per la scoperta accidentale di un calcolo e io i miei (evidenziati da due ecografie all'addome superiore che ho fatto in regime privato) me li devo tenere. Qualcuno mi dice perché altrimenti divento inabile al servizio militare, come se alla difesa nazionale interessasse la disponibilità di un vecchio quarantaquattrenne obeso, iperteso e soprattutto ancora convinto obiettore di coscienza. Boh. 

Chiaramente, stavolta si tratta invece di un diverticolo; è la quarta volta che si infiamma quest'anno. Devo aspettare che si perfori e mi venga una peritonite, con la speranza di finire d'urgenza in chirurgia? 

E di speranza si tratta, perché l'ultima volta che sono passato per il pronto soccorso (non importa di quale nosocomio), la dottoressa che mi ha visitato ha scambiato una colica renale per un versamento pleurico. Non oso pensare per cosa potrebbe essere scambiata una peritonite da diverticolo perforato e mi auguro di non scoprirlo mai.

Qualcuno dice che episodi come i miei sono tutto merito di certe scelte della "politica", la quale avrebbe trasformato la sanità in un business e la salute in un'industria, con lo scopo di fare profitto

Qualcun altro dà la colpa a chi vuole la sanità per tutti e fintantoché non sarà per tutti non deve essere per nessuno (tranne per chi ha modo di rivolgersi ai privati, come ho fatto anch'io nel caso della colica renale e delle ecografie).

Io non voglio entrare in discorsi più grandi di me sui quali non sono assolutamente competente: mi basterebbe trovare un medico che abbia a cuore la salute del paziente e non i massimi sistemi del mondo; e che mi prescriva la rifaximina o un altro antibiotico adatto, senza illustrarmi le sue idee e le sue teorie per riformare il servizio sanitario nazionale o le sue nostalgie sulla sanità di una volta. Quale?- mi chiedo? Quella del vecchio Marotta, della Anselmi o di De Lorenzo-Poggiolini? Qualsiasi essa sia, per recuperare nell'immediato il mio benessere idee, nostalgie e teorie proprio non servono.

Alla fine, mi restano solo il riposo, il digiuno, la tisana di finocchio e la camomilla. E un'altra estate di merda se ne va nel pozzo nero sotto le sembianze di una maleodorante diarrea.

* Levels of microbial contamination of domestic refrigerators in Italy, P. Catellani, R. Miotti Scapin, L. Alberghini, I.L. Radu, V. Giaccone

domenica 23 luglio 2023

Liebig, tra incendi ed anniversari

2023: un anno che la chimica internazionale avrebbe potuto consacrare alla memoria di Justus von Liebig (1803-1873), nei 220 anni della nascita e nei 150 dalla morte. Tempo fa, oltre a dedicargli un post (clikkate sul nome per aprire il link), tentai di raccontare la sua vita in un breve video che ripropongo.

Figlio di un droghiere, cacciato dal ginnasio della sua città, studiò a Parigi con Gay-Lussac; insegnò la chimica a Giessen e poi a Monaco di Baviera. Diede notevoli contributi allo sviluppo della chimica analitica e della chimica organica. 

Fondò un'importante scuola di chimica ove si formarono celebri ricercatori e professori: per impartire le lezioni fece costruire aule e laboratori per far esercitare gli studenti, che servirono da modello per luoghi con analoghe destinazioni realizzati nelle università di tutta Europa.

Il laboratorio di Liebig a Giessen era un museo, visitabile fino a qualche mese fa. Un incendio ha distrutto parti dello storico auditorium intorno alle 21:30 di lunedì 5 dicembre 2022, come ricorda il professor Poeti in un articolo sul blog della Società Chimica Italiana, che potete leggere QUI.

Parti importanti del laboratorio analitico, farmaceutico e della biblioteca sono state gravemente colpite. "Siamo scioccati", hanno scritto in una prima dichiarazione Gerd Hamscher e Richard Göttlich, primo e secondo presidente della Justus Liebig Society.

Mentre le altre stanze sono state principalmente danneggiate dalla fuliggine che si sviluppava, l'aula magna è stata direttamente interessata dall'incendio, con l'area frontale insieme alla scrivania per gli esperimenti. 

