Dopo aver trascorso la giornata di ieri a completare la burocrazia di inizio anno scolastico, oggi ho deciso di concedermi un pomeriggio intero di relax, steso sul divano in compagnia di Lotus - il gatto.
Ne ho approfittato per vedere sul canale 24 "Mato Grosso" (titolo originale: Medicine Man), un film del 1992 diretto da John McTiernan con Sean Connery, Lorraine Bracco, José Wilker.
Connery veste i panni di Robert Campbell, un medico ritiratosi dalla professione che nel cuore dell'Amazzonia ha scoperto un farmaco per la cura del cancro; una ricercatrice, soprannominata Bronx, lo contatta e cerca di convincerlo a commercializzare la sua scoperta.
I due, dopo gli attriti iniziali, lavorano insieme tra la foresta e un laboratorio da campo: l'ambientazione ricorda più gli esploratori dell'epoca coloniale che i moderni luoghi della ricerca farmaceutica.
Personalmente, trovo la cosa molto suggestiva: essa tocca il mio sogno infranto di diventare farmacista in un ospedale missionario...
Le riprese nella foresta non reggono il confronto con quelle nella savana de "La mia Africa", ma ci ricordano ancora una volta che, più che ergerci a paladini dell'ambiente, dobbiamo riconoscere di essere parte di quella Natura che da troppo tempo stiamo deturpando.
Mentre i bulldozer si avvicinano al villaggio, un cromatogramma evidenzia nel picco 37 quella sostanza prodigiosa capace di far regredire in fretta i noduli maligni nei bambini.
Campbell l'ha cercata per anni in una pianta che cresce sui rami più alti, a decine di metri dal suolo: "il fiore del cielo è solo la casa di un insetto" - gli dice lo stregone del villaggio. Ed è proprio il piccolo invertebrato, scovato nella zuccheriera, a produrre l'antitumorale.
Troppo tardi: i bulldozer sono arrivati e il villaggio è incendiato.
Come l'Iliade di Omero e Mission di Joffé, anche Mato Grosso termina in fiamme: ... solvet in favilla!
Alla fine, Campbell e Bronx seguono i nativi nella foresta: bisogna ritrovare l'insetto con la sua molecola prodigiosa. E nell'attesa del ritrovo, ascoltiamo il tema principale della colonna sonora, opera di Jerry Goldsmith: la musica non raggiunge le vette troppo alte di Barry e di Out of Africa, ma il timbro del flauto dà quel tocco elegiaco che merita cinque minuti di attenzione.
Buona settimana!
Film affascinante come la musica. Lo avevo visto anni fa.
RispondiEliminaBuona settimana a te e grazie!