sabato 8 giugno 2024

La bontà in trionfo ossia... la Restaurazione?

Oh, finalmente la scuola è finita e io torno a godermi un poco di tempo libero. M'illudo, la prossima settimana si comincia a parlare d'esami...

Va beh. Mi ritaglio il tempo per leggere qualcosa e per ascoltare un po' di musica. La scelta cade sulla "Cenerentola", forse la più bella opera comica scritta da Rossini, che celebra "la bontà in trionfo". 

Meditavo, ma non troppo, su un possibile (ma assai poco probabile) quanto vago significato politico dell'opera, scritta nel 1817, all'indomani della fine del Congresso di Vienna... che sia proprio questa la vera bontà in trionfo?

Sembra quasi che il personaggio di Don Magnifico, barone di Montefiascone, nobile spiantato e decaduto, porti sulla scena la caricatura di qualche governatore dell'epoca napoleonica, che "in splenitudine d'autorità" dà ordini sconclusionati (aria con coro: "Conciossiacosaché...", sotto, nell'interpretazione di Paolo Montarsolo diretto da Abbado) da friggere... affliggere... affiggere per la città e pregusta, grazie al matrimonio di una delle figlie, stuoli di ruffiani e di adulatori che lo riempiono di doppie e di piastre d'argento e di doni di ogni sorta in cambio di favori. 

Nel libretto di Jacopo Ferretti, egli è il padre di Clorinda e di Tisbe nonché patrigno di Angelina - detta comunemente Cenerentola - della quale aveva sposato la ricca madre. Alla morte di quest'ultima, incamera a vantaggio proprio e delle due figlie il patrimonio di Cenerentola, ignara della cosa. 

Sperperando quelle ricchezze non solo provvede al suo sostentamento ma soprattutto soddisfa la vanità delle due stupide figlie avute dalla donna, alle quali ad un certo punto dice chiaramente: "per abbigliarvi, al verde l'ho ridotta...". 

Sogna di uscire dalla voragine di debiti in cui si trova accasando una delle sue ragazze al Principe: per l'insipienza propria e dei suoi "rampolli femminini" farà ben altra fine, anche se la bontà di Cenerentola alla fine lo salverà comunque dal peggio. Un po' come il Congresso di Vienna sembrò salvare la Francia e l'Europa dopo le scorribande napoleoniche... la bontà in trionfo, ossia la restaurazione... (?)

Nell'aria "Sia qualunque delle figlie", Don Magnifico canta e decanta il suo arrivismo: dopo essere stato nominato "gran presidente, intendente del bicchier, cantinier di sua maestà", ora ambisce a diventare suocero del monarca (come Napoleone divenne genero dell'imperatore d'Austria sposandone la figlia Maria Luisa) e si immagina già nella posizione di poter pretendere denaro in cambio di favori da elargire. 

Ascoltate la magistrale interpretazione di Alfonso Antoniozzi (video sotto), seguite attentamente il testo (che scorre in calce nel video, ma lo trovate pure QUI) e scoprirete che i favori non son tanto diversi da quelli che un buon amministratore corrotto potrebbe concedere oggi a suon di euro. Una cattedra, ad esempio. Un affare. Un appalto. Una licenza...


Buon weekend :)

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