Grazie all'azione prudente dell'inquilino che abita nello stabile e che ha tempestivamente allertato i vigili del fuoco, è stato impedito il propagarsi dell'incendio. "Gli siamo molto grati. E anche ai vigili del fuoco, grazie alla cui azione rapida e magnifica si è potuto prevenire il peggio", si legge nella nota.

Secondo il portavoce della polizia, Jörg Reinemer, non ci sono indicazioni di incendio doloso intenzionale. La polizia ha stimato il danno a circa 100.000 euro.

Poche ore prima dello scoppio dell'incendio, nella storica aula magna si era svolta la popolare conferenza sperimentale per le famiglie. Questo è stato probabilmente l'ultimo evento celebrato nelle sale storiche per molto tempo: a causa dei danni, il museo è chiuso fino a nuovo avviso e tutti gli eventi sono stati cancellati.

Il ripristino del museo è particolarmente dipendente dalle donazioni e chiede supporto: Justus Liebig-Gesellschaft zu Gießen e.V., IBAN: DE66 5139 0000 0003 9916 01 (Volksbank Mittelhessen) o IBAN: DE72 5135 0025 0200 5813 50 (Sparkasse Gießen).

FONTI:

- Karola Schepp / Marc Schäfer, in: Gießener Allgemeine, 06.12.2022, 17:19 

https://www.giessener-allgemeine.de/giessen/feuer-brand-justus-liebig-musuem-hoersaal-giessen-ursache-unklar-schaden-91960468.html 

- Rüdiger Schäfer, in: Gießener Allgemeine, 06.12.2022, 19:20 

https://www.giessener-anzeiger.de/stadt-giessen/100-000-euro-schaden-im-giessener-liebig-museum-91960811.html

Per ulteriori informazioni: https://www.liebig-museum.de/

mercoledì 19 luglio 2023

Il sereno prima della tempesta...

Ieri ho trascorso un magnifico pomeriggio in centro a Belluno. "Qual novità!" - direte voi: - "Ci lavori e ci stai tutti i giorni". Giusta osservazione: tuttavia ieri avevo un appuntamento nel tardo pomeriggio e in attesa di recarmici ho voluto vivere la città in modo diverso. 

Ad esempio, sono andato nella piazza principale, un tempo detta Campedel e oggi intitolata ai martiri del 1944, per osservare l'albero piantato in onore di Chico Mendes, il sindacalista ed ecologista assassinato il 22 dicembre 1988 per la sua opposizione allo sfruttamento distruttivo della Foresta Amazzonica - così recita la targa posta dalla sezione bellunese del WWF - fondo mondiale per la natura.


Attraversando Porta Dojona, a fianco del teatro, dalla piazza mi sono spostato in via Mezzaterra, trovando posto al solito tavolino del bar Helvetia: l'equivalente bellunese della Saint Germain des Pres parigina? Almeno così scherzavo, con il collega di filosofia.


Pace e tranquillità mi hanno permesso, sorseggiando uno spritz bianco, di rivedere il Compendio di Storia Naturale redatto dal giovane favoloso, Giacomo Leopardi, con particolare attenzione al trattato sui minerali, recante le notizie essenziali sugli elementi metallici riprese dagli scritti di Dandolo e di Lavoisier.


Chiusi i libri e ritornato dal mio appuntamento, dal porticato del Palazzo dei Rettori - oggi sede della Prefettura - osservo il cielo farsi minaccioso e l'angelo del campanile quasi minacciare l'ira ventura che si è poi effettivamente scatenata sulle montagne, a nord della città: ne avrete sicuramente sentito parlare al telegiornale.


La tempesta, la tempesta: chiudi quella finestra, rinserra la tenda, attento al vaso da fiori... 


... lasciamo che a descrivere la furia degli elementi sia la musica di Beethoven, tratta dalla sesta sinfonia: peccato per il netto taglio finale che ci impedisce di godere di quello che per me è il movimento più bello. 


Meno bello è stato ritrovare il telaio per la rete antigrandine dei pomodori piegato dal vento...

martedì 18 luglio 2023

Evadere per viaggiare nella natura...

Osservare quel timido fiore che si apre al cielo e alla vita tra le pietre del cortile è un inno alla speranza.


