L'altro giorno è stata celebrata la memoria del martirio di San Gennaro, venerato dalla Chiesa cattolica come patrono di Napoli.
Nato a Benevento intorno al 272 (qualche agiografo dice il 21 aprile), Gennaro divenne vescovo della sua città ancora giovane. A fine estate del 302, egli era andato a Miseno – non lontano da Napoli – in visita al diacono Sossio, che era stato da poco imprigionato e condannato a morte per la sua fede cristiana. Riconosciuto come cristiano, fu dunque arrestato e condotto insieme ad alcuni compagni presso l'attuale Solfatara di Pozzuoli. Qui subì la decapitazione.
Il suo martirio avvenne sulla scia delle persecuzioni volute da Diocleziano: Gennaro, che rifiutò di abiurare, fu condannato a morte assieme ad altri esponenti di fede cattolica. Quasi tutti i pittori del secolo d'oro della pittura napoletana si sono esibiti nel ritrarre la decapitazione di San Gennaro.
Secondo una delle tante leggende legate al santo, il suo sangue fu raccolto e conservato in un'ampolla in vetro. Tre volte l'anno, è celebrato il prodigio della sua liquefazione: la prima volta agli inizi di maggio; la seconda, forse la più conosciuta, il 19 settembre, giorno di ricorrenza della decapitazione; la terza, il 16 dicembre, per ricordare che in quella data, per intercessione del santo, nel 1631 la lava eruttata dal Vesuvio si arrestò prima di recar danno alla città di Napoli.
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