Nell'affresco che domina il soffitto, il pittore Andrea Pozzo raffigura Gesù che, abbracciando la Croce, accoglie Sant'Ignazio in cielo.
La luce della Grazia risplende e riflettendosi attraverso il Santo e i suoi compagni si propaga con la Chiesa a tutti i continenti e a tutte le genti.
Tale luce giunge fino al confessionale di padre Felice Cappello, nato a Caviola un secolo e qualche giorno prima dello scrivente. Divenne sacerdote a Belluno, professore di diritto canonico e poi padre gesuita, all'età di quarantacinque anni. Morì all'età di quasi ottantatre anni guadagnandosi la fama di "confessò dde Roma".
Ecco, nel suo confessionale, la stola, l'abito e il ritratto che ne immortala il volto sorridente. Una serie di pannelli ne racconta la vita, l'opera e la carità che suggeriva anche al giovane sacerdote fresco di ordinazione: "... non usi mai la severità. Il Signore non la vuole. Dia sempre la soluzione che permetta alle anime di respirare".
Uno dei precetti generali della Chiesa, per le persone di oggi un po' desueto, invitava un tempo il fedele a "confessarsi e comunicarsi almeno a Pasqua". Dopo aver percorso il cammino quaresimale, l'anima muore al peccato con Cristo sulla Croce e risorge a una vita nuova nella grazia del sacramento. Così si insegnava una volta.
Quindi sono arrivate altre mode, per cui la confessione è stata ridotta a una scusa perché il prete possa sapere i tuoi affari o quelli di chi ti è vicino - e i confessionali si sono svuotati.
Poi è arrivato un aggiornamento della morale, per cui il peccato non esiste (e se non esiste il peccato, non esiste nemmeno la grazia, quindi non c'è redenzione...) ma bisogna imparare a comportarsi bene, a correggere i difetti, a non leggere i giornaletti, a non trastullarsi in solitudine, a non dire le parolacce, a non rubare la merenda al compagno di banco... e tutto intanto è finito là perché a tempo di uattanciù si sono svuotate anche le chiese - a meno che non ci siano opere d'arte da andare a vedere o concerti da sentire.
Chiedo ai veri cristiani (io notoriamente non lo sono e non lo posso essere): quale Pasqua festeggiate allora, domani? Per quale scopo Cristo sarebbe morto e risorto? Per fondare una multinazionale dell'immobile di lusso? Per offrire qualche occasione di vestirsi elegantemente e criticare con velenosa ma devota acrimonia chi non lo fa? Per stilare l'hit parade della predica più bella?
"Gagliardo don Fulgenzio, ma preferisco padre Galdino... ha una voce più gradevole e la tiene più corta! L'altro monsignore invece sputacchia e borbotta e non si può ascoltare, per non parlare del vecchio canonico che è davvero noioso... è proprio rimasto di una volta!"
Meglio il silenzio e la contemplazione. Di quello che volete e che più vi si confà. Magari ci aiuta in questo Domenico Zipoli, musicista e anch'egli gesuita e missionario, con la sua Prima Elevazione.
Pur essendo a casa, nel mio studio, io immagino di ascoltarla inginocchiato nella Cappella del Crocifisso presso la Chiesa di Sant'Ignazio a Roma in un giorno senza turisti che non esisterà mai. Almeno per me.