Anche in momenti difficili... e - per mia fortuna - il mio momento difficile non lo è: questo realizzo quando penso a coloro che soffrono la fame, la guerra, le epidemie e la miseria. 

Il mio è solo un momento di stanca, dopo un periodo impegnativo e i soliti diavoli di Berlicche & friends che punzecchiano sui temi di sempre: rimpianti, desideri repressi, progetti altrui, consuetudini sociali alle quali rifiuto di adeguarmi e non continuo per non ripetere le stesse cose alle quali oppongo ancora una volta il mio diniego.

Sdraiato sul divano (evito la foto), guardo e riguardo vecchi documentari di viaggio, sognando mete impossibili: l'Africa orientale, la Nuova Zelanda, il Sudamerica... 


... e guardo il regista Gabriele Saluci che insegue le zebre in Botswana, con i Ray Ban e il Suunto Vector Black stretto al polso. Pochi minuti e la trasmissione mi porta tra le isole della Polinesia, nel Pacifico...


... ed eccoci poi sulle Ande peruviane con la Puya raimondii - così chiamata in onore di Antonio Raimondi (1824-1890), il naturalista milanese che a metà del XIX secolo esplorò i territori attorno a Lima e ne catalogò fauna, flora e minerali.


A proposito di minerali: ecco un campione di una roccia che contiene argento, proveniente dalle miniere di Potosì, in Bolivia.


Ed ecco l'interno delle miniere, dove si scava ancora con i picconi e i carrettini.


E poi i laghi, con gli immancabili fenicotteri e gli altri trampolieri.


E il Salar de Uyuni, con i suoi immensi depositi di sali (cloruri di litio, sodio, magnesio, potassio) che si estendono per centinaia di chilometri.


Spengo la tv, vado in giardino, dove tutto si tinge di rosa.


Il mondo non è tutto rose e fiori, ma merita di essere esplorato, vissuto e goduto nella sua intrinseca bellezza: altro che quelle vecchie mortifere menzogne che continuano a propinarci, alle quali mi ostino a non aderire. 

La libertà è come l'aria che respiriamo: ci accorgiamo di quanto essa valga solo quando comincia a mancare. Per questo vale la pena continuare a difenderla dai nemici di sempre: le consuetudini sociali, il conformismo, la routine, la noia. Catene da spezzare, manette da scassinare e aprire per evadere e scappare.


(fotogramma dal video - non mio! - che trovate clikkando QUI)

domenica 16 luglio 2023

Il giglio nella vigna di Dio

Flos Carmeli è un inno e una preghiera cattolica mariana in onore di Nostra Signora del Monte Carmelo, il titolo con cui la Beata Vergine Maria è onorata nell'Ordine Carmelitano.

I carmelitani erano eremiti cristiani che, nella prima metà del XIII secolo, si stabilirono sul Monte Carmelo, in Galilea, ove eressero una cappella in onore della Madonna. 

Monte Carmelo (Kerem-El) significa "vigna di Dio": secondo la Bibbia, vi risiedette il profeta Elia. Più che di un monte, si tratta di una catena montuosa lunga una quarantina di chilometri e larga otto, che raggiunge l'altezza massima di 525 metri sul livello del mar Mediterraneo. 

Il luogo dove si stabilirono gli eremiti e costruirono il santuario è oggi compreso nella circoscrizione della città di Haifa. Esso coincide con l'estremità orientale della mistica linea di San Michele, che unisce sulla carta alcuni luoghi significativi, dall'Irlanda a Israele, ove è forte la devozione all'Arcangelo protettore.


Una tradizione, attestata dal XIV secolo, vuole che San Simone Stock (1165?-1265), uno dei primi priori dell'ordine carmelitano, abbia ricevuto in una visione il dono dello scapolare marrone della Madonna - segno di consacrazione che fa parte dell'abito tradizionale dei religiosi.

Ricordo, nella mia amata Venezia, la chiesa appena a sinistra, uscendo dalla stazione dei treni: essa è dedicata a Maria di Nazareth ed affidata alle cure dei carmelitani e il ponte sul Canal Grande dinnanzi è nominato "degli scalzi" con riferimento alla loro presenza.


L'ordine si è particolarmente diffuso in Spagna e nei paesi di lingua spagnola, dove i nomi femminili Carmen e Maria del Carmen sono molto diffusi. Nostra Signora del Monte Carmelo è patrona del Cile ed è particolarmente venerata anche dai cattolici a New York

Poiché il 16 luglio 1945, i militari americani fecero esplodere la prima bomba atomica sperimentale nel deserto del Nuovo Messico, ogni anno, sul luogo del Trinity Test è celebrata una veglia in onore della Beata Vergine con l'intenzione di preghiera per la pace e per il disarmo nucleare. 

Sarà una coincidenza, ma il primo uso bellico dell'atomica, il 6 agosto 1945, coincide con la festa cattolica della Trasfigurazione di Cristo. I trasporti ferroviari ci ricordano che le coincidenze non esistono.

Nel rito carmelitano della messa, l'inno Flos Carmeli faceva da sequenza alla festa di San Simone Stock e, dal 1663, alla festa della Madonna del Carmine, il 16 luglio, per tutti i riti liturgici latini.

Flos Carmeli, vitis florigera, 

Splendor cæli, virgo puerpera, singularis.

Mater mitis sed viri nescia 

Carmelitis esto propitia, stella maris.


Radix Iesse germinans flosculum 

Hic adesse me tibi servulum patiaris.

Inter spinas quæ crescis lilium

Serva puras mentes fragilium tutelaris.


Armatura fortis pugnantium 

Furunt bella tende præsidium scapularis.

Per incerta prudens consilium

Per adversa iuge solatium largiaris.


Mater dulcis Carmeli domina, 

plebem tuam reple lætitia qua bearis.

Paradisi clavis et ianua, 

Fac nos duci quo, Mater, gloria coronaris.


Liberamente (molto liberamente!) tradotto, potrebbe essere letto in italiano così:


Fiore del Carmelo, alta vite in fiore carica;

Splendore del cielo, incinta ma vergine.

Nessuno è uguale a te.


Madre così tenera, che nessun uomo conobbe,

ai figli del Carmelo concedi i tuoi favori.

Stella del mare.


Forte stelo di Jesse, che ha portato un fiore luminoso,

sii sempre vicino a noi e proteggici ogni ora,

che ti serviamo qui.


Il più puro dei gigli, che fiorisce tra le spine,

porta aiuto al vero cuore che nella debolezza si volge

e confida in te.


Fortissima fra le armature, confidiamo nella tua forza:

sotto il tuo manto, pressati duramente nella battaglia,

ti invochiamo.


La nostra via è incerta, circondata da nemici,

consigli infallibili dona a coloro

che si rivolgono a te.


O gentile Madre che regni nel Carmelo,

condividi con i tuoi servi quella gioia che hai guadagnato

e che ora godi.


Ave, Porta del Cielo, di gloria ora incoronata,

portaci al sicuro dove si trova tuo Figlio,

vera gioia da vedere.

venerdì 14 luglio 2023

Metà luglio, col bene che ti voglio...

Inizio col condividere uno scatto non mio - ma del caro collega e amico Alberto - dell'Averau.

Tra anca, ginocchio, venti chili di troppo e circa una ventina di giorni di lavoro ancora (per fortuna!!!), alla montagna non penso affatto; ed evito anche solo di concepire l'idea di una di quelle gite fuori porta - ma a portata di cittadino pantofolaio - tanto biasimate da Bepi Mazzotti in un vecchio scritto che sto scorrendo in questi giorni: La montagna presa in giro, ed. L'eroica, Milano. 

Mi godo il paesaggio della valle del Piave dal cortile di casa: luglio è per me il mese del corso di algebra - che impartisco al mattino e che preparo nelle ore pomeridiane, cercando refrigerio nelle stanze più riparate della casa, anche se apprezzo di più la stagione calda (meno dolori articolari) che l'inverno.


Avrei voglia di mare, di aria iodata, di passeggiate al mattino presto lungo la battigia; non amo spiaggia e ombrelloni, non so nuotare, vorrei andare in kayak ma tanto non se ne fa niente comunque. Troppo tardi per prenotare ed è l'n-esima estate (dal 2009) che non vado in vacanza. Non ne posso più, sto esaurendo tutte le energie. Dovrei finire un saggio, ma non ne ho le forze; avrei nuove idee da mettere su carta e poi le lascio scappare, ritendendole di poco conto.


Scruto l'orizzonte e noto un puntino luminoso brillare, subito dopo il tramonto: Venere - dea o pianeta? Non lo so, decidete voi. Io sono talmente esausto che rischio di affogare nella confusione più totale - oltre che nella pioggia caduta copiosamente nei giorni scorsi. Non ne posso più neanche di quella: e la prossima settimana, ancora ne cadrà, lavando via l'estate un po' alla volta.


E intanto Rodio, il gatto, mi guarda dall'alto in basso scomodandosi solo per comandare una razione di crocchette fresche oppure di carne. Lui si che si gode il giardino, i fiori e tutto il resto. Non mi resta altra consolazione che la regola di Ruffini...


... d'altronde, giustappunto un anno fa, scrivevo una canzone il cui ritornello diceva: "la mia vita è un'equazione e tu sei la soluzione, quel valore che dà senso ad ogni cosa...". E poi scoprivo che la x da me tanto cercata non era una soluzione reale ma complessa. Sento già in sottofondo le perculanti risatine del professor T. - personaggio che incontrerete leggendo le mie Incoscienze Naturali (link a fianco e foto sotto, tra le mani di Gugly). Se a settembre ci vedremo a scuola, vi interrogherò! Per cui: buona lettura.

martedì 11 luglio 2023

Quantus tremor...

Il Gazzettino di Belluno, il 23 giugno scorso, riportava la notizia di una scossa di terremoto di magnitudo 2.9 con epicentro a sei chilometri da Farra d'Alpago, risuonata alle ore 7.21: leggete QUI.

Sempre il medesimo giornale, una settimana dopo, dava spazio ad un ampio approfondimento, a firma di Simone Tramontin, sulla sismicità del Bellunese, che possiamo leggere integralmente QUI

Il tema è tornato alla ribalta celebrando il secolo e mezzo trascorso dal terribile sisma del 29 giugno 1873, che tanti danni fece in Alpago, a Belluno e nell'attuale Vittorio Veneto.

L'estensore dell'articolo, giornalista e ingegnere civile, raccoglie in modo ordinato e competente il monito di un insieme di esperti che richiamano l'importanza dell'educazione al rischio sismico e dell'adeguamento delle costruzioni nel rispetto delle normative più aggiornate.

Al di là dei giornali locali, anche alcuni documentari passati in televisione in questi giorni hanno raccontato i disastri provocati nel passato dai fenomeni tellurici particolarmente intensi, quali il terremoto che colpì Lisbona (1° novembre 1755), quello che colpì Messina (28 dicembre 1908) e quello che distrusse Tokyo (1° settembre 1923).

Del primo scrisse anche Voltaire nel Candido: cose che accadono nel migliore dei mondi possibili. Scosse intense, altari pieni di ceri votivi per la solennità di Ognissanti che si rovesciano, chiese che bruciano, incendi che si propagano alle case di legno, edifici che crollano, onde gigantesche che si abbattono sul porto, detenuti che scappano dalle prigioni, violenze e saccheggi, intervento militare e persecuzione della Sacra Inquisizione che cerca i colpevoli della punizione divina: eretici e giudei

Una rappresentazione grafica del disastro di Lisbona è riprodotta come sfondo in questo video, accompagnata dalle note di un raro terremoto in musica: quello che chiude le Sette parole di Cristo sulla Croce di Haydn.

Del secondo ricordo le descrizioni che fa Axel Munthe nel suo libro più famoso, La storia di San Michele. E ricordo che da là ebbe origine il modo di dire: non capire una mazza, con riferimento al generale nominato dal re per dirigere i soccorsi, tal Francesco Mazza. Egli sembra non essersi mostrato tuttavia all'altezza del ruolo, come ricordò - fra i tanti - la giornalista Marcella Croce QUI, in un articolo pubblicato su Repubblica in occasione del centenario del funesto evento. 

Del terzo riporto qualche scatto dal documentario che ho visto in tv. Il copione non è poi troppo dissimile da quello sopra descritto per Lisbona, anche se stavolta il luogo dove prende forma è la pianura di Kanto, compresa tra Tokyo e Yokohama. Anche là, case di legno, ammassate le une alle altre e affacciantesi su vicoli strettissimi e intricati.


Le lunghe scosse rovesciarono i bracieri accesi: era vicina l'ora di pranzo e in molte case si stavano cucinando le pietanze. Le fiamme si propagarono ai pavimenti, alle pareti, ai tetti.


Nel quartiere a luci rosse, le prostitute (figlie di famiglie povere vendute come schiave a poco prezzo) dormivano sotto chiave e furono svegliate dal fumo e dal fuoco. Tentarono di scappare gettandosi in un corso d'acqua, ma morirono annegate o calpestate dalle compagne. Oggi, il terreno che ospitava le case di piacere è diventato sede di un cimitero buddhista.


Fiamme e tremore: dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla... quantus tremor est futurus...

Al tremore della terra, alle onde dello tzunami (alte 12 metri) e alla furia del fuoco si aggiunse il vento, fortissimo: tra fine estate e inizio autunno sono frequenti i tornado, nella pianura di Kanto. E i turbini di fuoco contribuirono a propagandare la distruzione in quel che restava della città.

Anche qua, per riportare l'ordine, intervenne l'autorità militare; anche qua furono cercati i presunti colpevoli, individuati nei coreani che furono bersaglio di feroci rappresaglie in quanto accusati di aver appiccato intenzionalmente gli incendi, di avvelenare i pozzi e di arricchirsi grazie all'evento funesto. Le rappresaglie si placarono solo alcuni mesi dopo, con i festeggiamenti per le nozze di Hirohito con Nagako Kuni, celebrate il 26 gennaio 1924.

Tra i testimoni dell'evento ci fu il regista Akira Kurosawa, come possiamo leggere QUI, in un lungo e documentato post sul blog di Alessandro Montosi, che riporta numerosi brani dell'autobiografia del celebre regista e tante immagini sul drammatico tema.

L'immagine sopra riproduce una mappa delle zone colpite realizzata nel 1926. Per concludere il post, possiamo ricordare che la ricostruzione di Tokyo dopo il terremoto segnerà una svolta culturale per il Giappone: da un lato crescerà il militarismo che porterà poi all'invasione della Manciuria, alla conquista del Pacifico e alla Seconda Guerra Mondiale; dall'altro, per rinnovare i loro costumi, i giapponesi residenti in città guarderanno con maggior interesse all'Occidente. Per approfondire, leggiamo QUI l'articolo di Lidia Gallanti su National Geographic (marzo 2022). 

domenica 9 luglio 2023

Ortensie, tra disegno e pH


Hydrangea è il nome che Linneo diede a un genere di piante floreali originarie da Cina, Corea e Giappone, a foglie opposte e a fiori raccolti in cima, riprendendo la descrizione che ne fece il botanico olandese Gronovius.

Ortensia è il nome con cui sono popolarmente note queste piante arbustive amanti di un clima non troppo caldo, resistenti al freddo (ma non al gelo), che nell'emisfero boreale fioriscono da luglio a ottobre, riunendo i fiori in corimbi dalla forma approssimativamente sferica.


Alcune specie emettono petali di colore bianco; H. macrophylla emette petali di colore rosa, viola o azzurro, a seconda del pH del suolo.

La mia abitazione (e con essa il giardino) sorge su depositi di marna, una roccia formata da calcari e silicoalluminati: il pH del suolo è leggermente alcalino, per la presenza del carbonato di calcio (sale di una base forte e di un acido debole, quindi con idrolisi alcalina).


Su terreni a pH acido (es. certi terreni vulcanici), le ortensie crescono e fioriscono in blu o in azzurro. Per azzurrare le ortensie in modo artificiale, esistono in commercio dei preparati a base di sali con idrolisi acida: solfato di ammonio, solfato ferroso, allume e altri, che derivano da un acido forte (l'acido solforico) e una base debole (ammoniaca, idrossido ferroso, idrossido di alluminio). Sembra che sia proprio il catione alluminio a interagire con il pigmento, determinando il viraggio.


Il pigmento prende il nome di delfinidina: si tratta di un antocianidina, presente nella pianta come 3-glucoside, chiamato a sua volta mirtillina. Il nome del glucoside tradisce la presenza del composto anche nei mirtilli, nel ribes, nell'ibisco e in altre piante.


Gli ossidrili fenolici fungono da atomi donatori per formare composti di coordinazione (metallo antocianidine) con cationi metallici hard, come ferro e alluminio.

Il composto puro, per le sue proprietà antiossidanti, comuni agli altri flavonoidi, è utilizzato nella formulazione di integratori - l'assunzione dei quali non sostituisce comunque uno stile di vita sano, basato su una dieta varia ed equilibrata e sull'attività fisica all'aria aperta, specie in queste giornate estive (ma non nelle ore centrali).


Buon proseguimento!

mercoledì 5 luglio 2023

Breve elogio del vino

Nella miniatura in alto a sinistra è rappresentato un monaco cantiniere (con le chiavi in mano) che sottrae del vino da una botte mentre ne riempie una brocca. Siamo in Francia, alla fine del XIII secolo. L'immagine è tratta dall'opera del medico Aldobrandino da Siena, "Li Livres dou Santé", Ms Sloane 2435, 44v, British Library, Londra.

Il vino accompagna il genere Homo dall'inizio della sua evoluzione: la storia del vino, infatti, si fa risalire alla preistoria ed è talmente antica da confondersi con la storia stessa dell'uomo.

Le prime prove archeologiche registrate della presenza di Vitis vinifera sono state trovate in siti nell'attuale Cina (intorno al 7000 a.C.), Georgia (6.000 a.C.), Iran (5.000 a.C.), Grecia (4.500 a.C.) e Sicilia (intorno al 6.000 a.C.). 

La prima testimonianza della produzione seriale di vino (vinificazione) è stata trovata in Armenia (4.100 aC circa) con la scoperta della più antica cantina di stoccaggio. 

Il temporaneo stato alterato di coscienza derivante dal consumo di vino (comunemente noto come ubriachezza) nell'Antichità è sempre stato visto in un contesto religioso.

Nell'antica Grecia, Dioniso era venerato come dio del vino e dell'ebbrezza, mentre nell'antica Roma lo stesso culto veniva trasmesso attraverso la figura di Bacco

In quantità assai più moderate, il consumo rituale del vino rimase parte integrante della pratica dell'Ebraismo fin dai tempi biblici e, come parte della celebrazione eucaristica (vino della messa che diviene Sangue di Cristo alla consacrazione) per commemorare il sacrificio di Gesù sulla croce, divenne ancor più essenziale per le origini del Cristianesimo e della Chiesa nascente.

San Paolo, ricordando Noé, riprendendo Isaia (Is 28) e scrivendo agli Efesini (Ef 5,18) ammonisce gli ubriachi che non sono ammessi nel Regno dei cieli: ciò ispirerà al Curato d'Ars un'appassionata omelia che leggiamo integralmente QUI.

Sebbene l'Islam proibisse le bevande alcoliche e di conseguenza la produzione e il consumo di vino, durante l'età dell'oro islamica alchimisti come Jabir ibn Hayyan ("Geber") si dimostrarono pionieri nella distillazione del vino sia per scopi medicinali sia industriali: l'etanolo ricavato dal vino era la base per la creazione di profumi.

La produzione e il consumo di vino sono aumentati costantemente dal XV secolo a seguito delle esplorazioni geografiche. 

Leggete QUI una bella rassegna di brindisi nel teatro lirico dell'Ottocento italiano, da Rossini (ricordate La Cenerentola? Ascoltate sotto la celebre Aria del cantiniere) a Donizetti, da Verdi a Mascagni; e oltre, fino all'operetta di Lehar e di Strauss, senza dimenticare però l'eccellente marzemino nel secondo atto del Don Giovanni di Mozart.

QUI trovate invece una bella rassegna di dipinti sul vino, ad opera di Jean Marco Palmieri, dall'antico Egitto fino all'arte contemporanea. QUI ci focalizziamo sull'arte tra Ottocento e Novecento e troviamo Manet, mentre per ammirare Cezanne e altri autori possiamo clikkare QUI.

Nonostante la devastazione dovuta alla fillossera (Daktulosphaira vitifoliae) nella seconda metà del XIX secolo, la scienza e la tecnologia moderna hanno adattato la viticoltura e la produzione di vino industriale praticamente in tutto il mondo.

La vigna e il vino sono stati una parte importante delle società fin dai tempi antichi, strettamente legati alle loro economie e alla cultura popolare tradizionale. Sinonimo di festa, ebbrezza e convivialità, il vino ha acquisito una vasta gamma di valori simbolici ed è ancora presente nella maggior parte dei paesi. 

La sua esistenza è il risultato di una lunga e ininterrotta tradizione, nonostante qualcuno evidenzi i pericoli per la salute connessi al suo consumo e, facendosi forte di ciò, ceda alla tentazione di spingere il legislatore affinché si giunga presto a una limitazione se non addirittura alla proibizione della produzione, del commercio e del consumo. Sinistre prospettive per gli amanti del bicchiere?


Ora di un'ombra... prosit!

lunedì 3 luglio 2023

Luglio: sangue, religione e microbi


Luglio, col bene che ti voglio, vedrai non finirà - cantava Riccardo Del Turco cinquantacinque anni fa, nell'estate del 1968. 

Mare, amore, fortuna... e non ti ho vista più... 

Luglio si veste di novembre se non arrivi tu: in effetti, quassù, tra cielo coperto e pioggia incessante, sembra già autunno.  

Con l'umidità e il caldo - ma non troppo, molte spore fungine s'aggirano: invadono il frigorifero, si depositano e crescono sulla frutta, attaccano le piante più delicate - le rose, i pomodori e il pesco, con la sua bolla - e speriamo non causino patologie anche in noi.

Dopo aver fatto qualche lavoro in giardino, torno in casa a rinfrescarmi. Decido di passare la serata solo, sul divano, davanti alla televisione. Niente vestaglione di flanella, niente frittatona di cipolle, niente familiare di Peroni gelata: ma il pigiama, qualche cioccolatino e una grappa

Divano e tv, quindi: ho visto per l'ennesima volta Indiana Jones e l'ultima crociata. Mentre riguardavo la scena girata a San Barnaba in Venezia cominciavo a chiedermi perché dovevo guardare un film americano datato, diretto da un (eccellente) regista non cristiano, per sentir parlare dell'ultima cena del Nazareno con i discepoli, di Sant'Anselmo e di Carlo Magno, di penitenza in ginocchio e del nome di Dio in latino. 

Nella parte finale del film, è ripreso - seppur in modo velato ma neanche tanto - il severo monito paolino, dalla prima lettera ai cristiani di Corinto (11,27-29): chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore; [...] mangia e beve la propria condanna. 

Ispirato da San Paolo, scriverà poi San Tommaso d'Aquino: sumunt boni, sumunt mali, sorte tamen inaequali, vitae vel interitus. Pur senza esplicitare le citazioni, nella scena del ritrovamento del Graal, la diversa sorte che tocca ai malvagi o ai buoni di fronte al sangue di Cristo è mostrata in tutta la sua drammaticità. Mors est malis, vita bonis...

Il film è stato trasmesso proprio il primo luglio, mese che un tempo la chiesa cattolica dedicava al Sangue di Cristo - e che la più moderna chiesa del uattanciù dedica invece a vari intrattenimenti estivi e ai campi scuola, come se peccato e grazia fossero andati in ferie (o in cantina, chiusi in qualche scatolone di robe vecchie). Che dite: ci rivediamo ad agosto per gli esami di riparazione o direttamente a settembre?

E intanto, sempre pensando al Sangue di Cristo, quello che potrebbe far arrossare le ostie in taluni presunti miracoli, sempre da verificare, qualche volta potrebbe essere ricondotto a un fenomeno biochimico che vede protagonista il batterio Serratia marcescens, scoperto due secoli fa dal chimico e farmacista veneto Bartolomeo Bizio (1791-1862). 

Tale enterobatterio Gram negativo, che prospera in ambienti umidi, poco acidi e ricchi di amido, produce un pigmento colorato chiamato prodigiosina; oltre a far arrossare le ostie e la polenta, vive occasionalmente sulle superfici delle docce e di altri sanitari; può causare rare infezioni, anche piuttosto serie (attenzione a tettarelle e biberon dei neonati...).

A Bizio dobbiamo anche importanti studi sulla porpora di Tiro, il colorante un tempo ricavato dalla lavorazione dei murici e oggi ottenibile per bromurazione dell'indaco.